Due modi per parlare di letteratura in 140 caratteri

twitter-312464_960_720PERUGIA – Immaginate Dante Alighieri – sì, lo storico scrittore trecentesco autore, tra le altre cose, della lunghissima Divina Commedia – alle prese con Twitter: sarebbe stato possibile, per lui, scriverne in soli 140 caratteri? E come se la sarebbero cavata i numerosi personaggi e i protagonisti alle prese con i vari followers e con i troll in rete? Un what if gigantesco, che potrebbe benissimo riassumersi così: se si volesse leggere il romanzo “Guerra e pace” di Lev Tolstoj 140 caratteri alla volta, si finirebbe circa nell’anno 2138 (un’impresa in atto su Rai Radio2).

Se fare letteratura – intesa nel senso pratico dello “scrivere” – su Twitter sembra un lavoro titanico, risulta invece più facile parlare e intavolare dibattiti sui libri e sui casi letterari del momento. Di questo hanno parlato Giulia Ciarapica di Ghigliottina.it, Vera Gheno, Accademia della Crusca, Loredana Lipperini di Radio 3, Maria Anna Patti di Casa dei Lettori e Nadia Terranova, giornalista e scrittrice, alla X edizione del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia in un incontro dal titolo “Social letteratura: scrivere di letteratura in 140 caratteri”

Ma può il social network cinguettante diventare uno strumento di promozione della lettura e dei libri in generale, riuscendo magari anche a influenzare il mercato e a vendere qualche copia in più? Inoltre: è possibile recensire un prodotto letterario… in quei pochi (e maledetti) 140 caratteri?

Per tutte quelle persone che hanno fatto della letteratura una vocazione e una missione sul web, Twitter può essere usato in due modi: inserendo nei 140 caratteri un link che rimandi alla recensione vera e proprio del libro in questione, oppure parlare tramite il potere evocativo delle immagini. I libri sono come veri e propri mondi, delle persone in attesa di essere conosciute e dei quali spesso consideriamo anche il lato fisico: la copertina. E non si tratta di essere troppo materiali, anzi: ogni social network trova la propria forza comunicativa in aspetti diversi della comunicazione, dalle parole alle fotografie, alle immagini.

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Su questo sono d’accordo sia la book blogger di Ghigliottina.it, Giulia Ciarapica, sia la giornalista Loredana Lipperini di Radio3, che pone l’accento su un altro problema ancora: quello del gestire la propria autonomia di fronte a determinate case editrici che ci suggeriscono implicitamente di non parlare male dei propri libri e che minacciano magari di non mandarcene altri gratis. Comunque lo si voglia utilizzare, ad oggi sembra il social network in questione, usato come promotore di vendite di libri, non funzioni tanto bene, anzi. Per gli esperti del settore, i market movers riconosciuti rimangono ancora il premio Strega e Fabio Fazio, gli unici ad influenzare il mercato e la classifica dei libri.

Un altro strumento che talvolta funziona è il caro e vecchio passaparola, anche se nessuno è riuscito ancora a capire da dove nasca e come funzioni di preciso. Ma sono in atto tante sperimentazioni, come quella del gruppo Facebook “Modus Legendi” dove i lettori hanno deciso di comprare insieme nella stessa settimana un libro da loro scelto. L’obiettivo è vedere se basterà questo per scalare le classifiche: in caso positivo saremo di fronte a un nuovissimo case history, altrimenti varrà la regola dei grandi numeri: ossia se nella community si è più di 3.000 persone, nella realtà si è solamente in 300 acquirenti.

Parlare di letteratura su Twitter è difficile ma qualcuno ce la fa, e un esempio felice ne è il profilo “Casa Lettori” gestito da Maria Anna Patti, dove generalmente vengono promossi dai 20 ai 30 libri al giorno, evitando accuratamente che ci sia un accumulo di una casa editrice rispetto a un’altra. Insieme ai lettori bisogna considerare anche la matrice dei libri di cui si parla nel web, ossia colui che scrive. Per gli scrittori non è facile essere presenti su Twitter, e spesso pubblicare link dei propri romanzi e quindi auto-pubblicizzarsi può essere abbastanza fastidioso. Ne sa qualcosa la scrittrice e giornalista Nadia Terranova, che nel social network ha deciso di pubblicare principalmente i link relativi agli incontri pubblici con i lettori, difendendo gli scrittori timidi che non amano interagire in modo diretto con il pubblico, senza che per una non-risposta meritino l’odio del lettore.

Sorprendentemente, Twitter è molto utile anche come sperimentazione linguistica e per accorgersene basta pensare a Scritture Brevi di Francesca Chiusaroli e a TwLetteratura che coinvolge gli studenti nel rileggere e riscrivere insieme i classici, distribuendo tra loro le parti dei vari personaggi. Con un semplice procedimento di associazione d’idee, dalla linguistica è immediato pensare all’Accademia della Crusca (l’Istituzione per eccellenza in Italia per quanto riguarda la correttezza linguistica), un faro per i lettori appassionati di neologismi o per tutti i rigoristi della grammatica italiana. Su Twitter l’Accademia viene interpellata continuamente e non è raro che il lettore di turno, che crede di aver trovato un errore in un grande romanzo, lo faccia presente, rimanendo spesso deluso o perplesso quando si sente rispondere che di un errore proprio non si trattava. Di dispute di questo tipo ce ne sono state molte, ad esempio tra l’accoppiata di parole “familiare-famigliare” o “obiettivo-obbiettivo”, fino ad arrivare al noto e recente caso del neologismo “petaloso”. Tante spie che ci dimostrano, con un pizzico di preoccupazione, quanta spasmodica attenzione ci sia oggi tra i lettori italiani rispetto a ogni variazione della tradizione.

Se tanta è l’attenzione alle parole e al loro uso, questo significa che ovviamente parlare dei libri è possibile al tempo dei e dentro i social network, dal web con i book-blogger fino a Youtube con i book-tuber, tanto che la prossima frontiera sembra già essere Instagram, con il suo immancabile hashtag bookstagram.

Piccola curiosità: l’Accademia della Crusca ha un profilo pubblico in quasi ogni social network, e chiama i propri follower “i seguitori” che, per la cronaca, è italiano corretto.

 

Camilla Orsini

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One comment to “Due modi per parlare di letteratura in 140 caratteri”
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