Smashing Your House 28 marzo 2015, Omake suona a Pisa
Omake: è il nostro artista, e il suo nome d’arte è una specie di nomen omen che deriva dalla cultura giapponese, e che indica un contenuto nascosto (in particolare di DVD e Anime) che va cercato con cura per essere assaporato.
Omake all’anagrafe Francesco Caprai, musicista pisano che vive a Milano, ci ha dedicato circa due ore del suo repertorio live all’interno della mistica soffitta di via Pietro Gori n.8, tra lumini e luci soffuse. Omake ci ha cordialmente presentato il suo primo lavoro Columns, prodotto dalla Sherpa Records e uscito a febbraio, un disco a mio giudizio unico e sapientemente realizzato, dove vi sono confluite molte tendenze musicali, tutte legate dal denominatore comune della malinconia. Tra elettronica minimale, cantautorato con chitarra acustica, sintetizzatori, il nostro artista è riuscito a giocare con gli stili musicali, passando dalla New Wave, alla musica Indie più cupa dell’ultimo decennio, accarezzando cadenze R&B, Dubstep, punteggiate di uno stile punk, ambiente da cui Omake ha dichiarato di provenire come musicista: “Scusate se non suonerò alla perfezione la chitarra ma io vengo dal punk, ero un bassista punk”.
Un piccolo concerto, quasi un’esecuzione privata per pochi intimi interessati quella di sabato: illuminato dalla luce flebile di piccole lucine natalizie avvolte intorno alla sua postazione e ai suoi strumenti, Omake ci ha trasportati in una terra di ombre e di ricordi personali, una terra fatta di esperienze reali e concrete avvolte dalla patina evanescente che caratterizza la sua musica. Ogni pezzo veniva introdotto da una spiegazione che meglio poteva mettere a proprio agio l’ascoltatore, preparandogli una griglia interpretativa. Omake attraverso la sua musica ci ha parlato di relazioni che finiscono, quei momenti di solitudine in un universo che era stato creato per due persone, ha voluto esprimere la propria visione sulla sessualità, parlandoci di quanto sia doloroso il pregiudizio che invade questo argomento, tra violenza e omofobia, si è rivolto alla categoria femminile nel suo pezzo Woman, dove ha espresso il suo disgusto verso chi tratta la donna come un oggetto, e ha affrontato tematiche di vita molto attuali e talvolta crude come viene espresso nel brano Deer/The Hunter, dove la violenza fisica e psicologica subita viene messa a tacere per il bene dell’altro, in una corsa tra un cervo (la vittima) e il cacciatore.
La musica di Omake è senza dubbio un’atmosfera densa fatta di suoni e sensazioni che diventano tangibili. La sua voce profonda, cupa e meditativa richiama alle orecchie Morrissey, Ian Curtis e Tom Smith degli Editors, e, la sua musica che si snoda su lidi diversissimi, riporta in vita tutto quel filone malinconico che comprende gli Interpol di Our Love To Admire, gli Editors di Back Room, i The National di High Violet, a cui si sovrappongono note e ricordi dei Depeche Mode di A Black Celebration, chitarre solarizzate dei New Order, riff elettronici di Martial Canterel e malinconie che esalano dalle cantilene urbane dei Led Er Est e dei White Lies più pessimistici. Note folk affiorano nei pezzi che Omake ci ha regalato suonando la chitarra acustica: Florida sembra un pezzo baritonale tra Tom Waits e Lou Reed, ma anche un brano di folk nordico dove Omake riesce a tracciare un caldo e sciolto viaggio della speranza verso un paese dove la nebbia dei pezzi precedenti si sfalda e sparisce, una specie di Walk On The Wild Side dei giorni nostri.
L’esperienza di sentire questo artista live è stata estremamente positiva e dolcemente coinvolgente. Solo con i suoi synth, un computer e una chitarra ha saputo rendere alla perfezione tutta l’atmosfera che è contenuta nel disco, sfida complessa dato che nella registrazione studio, Omake ha collaborato con altri musicisti, mentre live era completamente solo. In un live solitario ed intimista Francesco cercava sempre un contatto col pubblico, mentre la sua musica si espandeva come un flusso di coscienza o un monologo interiore. Senza dubbio Purest Love è stato il suo pezzo migliore: semplice nell’esecuzione e denso di significati. I sintetizzatori si accordano perfettamente con la sua voce oscura regalandoci una visione moderna dello spleen della nostra generazione, uno spleen estremamente psicologizzato e personalissimo che a tratti richiama le litanie funebri dei Joy Division/New Order, come la bellissima In A Lonely Place, a cui però viene aggiunto quel bagliore di freschezza gelata che preannuncia una luce alla fine del tunnel. Non abbiate paura, sembra dirci Omake, se le cose sembrano più tragiche e dolorose del previsto, alla fine c’è sempre una soluzione, c’è sicuramente anche se non ci viene detto quale. Intanto noi ci ascoltiamo Columns, album favoloso, di minimale tristezza e consapevolezza di crescita e responsabilità, album che sembra un flusso di ricordi che si scatenano nella nostra testa come un temporale dentro una camera da letto.
Approfitto per chiudere questo articolo ringraziando Davide Cappai, organizzatore dello Smashing Your House pisano, per avermi fatto conoscere Omake.
Tracce di Columns:
- Darkside / The Fighter
- Purest Love
- Nighthawk
- Deer / The Hunter (feat. A Safe Shelter)
- Like a Snake, as an Eagle
- Slowrunner (feat. Machweo)
- Woman
- Korsakoff
- Florida
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