Nostra Signora dei Turchi di Carmelo Bene

Esattamente cinquanta anni fa, il film Nostra Signora dei Turchi di Carmelo Bene (Campi Salentina, Lecce, 1937 – Roma, 2002) non vinse il Leone d’oro alla 33^ mostra del cinema di Venezia. Il leone se lo prese Alexander Kluge per Artisti sotto la tenda del circo: perplessi, a Bene solo il Gran premio della Giuria, e per di più a pari merito con Il Socrate del francese Robert La Puojade.

La cosa fece infuriare Carmelo Bene e la compagna Lydia Mancinelli perché con il Leone d’oro avrebbero ottenuto anche un premio in denaro. Avevano debiti i e i soldi facevano comodo: si dovevano accontentare del plauso della giuria e dei molti sostenitori. I due fecere scenate, rilasciarono dichirazioni di fuoco, distrussero la pellicola originale. Per consolidare la fama di genio trasgressivo, Carmelo Bene schiaffeggiò in pubblico il giornalista Carlo Mazzarella che in un servizio RAI (la voce ufficiale d’Italia) aveva stroncato il film.

Carmelo Bene in Nostra Signora dei Turchi

 

Era il 1968, c’era la contestazione e tutti credevano che la rivoluzione sarebbe avvenuta il giorno dopo. Registi, scrittori, critici, giornalisti, intellettuali erano (quasi) tutti militanti. La borghesia era sotto tiro.  I riti culturali da abolire. Secondo l’ANAC, associazione nazionale degli autori del cinema, non ci dovevano essere né premi né premiati. Gli autori di cinema si comportarono come gli studenti nelle scuole e nelle piazze, occupando, contestando, urlando. Il cinema non doveva essere commerciale, la competizione era il male assoluto, l’antitesi della cultura. Dal maggio francese erano stati importati slogan come “la fantasia al potere”, “vietato vietare”. Le regole sociali erano tutte stantie e dovevano essere trasgredite. Ma gli organizzatori chiamavano la polizia, come facevano i presidi delle scuole per interrompere le assemblee spontanee.

Vietato vietare

 

Nel ’68 del cinema italiano Carmelo Bene fu un trasgressore doppio: il suo film era trasgressivo e lui trasgrediva il consiglio dei suoi sostenitori che volevano abbandonare la Mostra in nome della contestazione. Il Genio dette scandalo accettando il premio in una cerimonia ufficiale, durante la quale il premio gli cadde di mano. In anni più recenti il Maurizio Costanzo Show, ha cristallizzato l’immagine di Bene come genio autoreferziale che contesta tutti i critici in alcune famose puntate di Uno contro tutti.

Nostra Signora dei Turchi era prodotto da Giorgio Patara e lo stesso Carmelo Bene che ne era anche sceneggiatore e regista. Il film era stato preceduto nel 1966 da un romanzo omonimo pubblicato da Sugar; circolò anche come spettacolo teatrale nei primi anni Settanta. L’improvvisazione degli attori era libera, nella narrazione filmica contavano i colori, le voci, i luoghi, i gesti dell’io che da malato si fa sano, le musiche, i Santi blasfemi.

Nostra Signora dei Turchi era anche un discorso teorico sul cinema e la trama si intravvede solo nello sfolgorio delle sequenze. Un attore contemporaneo aspetta in una casa di Otranto la compagna di lavoro e di letto. Nello svolgersi onirico di immagini la donna finalmente arrriva, agli occhi del malato come una Santa Margherita illuminata dai fuochi artificiali della notte di San Lorenzo, al suono del ritornello di ‘Amado mio’. Santa Margherita seduce il protagonista, che prima resiste poi cede, lei intanto  fuma e legge la rivista “Annabella”. Il malato, bendato e ferito vuole guarire, si butta dal balcone che si affaccia sul mare per volare, soprattutto, tende esplicitamente all’idiozia.

“Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna. Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai. Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla.”

Carmelo Bene, salentino, sa che la vera natura del Sud è essere barocco, cioè bello ed esuberante, ma anche depensante, umiliato, oltraggiato, vilipeso dall’esagerazione consumistica, nonostante qui siano nati pensatori come Giordano Bruno, Giambattista Vico, Tommaso Campanella, Croce, Gentile.

Il Sud ha dato i natali anche al santo di santità eccessiva: qui è nato Giuseppe Desa da Copertino, il santo dei voli, che riesce a levitare e che chiama sé stesso Frate Asino, illetterato e idiota, appunto depensante.

Nel film, la morte o il sonno finale saranno la guarigione del malato. Il morto è lui, Carmelo Bene finalmente guarito e anche il Cinema guarirà morendo.

Che il 1968 non capisse che la vera trasgressione di Carmelo Bene era il paradosso di essere libero e contemporaneamente accettare il premio dell’establishment (si usava dire così) borghese, non fa meraviglia. Spesso la trasgressione è stata retorica, pretendendo parole chiare e dichiarazioni definitive, che nessun genio rilascerà mai.

In Nostra Signora dei Turchi il linguaggio è oscuro ma sono chiari i temi narrati. L’io che parla ma non ha identità e la ricerca affannosa della stupidità contro la tirannia degli intellettuali autodefiniti, della cultura insediata, del buon senso comune.

Contro tutto questo, al Genio non resta che la levitazione ignorante di San Giuseppe da Copertino e il martirio, come quello degli ottocento abitanti di Otranto che nel 1480 rifiutarono di convertirsi di fronte agli invasori turchi. Ma i veri turchi sono i turisti invasori che non hanno rispetto di nulla perché guardano senza vedere. Di fronte all’invasione l’artista è solo, ma orgoglioso di esserlo tanto da diventare un vero tiranno che toglie agli spettatori ogni voce critica. Ridicolo e serio appartengono contemporaneamente a ogni atto umano che non coglie la fatuità delle convenzioni, di tutte le convenzioni, anche di quelle che prendono il via da azioni trasgressive.

 

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