Berlusconi è morto.
Avete letto bene. Silvio Berlusconi, deceduto.
Forse qualcuno – per un motivo o per un altro – si è scaldato nel leggere l’esclamazione di apertura. Ebbene, debbo informarvi che si tratta di pura finzione, del famoso patto narrativo che si instaura tra autore e lettore declamato da Umberto Eco.
Il fatto che Silvio nel libro muoia non è uno spoiler. Il romanzo si intitola L’omicidio Berlusconi e di conseguenza non vi ho svelato proprio nulla più di quanto non potreste già sapere. La trama è così riassumibile: c’è un uomo con i suoi problemi, la sua vita ordinaria, circondato da una serie di (s)fortunati eventi che lo porteranno, la notte del 28 maggio 2001, ad uccidere Berlusconi. E tutto quel che ne consegue.
L’omicidio Berlusconi, ottavo libro di Andrea Salieri, viareggino classe 1962, è un concentrato di critica e ironia. Il libro è ben costruito e la trama è sufficientemente solida da potergli perdonare una sintassi a volte difficile, che costringe in alcuni punti a una seconda lettura della frase, ma nel complesso buona; ciò che colpisce è l’uso graffiante dell’ironia, ben architettato con l’uso di note (come sui libri di scuola) che trasmettono l’idea di questo libro come documento importante per le generazioni a venire, lascito di un’epoca buia per la società italiana.
Per farvi qualche esempio di cosa le note – dalle quali traspare il profondo pensiero del Salieri – rappresentino, si possono leggere definizioni del tipo: “Umberto Bossi: personaggio folcloristico del sud Europa”, e Berlusconi è citato come “realmente esistito a cavallo tra il 20° e il 21° secolo”. Non si risparmiano parole al vetriolo sui rappresentanti della fazione opposta, esemplificate da lampi di genio del tipo “Bandiera rossa: canto popolare che inneggiava al trionfo di due valori contrapposti: ‘comunismo e libertà’, efficace nel renderli entrambi astratti alle masse”. Un ultimo esempio: “Banche: praticavano una forma di strozzinaggio legalizzata”.
Satira politica e sociale, dunque, che si cela sotto l’apparenza di un romanzo corto, agile, nato da una situazione al limite del surreale e destinato a sfociare in un gran casino per toccare argomenti scomodi, abilissimo nell’addurre molti spunti di riflessione grazie all’apporto che personaggi come Giuliano Ferrara, Cesare Previti e Gianni Letta forniscono nella scena memorabile dell’interrogatorio…
Un romanzo sulla libertà, che non ha paura di denunciare la manfrina che ci arriva da destra e da sinistra; nella prefazione Paolo Brunelli definisce il libro, oltre che un romanzo sulla libertà, un romanzo sull’Individuo, non una lettura autocritico-progressista che s’ingoia d’un soffio come un bicchiere d’acqua naturale, ma neanche immediata e ricca di sodio.
In mezzo c’è l’Uomo, a metà tra il senso dell’esistenza e le motivazioni personali. Tutto ben presentato da un’ampia gamma di azzeccatissime metafore politiche, sociali ed esistenziali. Un orizzonte politico messo alla gogna di fronte alla potenza dell’individuo presentato come il solo e unico partito possibile. A voi decidere da che parte stare.
Da questo libro è stato tratto anche un film, Ho ammazzato Berlusconi, del 2008, regia di Gianluca Rossi. Vi prego solo di leggere prima il libro; io ancora il film non l’ho visto. Wikipedia lo definisce “commedia nera con forti venature grottesche”; per quanto riguarda il romanzo, è sicuramente una definizione troppo restrittiva del reale messaggio che si cela fra le sue righe.
Spero vi basti per capire che mi è piaciuto tantissimo.
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