Dall’antichità epigrammi amorosi

Epigrammi: Antichi versi tutti per lei

Donna ha sempre fatto rima con amore, fiori, letteratura e a essa anche la poesia più antica si è sempre rivolta in particolare. Questo mese vogliamo parlarvi di un modo di versificare che predilesse il mondo ellenistico.

Non spaventatevi, non parliamo di noiosi carmina in stile dannunziano, Eneidi o lunghe strofe ricolme di pompose parole, ma poesiole fatte di pochi versi, striminziti ma ricchi, brevi ma pieni di lunghi echi nell’animo del lettore.

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Pensate agli haiku, i famosi e brevissimi componimenti giapponesi di XVII secolo che l’occidente sta solo da poco riscoprendo. Non sottovalutate i brevi componimenti, per scriverne uno ci sono un sacco di regole! Lo sa bene Jack Keurack che di questo genere se ne innamorò e decise di sperimentarlo o Edgar Lee Masters, il poeta americano ideatore dell’antologia di Spoon River alla quale si ispirò l’album “non al denaro né all’amore né al cielo”di De Andrè (1971).

Ma torniamo all’epigramma. Questa parola di origine greca letteralmente significa “scritto sopra”. Vi domanderete: “Scritto cosa?” e “scritto sopra cosa?” Brevi formule venivano incise su oggetti in pietra o bronzei in onore alla divinità portandoli nel suo santuario (iscrizioni votive), creati in memoria di un caro defunto (sepolcrali) e posti sulla sua tomba, oppure su doni per la propria amata o amato (ancora i “bigliettini” non esistevano!).

Questa particolare forma di espressione divenne un vero e proprio genere letterario di grande fama; una sorta di quadro impressionista dipinto in poche pennellate fatte tutte di sentimenti ed emozioni estemporanee. Si poteva scrivere davvero tutto quel che si voleva, in forma di epigramma. Teoremi, motti, battute, barzellette, descrizioni di oggetti, indovinelli. Il mio nome dirai se non parli. Ma devi parlare? Anche parlando, il mio nome dirai. Cosa sono? Il silenzio.

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Ma gli epigrammi amorosi si pensa che ebbero ben altra origine. Immaginate di camminare per la strada e annotare tutte le scritte d’amore che trovate, e colpiti da queste brevi dediche decideste di farne una raccolta. Proprio da queste manifestazioni spontanee di sentimentalismo si pensa siano nati gli epigrammi amorosi: scritte su muri, dediche o frasi incise chissà dove in un momento di piacevole abbandono. I componimenti che ne nacquero vennero tutti riuniti in una raccolta detta Antologia Palatina da personaggi che fecero da custodi secolo dopo secolo del sapere e della letteratura perduta per tramandarla fino a noi. Fra i tanti nomi di poeti giunti fino a noi vi proponiamo il più romanticone di tutti: il palestinese Meleagro di Gadara, ma vissuto a Cos dal 140 al 70 a.C. Così come Dante moriva per Beatrice, Boccaccio per Fiammetta e Leopardi per Silvia, anche il dolce Meleagro aveva la sua bella, o per meglio dire, le sue belle; ma Eliodora e Zenofila non ne abbiano a male se questo mese i versi a loro dedicati più di duemila anni fa, questa volta li rivolgiamo a tutte le donne. Vogliamo proporvi un gioco: tra questi versi di duemila anni fa ne abbiamo inseriti altri del ‘900. Sareste in grado di capire di quali versi si tratta?  Buona lettura!

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Il tuo bacio è un vischio; di fuoco gli occhi,

se guardi bruci, e come tocchi, leghi.

 

Fiorisce il garofano, il narciso assetato di pioggia

Sulle colline si distendono i gigli fioriti.

Fiorisce l’anice d’amore, Zenofila, dolce rosa,

un fiore splendido tra gli altri fiori.

Prati perché ridete scrollando le chiome screziate?

E’inutile : la fanciulla vince le ghirlande odorose.

 

Dolce si rallegra la tazza

Dice che ha toccato la bocca di cicala di lei

Amante dell’amore.

Come è fortunata! Oh se ora Zenofila,

bocca su bocca…

se bevesse d’un fiato la mia anima!

 

Dentro il mio cuore lo stesso Eros ha dato forma a Eliodora,

che soavemente mi parla, anima dell’anima mia.

Intreccerò le bianche

Violacciocche, intreccerò il narciso

Delicato con i mirti,

intreccerò i gigli che sorridono

ed il croco, soave,

ed il cupo giacinto

e intreccerò le rose

che amano l’amore,

perché sopra le tempie d’Eliodora

dai riccioli stillanti di profumo

la mia corona copra, fiore a fiore,

l’onda della sua chioma.

 

 

Daniela Farina

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