Suicidio nel carcere di Don Bosco

È meglio prevenire i delitti che punirgli. Questo è il fine principale d’ogni buona legislazione,

che è l’arte di condurre gli uomini al massimo di felicità o al minimo d’infelicità possibile.

Cesare Beccaria

PISA – I lettori di Tuttomondonews sanno bene che la nostra webzine non si occupa di cronaca. In questo caso abbiamo deciso di fare una deroga. Lo abbiamo deciso per due motivi.

  • Alcuni fatti di cronaca e le morti in carcere – così come i femminicidi – quando non sono più episodi sporadici ma si susseguono con ritmi inquietanti, cessano di essere cronaca e diventano fenomeni peculiari di una società che non è più in grado di garantire i propri cittadini e i loro diritti.
  • Questa volta l’ennesimo suicidio tra le sbarre è successo a Pisa, nella casa circondariale Don Bosco, quel carcere a cui la nostra rivista ha deciso dedicare uno spazio e sul quale vuole aprire una discussione pubblica
I fatti

Martedì 13 febbraio si è tolto la vita un detenuto di 64 anni recluso in regime di semi libertà. L’uomo arrivato a Pisa nel mese di novembre aveva da scontare ancora 3 anni. Non sono trapelate ulteriori notizie sul detenuto ma questo non toglie niente alla gravità inaudita dell’episodio. Il suicidio di Pisa è il diciannovesimo dall’inizio del 2024. La morte in carcere rappresenta il fallimento più eclatante di quella che dovrebbe essere la forma di punizione rieducativa della pena. “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” questo è scritto nell’articolo 27 della nostra costituzione. La pena, inoltre, è caratterizzata da: afflittività, personalità, legalità, e proporzionalità. In Italia non è ammessa la pena di morte. È lampante quanto tutto ciò renda il suicidio in carcere un’aberrazione del sistema detentivo.

Dagli incontri avuti con i volontari pisani che lavorano nella casa circondariale Don Bosco abbiamo capito che questi episodi altro non sono che l’ultimo drammatico gradino di percorsi e di vissuti fatti di sofferenze e talvolta soprusi subiti fuori e dentro le mura del carcere. Vite difficili, senza speranza che vedono nel suicidio una liberazione e a volte perfino un riscatto. Tutto questo è inaccettabile.

Molte le prese di posizione che si sono susseguite in questi pochi giorni. Ne riportiamo alcune.

Don Bosco
carcere Don Bosco

Ylenia Zambito – senatrice Pd: «La morte di un detenuto nel carcere Don Bosco di Pisa è una notizia che colpisce fortemente e rattrista e non può che farci riflettere sulla situazione delle carceri italiane e sulle problematiche legate alla detenzione e al reinserimento. Il recente irrigidimento delle politiche carcerarie non è sicuramente una cosa che aiuta un sistema che presenta già forti criticità tra istituti sovraffollati e condizioni estreme.  
Lo Stato dovrebbe investire massicciamente sul miglioramento delle condizioni di detenzione. Le pene devono indubbiamente essere garantite e conseguentemente scontate, ma nel percorso non dobbiamo mai dimenticare la centralità della condizione delle persone. Educazione, umanità e dignità sono termini che devono entrare nel lessico e nella quotidianità della vita nelle carceri.
Il raggiungimento della libertà deve andare di pari passo con l’essere pronti ad un rapido reinserimento nella società»

Questa la dichiarazione di Anna Piu e Andrea Aretini (rispettivamente Segretaria provinciale Sinistra Italiana Pisa e Segretario Sinistra Italiana Circolo Pisa città) «Non si sa ancora il nome. Ma sappiamo che aveva 64 anni. È la diciannovesima persona che dall’inizio dell’anno si è tolta la vita in carcere. È quanto avvenuto ieri nel cortile della casa circondariale Don Bosco di Pisa. Nel 2024, i suicidi in carcere sono all’ordine del giorno. Nelle carceri italiane i detenuti si tolgono la vita con una frequenza 20 volte maggiore rispetto alle persone libere. Si tratta del fallimento più evidente della funzione rieducativa dello Stato. Le ragioni che spingono i detenuti al suicidio sono tante.
Le strutture carcerarie sono in condizioni terribili, a partire dall’enorme sovraffollamento che ne è una costante, come nel caso del Don Bosco di Pisa in cui vi sono 284 detenuti a fronte di una capienza di 197 posti regolamentari. Ma non finisce qui. Manca personale, anche medico. I detenuti non possono contare sull’assistenza e il supporto di cui avrebbero bisogno.Quella delle nostre carceri è un’emergenza strutturale: fino a quando non sarà risolta continuerà a uccidere. Purtroppo, sembra che nessuno dei membri del governo sia interessato a creare nuove condizioni, dignitose, di vita per i detenuti. Anzi, promuovono provvedimenti con cui aumentare ed inasprire il ricorso alle misure detentive. Tutte proposte che porteranno solo a sostituire le politiche di cura con le politiche di pena, sbattendo in carcere le persone più fragili e innescando nuovi effetti domino dalle conseguenze drammatiche e pericolosissime Se è vero che le condizioni delle carceri rispecchiano quelle della nostra democrazia, l’istituto penitenziario di Pisa racconta di una crisi che sembra senza via di uscita»

Da La Città delle persone arriva la dichiarazione congiunta dei consiglieri comunali Paolo MartinelliEmilia Lacroce e Gianluca Gionfriddo: «È sempre importante ricordarsi che non sono soltanto detenuti, sono persone alle molteplici criticità delle nostre carceri, denunciate pochi giorni fa dagli avvocati della Camera Penale della nostra città, non si sottrae certo il don Bosco. Su questi temi, di recente, abbiamo discusso con un ordine del giorno in Consiglio comunale per la realizzazione di uno sportello delle tutele sociali all’interno del carcere, che abbia quali obiettivi l’ascolto, la presa in carico, la mediazione e l’orientamento dei detenuti. Senza strutture, programmi adeguati e sostegno psicologico il carcere rischia di diventare un fattore scatenante o aggravante del disagio – hanno concluso – sarebbe importante che anche l’amministrazione comunale, pur non avendo competenze dirette, esercitasse un ruolo di sensibilizzazione e di pungolo. Lo abbiamo provato a sollecitare in Consiglio comunale anche in sede di bilancio di previsione, ma l’attenzione su queste problematiche è pressoché nulla»

Anche il garante toscano dei detenuti si è espresso sull’accaduto.

A seguito di questo nuovo suicidio l’associazione Controluce invita i cittadini a un presidio silenzioso per ricordare queste persone e per rompere il silenzio assordante che grava su questo tema.

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