Mozart, “Il Flauto Magico”: una lettura dell’ouverture

Locandina della prima rappresentazione del Flauto Magico, il 30 settembre 1791

Dopo aver tanto a lungo parlato delle implicazioni storiche e filosofiche di quel meraviglioso contenitore che è Il Flauto Magico di Mozart e pure dei retroscena massonici, è arrivato il momento di affacciarsi brevemente sull’opera, leggendo tra le righe della Zauberflöte. Come in tutte le storie, anche in questo caso dobbiamo partire dall’inizio: l’ouverture.

Il triplice accordo all’inizio dell’ouverture

La struttura generale del brano ricalca quella bipartita della sinfonia d’opera italiana, costituita cioè da una prima parte in tempo lento (solitamente un Adagio o un Andante) e da una seconda parte in Allegro, o un tempo simile. Questa struttura aveva una particolare funzione pratica: dato che non esisteva l’illuminazione elettrica e che il pubblico spesso andava a teatro per fare tutto fuorché prestare attenzione allo spettacolo, l’ouverture (o sinfonia, nell’opera italiana) serviva proprio a segnalare l’inizio dell’opera; quindi il tempo lento iniziale ricopriva una funzione di mero preambolo per dare agli astanti il tempo necessario di prendere posto, mentre il “pezzo forte” era la seconda parte, in cui il compositore dava il meglio.
Nel caso del Flauto Magico, Mozart cambia le regole del gioco già dall’inizio perché l’elemento dell’ouverture che ha più rilevanza rispetto alla trama è proprio l’Adagio iniziale, in cui nasconde molti indizi di quanto succederà più avanti. Ad esempio, il brano si apre con la poderosa esposizione del triplice accordo che nell’opera annuncia la figura di Sarastro e dei sacerdoti del Tempio della Saggezza; inoltre, cosa più interessante e assai meno nota, in queste poche battute di musica Mozart ci offre un fugace scorcio del cammino iniziatico di Tamino: dalla battuta 8 alla 13 ci sono tre brevi frasi affidate agli archi, due di queste terminano in modo mesto, mentre l’ultima culmina in un accordo limpido e luminoso; in questo modo Mozart ci mostra Tamino che prova a entrare – senza successo – nel Tempio della Natura e nel Tempio della Ragione e alla fine riesce ad aprire la porta del Tempio della Saggezza. Poi, giusto per non svelare tutto subito, ha inizio l’Allegro.

Il fraseggio degli archi richiama l’ingresso di Tamino nel Tempio della Saggezza

La seconda parte dell’ouverture del Flauto Magico rappresenta probabilmente l’unico caso di ouverture in stile contrappuntistico composta nel XVIII secolo, e se ci si sofferma a considerare la cosa ci si rende conto che è ancora più strana: non solo Mozart impiega (e in modo straordinario) lo stile contrappuntistico, più precisamente il fugato, in un’epoca in cui era totalmente passato di moda, ma lo fa addirittura per un piccolo teatro di periferia. Anche l’utilizzo di questa tecnica è interessante perché in questo caso Mozart riesce a raggiungere un equilibro perfetto tra le forme della fuga e dell’ouverture, e lo fa in modo a dir poco mirabile.

Soggetto del fugato

Il successivo Allegro si apre con il principio di una fuga vera e propria, con soggetto, risposta e relativo controsoggetto, ma dopo questa esposizione formalmente perfetta il tutto confluisce in un trattamento del materiale tematico tipico della forma sonata, ma – e qui c’è il colpo d’ala che rende Mozart un maestro superiore a tutti noi – basandosi completamente sul piccolo nucleo tematico del soggetto.

Risposta e controsoggetto

Su questa manciata di note sono stati versati fiumi d’inchiostro perché, con ogni probabilità, il tema è stato tratto dalla Sonata in si bemolle maggiore di Muzio Clementi. Nella monografia di Massimo MilaLettura del Flauto Magico, l’autore si lancia in una lunga enumerazione di composizioni mozartiane e non che hanno un tema simile, ma chiunque sia l’autore di queste poche note non ha la minima importanza; ciò che conta realmente è come il tema viene sviluppato e credo di essere nel giusto se affermo che nessuno sarebbe mai riuscito a eguagliare una tale arditezza e un così ben studiato equilibrio formale. Inoltre, come sanno anche gli studenti di composizione, per realizzare una fuga è uso comune impiegare un tema scritto da altri.

Sovrapposizione del secondo tema della forma sonata e del soggetto contrappuntistico

La cosa che lascia sbalorditi quando si ascolta questa ouverture è come il piccolo tema iniziale appaia continuamente in modo sempre diverso e con una fluidità che non conosce eguale. Ed è a questo punto che entra davvero in gioco la forma sonata: dopo un rapido passaggio alla tonalità della dominante in cui appare un secondo tema (che è però contrappuntato con il primo!), l’ouverture apparentemente si conclude, appunto, sulla dominante… senonché appare di nuovo il triplice accordo, quasi volesse ricordare al tema, il nostro “protagonista”, di aver smarrito la strada e che deve faticare ancora un po’ per ottenere la giusta ricompensa. Dopo questo breve episodio, riappare il primo tema ma stavolta proposto nella tonalità di si bemolle minore e viene presentato in una seconda lunga esposizione contrappuntistica. Dopo un breve ponte modulante, si fa ritorno alla tonalità d’impianto, con cui termina l’ouverture nel magnificente finale con il massiccio intervento degli ottoni (chissà, forse per anticipare l’antagonista dell’opera, la Regina della Notte). Si può ben vedere come tutto sia stato accuratamente progettato in questa straordinaria pagina sinfonica e come tutto funzioni alla perfezione e come Mozart abbia rivolto il suo lavoro non solo sull’aspetto prettamente musicale ma soprattutto verso una totale compenetrazione tra linguaggio musicale e simbolismo, incorporando elementi massonici (a cominciare proprio dalla tonalità di mi bemolle maggiore: non solo perché ha tre bemolli in chiave ma anche perché costituisce la tonalità tipica dell’espressione della religio privata mozartiana) ed elementi narrativi del libretto. E questo è solo l’inizio della più straordinaria delle opere composte da Wolfgang Amadeus Mozart.

Luca Fialdini

lfmusica@yahoo.com

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