Carceri, apriamo il dibattito alle voci della città

Pisa – A seguito del nostro articolo Il volontariato al Carcere Don Bosco, è arrivato alla redazione un commento. In realtà pensiamo che sia una riflessione che va al di là del semplice commento scritto di getto dopo la lettura e, pertanto, abbiamo deciso di pubblicarlo affinché possa fungere da stimolo a una discussione cittadina più ampia sul tema delle carceri e del carcere di Pisa. Ringraziamo Alda Giannetti per l’attenzione con la quale ci segue e per il prezioso contributo.

Alda Giannetti

Ringrazio la redazione di Tuttomondonews che con la sezione Carceri, diritti e volontariato ci porta a conoscenza di una realtà così concretamente vicina a noi ma che la maggior parte di noi sente come fosse un altro mondo. E, forse un altro mondo lo è davvero, un mondo che racchiude rabbia, disperazione, vite faticosamente vissute e coperte da un telo di indifferenza e da giudizi esterni (non giudiziari) spesso sommari. Non è facile lo ammetto, di primo acchito, riconoscere che le detenute e i detenuti abbiano alle loro spalle una vita anche prima dei reati commessi. Chi sta in carcere è altro da noi, così li sentiamo. E’ come se tutto iniziasse da quel “fatidico” giorno e non anni prima, segnati spesso da una infanzia e una adolescenza difficile e non capita. Qualcuno credo sia completamente solo perché di luoghi o paesi lontani, altri ricevono visite quando disposto. Per quanto riguarda l’argomento “visite ai detenuti” vorrei dire che spesso anche i parenti sono “puniti” e vengono costretti ad aspettare l’orario di entrata senza un luogo dove ripararsi in caso di pioggia, freddo o anche di troppo caldo.. Non sarebbe male poter allestire nei pressi della casa circondariale un gazebo, come quelli allestiti durante il covid o come quello accanto alla caserma della Polizia di Stato in via San Francesco. C’è un modo per far si che questo accada? Non credo sia particolarmente difficile trovare un gazebo e trovare il modo per posizionarlo. Tornando all’articolo, credo sarebbe interessante conoscere, aldilà dei programmi previsti e riportati nell’articolo stesso, le attività che le Associazioni riescono a concretizzare con le detenute e i detenuti, che tipo di conoscenza dei loro vissuti passati e presenti riescono ad avere attraverso i contatti che stabiliscono. Spesso per noi chi sta in carcere è principalmente un “caso” più o meno grave, li ricordiamo così, per quello che hanno commesso, scordandoci che sono uomini e donne come noi, che hanno una loro vita: mariti, mogli, figli, genitori, paure, gioie e dolori. Alcuni li reputiamo “incalliti” altri “sfortunati” altri ancora “perduti”, ma sempre comunque persone da etichettare per meglio individuarli, mentre forse basterebbe ascoltarli. Ascolto che non deve scivolare nel buonismo, sentimento opposto al giudizio e altrettanto negativo. Ascoltarli, semplicemente, forse chissà aiuterebbe anche noi a porci in modo più attento al “diverso”. Mi sembra di capire, leggendo l’articolo, che queste Associazioni non hanno un tavolo intorno al quale confrontare le proprie esperienze per poter meglio comprendere i bisogni delle detenute e dei detenuti. Questo è un peccato perché si crea un isolamento in un luogo già così isolato. Sarebbe interessante poter conoscere meglio questa realtà, e, visto che è una casa circondariale quindi con possibilità di uscite non lontane, sapere quali prospettive si diano a queste persone, quale consapevolezza del loro “dopo” e quale consapevolezza nostra sul loro “dopo”. Il lavoro dei volontari, aldilà della immediatezza del riscontro dei loro singoli progetti credo sia anche quello di socchiudere le porte del carcere per permettere uno scambio di informazioni.Si legge spesso, troppo spesso purtroppo, sui quotidiani di carceri sovraffollati, di suicidi, di condizioni di vita disagiate, così come si legge di carceri, dove invece la dignità della persona è salvaguardata nonostante tutto (mi sembrano in proporzione molto meno) . Pisa come si colloca? Sia durante o in attesa della pena sia come prospettiva di inserimento per il dopo pena. E come ci collochiamo noi?

I temi che affronta la nostra lettrice sono tanti e tutti fondamentali. Ad alcuni di questi cercheremo di dare risposte con i prossimi articoli dedicati al tema, ma per molte domande non sarà facile trovare risposte esaustive. Riteniamo però che già porle, metterle nero su bianco e a disposizione della città e del web sia un passo importante, perché da qui può partire la riflessione, anche se fosse una riflessione individuale. Chiunque voglia contribuire al dibattito è invitato a farlo, lo spazio è aperto

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