Lo Stato Sociale live al Paladozza di Bologna
Perse per Bologna sotto la pioggia, un navigatore del telefono e tanto freddo, ma giri l’angolo e lo vedi… il Paladozza, la fila, i controlli. “Biglietti prego”. 6mila ragazzi venuti da ogni parte d’Italia con in comune una sola cosa: voler ricordare quella data per almeno due anni.
Questa è l’atmosfera del 21 novembre a Bologna per l’ultima data del tour del gruppo Lo Stato Sociale che si fermerà poi per circa due anni.
Tre ore di musica, tanti ospiti tra cui Gli Allegri Ragazzi Morti, Brunori Sas, e i 99 Posse. Vedo il palazzetto dello sport che si riempe e l’ansia cresce. Chiudo gli occhi e vedo Lodovico Guenzi che canta “La rivoluzione che non passerà in tv”. Altro palco, altra stagione. E’ il 7 giugno 2014 e siamo a Milano. Miami Festival ed è il primo concerto del tour. Ricordi e presente si intrecciano. Le luci si spengono. I capelli biondi di Lodo sono di nuovo sul palco, gli altri lo seguono. Si riaccendono le luci insieme alle prime note.
Lo Stato Sociale è un gruppo indie/rock, o almeno così viene definito spesso, ma chi segue questo genere sa bene che dentro questa definizione ci stanno tanti gruppi spesso molto diversi tra loro. Forse negli anni settanta sarebbero stati definiti “impegnati” ed in quegli anni non sarebbero stati un gruppo “di nicchia” ma “di massa”, probabilmente o chissà, ma in questi quarant’anni il mondo è cambiato parecchio e così facciamo parte di una nicchia, anche se stasera ci sentiamo al centro del mondo.
E, per stasera, e forse non solo per stasera, la nostra patria è questo mondo intero, come diceva qualcuno tanti anni fa. Forse, perché la rabbia, le ingiustizie, il disagio, le frustrazioni sono ancora le stesse, è cambiato il linguaggio con cui vengono narrate e la musica che lo sostiene. Così ancora stasera, forse per riconoscersi, 6.000 persone cantano insieme “siamo tutti antifascisti” mentre ancora i 99 Posse si stanno posizionando sul palco. In questo concerto le parole pesano, non stanno in secondo piano.
Anche il silenzio pesa. Come sulle prime note di Linea 30 quando un signore sale sul palco. E’ proprio il padre di Alberto (un componente del gruppo) ed è anche l’autista della Linea 30, il vero protagonista della canzone. L’emozione è tangibile, le immagini della strage di Bologna che quelli come noi le hanno viste solo sui libri di storia, sono negli occhi del padre di Alberto e della sua Linea 30. Silenzio. Musica. Parole. Emozioni.
Le ore passano e te ne accorgi solo perché la voce diminuisce a forza di cantare canzoni. Annunciano le ultime tre: Abbiamo vinto la guerra, Io te e Carlo Marx, Cromosomi e partono i coriandoli lanciati su tutto il Paladozza. Ti siedi mentre il palazzetto si svuota e ti prende subito la nostalgia pensando a tutte le canzoni: Mi sono rotto il cazzo, Ladro di cuori col buco, C’eravamo tanto sbagliati, La rivoluzione nonpasserà in tv e tutte le altre e solo quando è praticamente vuoto decidi di andare lasciando lì la voce ma portandoti via un’esperienza che non dimenticherai facilmente e convinta che i 170 km fatti per raggiungere il concerto siano stati più che mai meritati.
Ci vediamo tra due anni.
Ilaria Soriani
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