Fra Dio e cucina, le proibizioni alimentari nelle religioni

No, non parleremo di glutine, olio di palma, crostacei o nocciole, ma di cose ben più antiche, ovvero dei tabù alimentari dettati dalle religioni, e ogni religione, a parte la cattolica che si limita a istituire dei giorni di magro in Quaresima, ha delle proibizioni che ancora determinano e condizionano la vita dei fedeli di quel credo. Lungo i secoli le religioni hanno sacralizzato l’alimentazione, e con regole precise hanno determinato divieti e modalità con cui i cibi andavano consumati, rafforzando in tal modo la comunità e il senso di appartenenza a essa. Rifiutare consapevolmente alcuni cibi, rispettare insieme agli altri i giorni di digiuno, o romperlo tutti assieme alla fine del periodo di proibizione serviva a cementare una comunità, rendendola unita intorno alla parola di Dio.

Preghiera al Muro del Pianto

 

Delle tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo e Islam, quella ebraica è la più antica, e presenta delle proibizioni alimentari condivise con l’Islam. Nel Levitico e nel Deuteronomio, due dei cinque libri sacri dell’Ebraismo, vi sono le precisissime regole che ogni Ebreo deve rispettare nella preparazione e nell’assunzione del cibo, e non sono regole semplici: gli animali sono divisi fra puri (come la mucca, il vitello, la pecora e la capra, cioè gli animali con lo zoccolo fesso) e impuri (come la selvaggina, i conigli e le lepri, i crostacei e i molluschi).

È proibito mescolare in una stessa ricetta carne e latticini (dimenticatevi le deliziose scaloppine al burro!), e non è consentito consumare formaggi prodotti utilizzando caglio animale. I pesci di cui ci si può nutrire devono avere squame e pinne, quindi niente aragoste e gamberetti, ma neppure anguille e l’ottima coda di rospo. I volatili, a parte i rapaci, si possono mangiare, proibiti invece tutti gli animali che strisciano, troppo legati alla terra. Il maiale è considerato un animale immondo da entrambe le religioni, e non deve essere mai consumato.

Anche la macellazione deve svolgersi secondo modi simili, in entrambe le religioni l’animale deve essere sgozzato vivo fino al totale dissanguamento. Nell’ebraismo la macellazione deve essere eseguita da un macellaio rituale, che esegue lo schochet, tagliando la gola dell’animale con un unico taglio di un coltello dalla lama affilatissima. Si raccomanda di trattare in maniera attenta e compassionevole l’animale, che deve essere bendato perché non veda ciò a cui va incontro. Sembra tutto molto crudele, ma non penso che nei nostri macelli la crudeltà sia minore, anzi. Gli ebrei poi lavano la carne e la salano, per far scomparire ogni traccia di sangue, proibitissimo dal momento che secondo la loro tradizione contiene la vitalità dell’animale.

Vino e aceto possono essere consumati solo se sono stati prodotti osservando rigidissime regole di lavorazione, e la produzione deve essere controllata da un Rabbino: se il Rabbino non approva, l’alcol prodotto è da considerarsi impuro, e quindi proibito, pertanto se invitate a cena degli ebrei osservanti tenetene conto.

Si capisce quindi come per i Cristiani la cucina ebrea risulti complicatissima, piena di regole difficili da comprendere senza conoscere i significati reconditi di ogni gesto necessario per mangiare un alimento che sia perfettamente Kosher (Woody Allen, che la conosce bene essendo figlio di ebrei di origine russo tedesca, ne ha spesso scritto in modo esilarante).

Molte le proibizioni anche per i Musulmani, che in molti cibi vedono lo zampino del demonio, a cominciare dall’alcol, che, togliendo pudore e senso della vergogna, è considerato l’opera principe di Satana, per cui bisogna astenersene in modo assoluto, tanto che la proibizione arriva persino al non potersi sedere a una tavola dove altri consumano alcolici.

Anche i suini, secondo antichissime credenze, avevano natura demoniaca, e poi sono sporchi, e conducono una vita sessualmente promiscua. Inoltre altrettanto antica era la credenza che, mangiando un animale se ne assumessero le caratteristiche, e quelle del povero maiale non erano certo considerate tra le migliori. Entrare in contatto con i cibi impuri costringe i musulmani a complicate opere di purificazione. Non so se avete mai incontrato dei musulmani in una panetteria che, fra lo stupore degli addetti al bancone, cercano “pane senza maiale”! In realtà cercano solo del pane prodotto senza strutto.

Nella Sura Al Baqarah 2:168 si legge: «Oh uomini, mangiate ciò che è lecito e buono, non seguite le orme di Satana, poiché egli è nemico dichiarato per voi».

Per i pesci vigono proibizioni simili a quelle ebraiche, anche qua code e squame fanno la differenza e quindi neppure la cucina musulmana accetta cozze, vongole, aragoste e astici, ma neppure i moscardini. Nell’Islam si può mangiare la mucca, la pecora e la capra, e anche il cammello, mentre sono proibiti cavalli, muli e asini, probabilmente per l’importanza che avevano per la vita della comunità: il mulo trasportava uomini e cose, e girava la ruota del pozzo, mentre il cavallo serviva in battaglia. L’Islam ammette però, in caso di pericolo di vita, la possibilità di nutrirsi con alimenti proibiti perché grande è la Misericordia di Allah: basta non essere spinti da voglia o brama, ma solo da necessità estrema. La macellazione della carne si svolge secondo regole simili a quelle ebraiche, solo che l’animale deve avere il muso rivolto verso la Santa Ka’baa, e si deve pronunciare il santo nome di Allah nel momento del taglio.

Inoltre sono dettate alcune regole di comportamento a tavola, una sorta di galateo che impone di non mangiare cibi troppo caldi, non guardare fissamente chi mangia, fare piccoli bocconi e anche non soffiare su una pietanza o una bevanda per raffreddarla.

Ma forse la più interessante regola musulmana, e per noi difficilissima da comprendere, è il mese del Ramadan, che richiama il periodo in cui Allah rivelò il Corano a Maometto: in un’immagine di grande poesia si dice che in questo periodo i cancelli del paradiso sono aperti, e chiusi quelli dell’inferno. Il Ramadan è il mese della purificazione, della preghiera e della carità: ci si deve astenere dal mangiare e dal bere dall’alba al tramonto, e dal rispetto di questa regola sono esentati solo i bambini, i malati e le donne in gravidanza e in allattamento. Non si può fumare né svolgere attività sessuale, tutto deve essere puro e vicino a Dio e alla sua parola, e solo al tramontare del sole si può tornare a ristorare i sensi.

E ora veniamo a noi, i Cattolici, che siamo forse la religione più permissiva e tranquilla in fatto di cibo. Il precetto più restrittivo che abbiamo è quello che imporrebbe di non mangiare carne ogni venerdì, inoltre il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo bisognerebbe osservare il digiuno e l’astinenza, ma penso che ormai siano molto pochi quelli che seguono rigorosamente questi precetti. Anticamente, nella religione cristiana il divieto di mangiare carne era legato soprattutto all’idea, non del tutto peregrina, che i cibi molto proteici accendessero la libido, e spingessero l’uomo a essere dominato dagli istinti, allontanandolo dalla spiritualità. La cosa che ogni cattolico dovrebbe ricordare è che il cibo che si trova sulla tavola è un dono di Dio, che per questo va ringraziato. Chi ha cinquant’anni o giù di lì ricorderà senz’altro il segno della croce che si faceva fare ai bambini prima di mangiare, e le poche parole farfugliate velocemente per la gran fame: «Dio ti ringrazio per il cibo che ci hai dato, Amen». E poi giù con le forchette!

Secondo il Vangelo di San Matteo, Gesù disse parole eloquenti e molto aperte riguardo al cibo: «Non è ciò che entra nella bocca che contamina l’uomo; ma quel che esce dalla bocca contamina l’uomo… poiché dal cuore provengono pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazione, maldicenze, false testimonianze. Queste sono le cose che contaminano l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non contamina l’uomo». Certo queste parole servivano anche a differenziare la religione cristiana dall’ebraica, esprimendo anche in questo campo il senso di una religione del tutto nuova. Concretamente, la simbologia del pane e del vino come corpo e sangue di Cristo ha reso molto più semplice l’uso del vino, favorendo così la coltivazione della vite e indirettamente l’economia di tutta l’area mediterranea. Anticamente anche nel Cristianesimo erano presenti riti legati al cibo, come quello di bere cinque sorsi di vino in ricordo delle cinque ferite di Cristo sulla Croce, oppure l’abitudine di dividere il cibo in quattro parti, tre per la Santissima Trinità e uno per la Vergine Maria. Per chi ama cucinare e sperimentare sapori, essere cattolico crea senz’altro meno problemi.

Se invece volete diventare Bhuddisti, seguendo una delle religioni più tolleranti e pacifiche del mondo, ricordatevi però che dovrete rinunciare per sempre a mangiare carne. Anche se vi interessa l’Induismo sappiate che essere vegetariani è da preferire, infatti nel Manusmrti, antichissimo testo delle leggi induiste, si trovano queste parole: «Si diventa degni della salvezza quando non si uccide alcun essere vivente»

Non è semplice mescolare la religione con il cibo, l’unica cosa che mi sento di raccomandare è rispettare ogni particolarità alimentare degli altri, senza tentare di convertire nessuno. Libertà e rispetto del pensiero altrui farebbero del mondo un posto migliore.

Claudia Menichini
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