Da Castiglioncello il post rock dei M.A.Y.A.

LIVORNO – Il quartetto M.A.Y.A. di Castiglioncello ha origine da un esperimento inizialmente voluto da Mattia Salvadori e Federico Spina, rispettivamente batterista e bassista del gruppo, con l’intenzione di suonare come power-duo. Il progetto però, nella sua evoluzione, ha iniziato a sentire l’urgenza di una voce che caratterizzasse i brani e di una chitarra che li arricchisse. La formazione originale ha così visto aggiungersi Serena Marconi alla voce e Francesco Salvadori alla chitarra. Tra la fine del 2014 e la metà del 2015 la band ha iniziato a produrre materiale inedito all’interno dello Shed Studio per arrivare alla fine del 2015 con il primo Ep autoprodotto intitolato A e distribuito da Ghost Record Label. M.A.Y.A. è un esperimento sognatore che guarda alla musica di oltremanica e che ricerca atmosfere sognanti e private, talvolta anche molto criptiche. Con una musica modulata su suoni ricercati e melodie britanniche la band gioca tra suoni post rock, cupi e marini e voci dream pop come quella di Serena, debole e dolce.

“A” è la prima lettera dell’alfabeto, e la A è il punto da cui il gruppo inizia. Questa è una delle ragioni per cui noi abbiamo scelto quel titolo per l’Ep.

M.A.Y.A.

In questa intervista la band e si presenta e racconta un po’ della sua storia.

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Partiamo dal nome: è un acronimo immagino. Cosa significa precisamente?
«Il significato reale del nostro nome non si può ovviamente svelare per motivi di pudore e decoro. Alla stampa diciamo che M.A.Y.A. vuol dire May Against Your Anger, mi sembra una risposta più che soddisfacente».

Avete da poco realizzato un Ep, A. Le canzoni sono tutte in inglese, ma voi siete un gruppo italiano. Come mai questa scelta? Non credete che possa rendere la comunicazione dei vostri pezzi più complessa?
«Effettivamente sì, a livello comunicativo la lingua inglese ovviamente è una barriera. La nostra scelta è di natura sia stilistica (pensiamo che la lingua anglofona si sposi meglio con il nostro genere) che personale. Vorremmo che i nostri ascoltatori approfondissero i testi in un secondo momento concentrandosi in primis sulla melodia e sull’aspetto più emotivo dei pezzi. Non escludiamo comunque di scrivere in futuro dei testi in italiano, mai dire mai».

Quali sono gli argomenti che trattate nel vostro Ep?
«Il nostro paroliere, Federico, parla soprattutto delle persone che lo circondano e degli eventi che lo investono durante la vita di tutti i giorni; la quotidianità è l’argomento principale delle nostre canzoni. Si parla di amicizie, amori finiti, promesse non rispettate, situazioni imbarazzanti. Sono testi sicuramente molto personali e profondi, investiamo tantissimo da questo punto di vista».

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I M.A.Y.A. (foto di Marco Antinucci, per gentile concessione)

 

Quali sono gli artisti che hanno ispirato M.A.Y.A.?
«Ascoltiamo tutti generi e gruppi molto diversi; Serena e Francesco hanno sicuramente un’anima più melodica mentre Federico e Mattia hanno un approccio “più di pancia” con i loro ascolti. Scriviamo la nostra musica traendo ispirazione dal calderone musicale in cui navighiamo, sicuramente il post-rock e il post-punk sono tra i generi che ci rappresentano maggiormente. Se dobbiamo fare per forza qualche nome possiamo dire: Verdena, Crash of Rhinos, Bjork, Warpaint».

Avete anche un progetto parallelo, Shed of Noiz. Come si differenzia da M.A.Y.A. e come è nato?
«Gli Sheds riguardano Mattia, è un progetto che differisce da noi M.A.Y.A. per genere e approccio musicale. Siamo in ottimi rapporti con loro e dividiamo con loro lo “Shed”, nostra sala prove e studio di registrazione».

Come lavorate solitamente nella composizione dei brani (sia musica che testi)? Fate tutto autonomamente o vi fate aiutare da un produttore, autore e altri musicisti esterni?
«La composizione delle nostre canzoni parte quasi sempre da riff ideati da Federico o Francesco; poi ognuno aggiunge qualcosa di personale e il flusso di idee porta a compimento il pezzo. L’ultimo elemento a plasmarsi è la melodia della voce che, con le parole, è arrangiata da Serena; di conseguenza arrangiamo i cori (elemento importantissimo nella nostra band). Successivamente, da pignoli inguaribili, lavoriamo moltissimo sui nostri pezzi, smussandoli e migliorandoli; teniamo moltissimo che essi arrivino in maniera potente all’ascoltatore. Al momento non abbiamo un produttore artistico, preferiamo avere una certa libertà nella scrittura. I testi prima vengono scritti in italiano, successivamente li traduciamo in inglese cercando di mantenere il più invariato possibile il significato e il messaggio. Il nostro Ep è stato totalmente autoprodotto nello Shed studio, con l’aiuto del mago dei suoni Dario “Mario” Sardi. Il risultato ci soddisfa abbastanza, anche se suona un po’ grezzo e spigoloso ma ci abbiamo messo tutto il nostro impegno. Ghost Record di Leandro Partenza ha accolto la nostra richiesta di collaborazione, promuovendo il disco in maniera ottima. Grazie a Leandro sono arrivate molte recensioni, interviste e passaggi in radio. Quindi grazie alla nostra fidata etichetta!».

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Foto di Marco Antinucci

Altre immagini del gruppo (foto di Marco Antinucci, g.c.)

 

Anticipazioni per gli ascoltatori e per i lettori di Tuttomondo? Prossimi live in programma?
«Stiamo scrivendo il nuovo disco che probabilmente verrà alla luce dopo l’estate. Ora rinchiusi nel nostro Shed studio per la registrazione di un singolo tutto speciale, speriamo di farvelo sentire al più presto. Ricordiamo a tutti che il 26 Maggio saremo ospiti del Lumiére, storico e bellissimo locale pisano. Seguiteci su Facebook, Soundcloud e Instagram! Grazie e buona musica!»

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Virginia Villo Monteverdi

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