Psycho II, L’esorcista III e Halloween III non hanno bissato gli incassi dei film originari. Oggi succede il contrario
Il decennio 2005-2015, in campo cinematografico, è stato un decennio controverso. Questi dieci anni dall’impronta videoludica hanno sdoganato definitivamente la moda dei sequel, soprattutto per gli ambiti riguardanti la sfera economica e la relativa reiterazione dei meccanismi di diffusione e promozione di essi tramite i social network. Leggendo i dati ci accorgiamo che il maggior successo al botteghino del 2007 è stato Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo (terzo episodio della saga disneyiana), quello del 2010 Toy Story 3 – La grande fuga mentre quello del 2014 Transformers 4 – L’era dell’estinzione. Senza dimenticare i vari successi mondiali di Jurassic World, Fast & Furious 7 e Iron Man 3, titoli che stanno ai piani alti della classifica dei film con i maggiori incassi di tutti i tempi. Per approfondire l’annosa – e un po’ triste – questione si può visitare il sito boxofficemojo.com per trovare tutte le statistiche citate.
La parola d’ordine è dunque “sequel”: ma sequel come? Sicuramente a basso rischio (i mega-investimenti non vanno d’accordo con l’azzardo), con registi mediocri o per lo meno invisibili, con autori e story-tellers adatti a un target di pubblico sempre più assuefatto al linguaggio seriale delle serie-tv.
Qualche decennio orsono, invece, il mondo cinematografico viveva un periodo nel quale i sequel, oltre a rappresentare il solito bersaglio facile per la critica e a incassare non le cifre economiche di adesso, avevano attorno a loro un’aura diversa da quella odierna. Ciò non avveniva per la qualità intrinseca dell’opera o per chissà quali picchi di talento degli autori coinvolti nella realizzazione, ma per il semplice motivo che dietro a un sequel c’era un’idea, un progetto mai troppo studiato a tavolino, una volontà di portare avanti il “discorso antico” imponendo però nuovi punti di vista.
Prendiamo in considerazione tre sequel di tre pellicole considerate ormai colonne portanti del cinema internazionale come Psycho, L’Esorcista e Halloween e tenteremo di far capire come anche dietro a progetti un po’ raffazzonati e non propriamente raffinati, c’era la volontà di allacciarsi a un immaginario filmico stratificato e dalle varie sfaccettature.
Psycho II (Richard Franklin, 1983)
Toccare il maestro Alfred Hitchcock è sempre un’operazione rischiosa. Quando recentemente Michael Bay ha dichiarato di voler girare/produrre un remake de Gli Uccelli si sono aperte le porte dell’inferno della critica web. Tuttavia se avesse annunciato un sequel anziché un remake, forse le cose sarebbero andate diversamente per il regista di Armageddon. Questo perchè il sequel lascia aperte delle soluzioni sempre nuove; si pensi all’attesa di Blade Runner 2, prossima opera di Denis Villeneuve.
Reduce da due ottimi film come Patrick (1979) e Roadgames (1981), il regista australiano Richard Franklin, accetta di dirigere il seguito dell’opera di Hitchcock e Robert Bloch perché interessato a portare avanti quell’idea di suspense e perché il suo legame con Hitchcock è originato dai suoi trascorsi universitari quando il regista, organizzando una retrospettiva sull’opera di Hitchcock, fu invitato dallo stesso a presenziare sul set di Topaz.
Psycho II cerca di indagare la condizione di Norman Bates (ancora interpretato magnificamente da Anthony Perkins) una volta uscito dall’istituto di detenzione: la libertà ottenuta metterà di nuovo l’individuo Bates nudo di fronte al dolore, alla pazzia, alla ricerca della convivenza tra follia e quotidianità e disarmato di fronte ad un piano diabolico fatto di colpi di scena mai troppo banali.
L’Esorcista III (William Peter Blatty, 1990)
Durante l’ultimo Lucca Film Festival, il regista William Friedkin, interpellato sulla questione dei sequel, ebbe modo di dichiarare la sua avversione ai sequel de L’Esorcista. In realtà, come asserito pochi istanti dopo, il regista di Chicago disse di non avere mai visto i lavori diretti da Boorman (L’Esorcista II – L’eretico) e da Blatty (L’Esorcista III) e quindi la sua uscita è da considerarsi come una boutade per la platea divertita.
Se per L’Esorcista il processo di realizzazione cominciò dal romanzo scritto da William Peter Blatty, per L’Esorcista III avvenne il contrario. Blatty scrisse nel 1983 Legion, un romanzo incentrato sul tenente Kinderman, personaggio già presente nel film di Friedkin ed interpretato da Lee J. Cobb. Vista la scomparsa dell’attore, nel 1990 il ruolo fu affidato al solido volto di George C. Scott. L’Esorcista III è prettamente un thriller sovrannaturale con tocchi surreali, grotteschi e visionari; Blatty costruisce una storia che toglie spazio al mito – Boorman aveva già dato la sua versione – e lascia campo aperto all’analisi delle declinazioni del male e del maligno. Nota di merito alla bella fotografia di Gerry Fisher.
Halloween III (Tommy Lee Wallace, 1982)
Tutti lo sanno. Halloween III è l’unico capitolo della saga creata da John Carpenter senza la presenza del villain Michael Myers. C’è da dire in partenza che il film diretto da Tommy Lee Wallace e scritto, prodotto, musicato dallo stesso Carpenter, non soffre assolutamente di questa assenza: anzi, si potrebbe individuare in Halloween III quel germe stilistico nuovo atto a trasformare una saga slasher in qualcosa di diverso. Il passaggio dall’horror al fanta-horror non era poi così scontato: Halloween II aveva incassato dieci volte tanto i soldi usati per l’effettiva realizzazione e John Carpenter, assieme alla compagna Debra Hill, era intenzionato a far cambiare direzione alla sua creatura, pena il suo disconoscimento dell’operazione. Missione compiuta? In parte sì. Halloween III sposta il tiro e abbraccia tutte quelle sensazioni che negli anni ’80, soprattutto nel campo del genere horror e sci-fi, miravano ad impostare una riflessione sul controllo dei mass-media e relative, nefaste, conseguenze sull’umanità.
Nel film di Wallace è posto al centro della storia il personaggio di Conal Cochran, un fabbricatore di maschere e di giocattoli che, sfruttando la mitologia di Stonehenge, costruisce mascheroni con un chip integrato in grado di uccidere qualsiasi bambino la indossi la notte di Halloween. Halloween III è uno dei film più tragicamente pessimisti del decennio, un grido di dolore verso l’oppressione televisiva che, se letto tra le righe potrebbe veicolare il messaggio: «Spegnete le TV e andate al cinema». Infatti proprio in quel periodo le sale cinematografiche statunitensi stavano vivendo una forte crisi, dovuta per l’appunto all’home video e alle tv via cavo. Purtroppo il grido di allarme si è perduto come lacrime nella pioggia: sia nella finzione che nella realtà.
Tomas Ticciati
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