Il futuro della Città del Teatro di Cascina. Intervista a Donatella Diamanti

I più acuti e ironici hanno trovato una certa similitudine tra le attuali situazioni dell’A.C. Pisa 1909 e della Città del Teatro di Cascina. In entrambi i casi, scoppiati quasi contemporaneamente quest’estate, si capisce poco, ci sono versioni differenti circa i vari passaggi e non sono ben chiari i ruoli degli attori in campo (o sul palco).
Abbiamo provato a far chiarezza e a dare un primo contributo sul tema che ci interessa, vale a dire la Città del Teatro, attraverso la voce della direttrice artistica Donatella Diamanti. Speriamo naturalmente di poterne offrire altri.
Diamanti, qual è il motivo per cui c’è stato questo cambiamento improvviso all’interno dell’amministrazione della Città del Teatro? È sufficiente spiegarlo con il cambio di amministrazione o c’è dell’altro?
«Fondazione Sipario Toscana onlus è, appunto, una fondazione e il suo cda è di elezione dei membri che la costituiscono, ovvero il Comune e la Provincia. Il cda resta in carica cinque anni, andando dunque di pari passo con le elezioni amministrative proprio per far sì che i nuovi eletti abbiano modo di intervenire confermando dei vecchi membri o affidando l’incarico ad altri».

Il vecchio cda si è subito dimesso dopo il cambio di amministrazione. Come mai lei ha resistito?
«I membri dei cda sono di emanazione politica, il mio è un ruolo artistico. Ho un contratto che mi impegna fino al 30 aprile 2018 e ho firmato nel 2015 un progetto triennale per il ministero a cui mi sarebbe piaciuto continuare a dar corso. Lei usa la parola ‘resistenza’, ma quando il vecchio cda si è dimesso non sapevo che per restare avrei dovuto ‘resistere’».

Donatella Diamanti

Donatella Diamanti

Anche se sulla carta è differente, non crede che l’interpretazione del ruolo di Andrea Buscemi sia molto simile al suo e, per così dire, vi pestiate i piedi?
«Sì, credo che di fatto il presidente stia a tutti gli effetti comportandosi come un direttore artistico. Tuttavia a questo punto non si è arrivati per caso o per una erronea interpretazione della carica. Il cda nella seduta di insediamento, databile a fine luglio mi pare, ha avocato a sé le deleghe artistica e amministrativa, consentendo così al presidente e al suo vice di fare scelte attribuibili alla direzione artistica. Tradotto: sono stata esautorata con comunicazione scritta (per giunta molto successiva) e invitata a farmi una ragione del fatto di essere una ‘consulente’, come se ciò fosse una terribile sorta di capitis deminutio».

Cosa succede ora agli altri soggetti, come ad esempio Chez Nous le Cirque e Zaches Teatro, tra gli altri?
«Si tratta di due soggetti di diversa natura e legati a due diversi progetti. Chez Nous le Cirque è una cooperativa che abita stabilmente la Città del Teatro ed è legata alla fondazione da una convezione che sancisce impegni precisi dal entrambe le parti. Il lavoro di Chez Nous sul territorio è importantissimo e dopo la sollevazione popolare conseguente allo scivolone estivo dell’assessore alla cultura Luca Nannipieri nei loro confronti, dubito che si voglia mettere in discussione la loro ‘stabilità’. Il rapporto con Zaches Teatro è invece sancito nel progetto ministeriale e regionale che ha fra i punti che lo caratterizzano quello dell’apertura e del sostegno alle giovani compagnie. Ad oggi la rassegna Teatro Off – che è l’epilogo annuale di questa parte progettuale e che vede in scena tutte le compagnie in residenza nel corso dell’anno – è stata mantenuta anche se nella quasi totale assenza di comunicazione a riguardo. Non un manifesto, non un volantino e ormai diversi giorni dalla conferenza stampa di presentazione delle rassegne non mi risulta che – almeno on line – sia stata diffusa. E invece per Teatro Off un’adeguata promozione è importante, proprio perché vede in scena compagnie che pur facendo un lavoro di straordinaria qualità, non arrivano agilmente a un pubblico più generalista».

Quali spettacoli inseriti da lei nel programma sono stati confermati e quali no?
«Sono sopravvissuti cinque spettacoli su tredici e la sezione speciale Che Pizza di Famiglia in collaborazione con il ristorante del teatro Gustavo Ridendo, dedicata agli adolescenti e ai loro genitori e composta da tre spettacoli che andranno in scena alle 19».

Le compagnie che sono rimaste in cartellone si sono ridotte il compenso in seguito alla richiesta del cda?
«Immagino di sì. Non ho partecipato alla trattativa, ma so che non è stato semplice. Come alcuni organizzatori hanno scritto a ridosso dei fatti, intervenendo a mio sostegno sulla mia pagina Facebook, hanno accettato perché costretti dalle circostanze. Trovarsi a fine agosto a perdere una data su cui si contava, soprattutto se si viene dalla Sicilia come Carullo e Minasi o dall’estero come i Familie Floz o se si è programmato un allestimento come Lillo e Greg e si hanno difficoltà a trovare altri luoghi visto che a fine agosto i teatri hanno già preso i loro impegni, può mettere a rischio non solo la data che viene a mancare, ma anche l’intera tournée».

La lettera del suo avvocato ha poi avuto risposta?
«No. Nessuna. Le lettere sono due comunque. Nessuna risposta alla prima, né alla seconda».

E le altre figure professionali che fino a giugno scorso lavoravano a pieno regime con lei? Ad esempio, l’ufficio stampa.
«Lavorano a pieno regime con il presidente e il vicepresidente. A eccezione del nucleo artistico che, essendo fortemente legato alla mia operatività, di fatto vive tutte le contraddizioni di questo difficile momento. Quella dell’ufficio stampa è una questione a parte. La prima notizia circa la revoca della delega artistica l’ho avuta proprio in merito alla mia relazione con questo ufficio: durante la pausa estiva infatti la scheda di un nostro spettacolo è stata emendata su richiesta del vicepresidente senza che io ne venissi informata. Lo spettacolo in questione è Io femmina, e tu? Breviario comico poetico sugli stereotipi di genere, oggi Io femmina, e tu? Breviario comico poetico sugli stereotipi, poiché la revisione ha consistito principalmente nella cancellazione della parola ‘genere’ ogni volta che questa compariva. Ad oggi non ho dunque alcuna relazione con chi gestisce la comunicazione. Ho chiesto conto più volte delle attività promozionali, senza ricevere risposta».

Banalmente: se ha un contratto, perché non la mettono in condizione di lavorare tranquillamente?
«Questo andrebbe chiesto agli amministratori della fondazione».

Secondo lei è stato messo in atto del mobbing nei suoi confronti?
«Questa è questione per professionisti del diritto. Diciamo che, agli occhi di un profano, sembra averne tutte le caratteristiche…».

Insomma, come va a finire?
«Io spero che finisca nel migliore dei modi per la Città del Teatro. I direttori vanno e vengono, i teatri invece restano. Sono beni immobili che necessitano di vivere attraverso una grande mobilità. E, se possibile, qualità».

Francesco Bondielli

Francesco Bondielli
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