Se Firenze riscopre Mario Castelnuovo-Tedesco

FIRENZE – Il 2 e 3 marzo il Conservatorio Cherubini, una monolitica presenza a Firenze da 170 anni, ha tentato un’impresa davvero singolare: cimentarsi con un’opera di Mario Castelnuovo-Tedesco, un autore che nel nostro Paese viene riesumato solo per la letteratura chitarristica. Chiunque tenti di uscire dalla cerchia del nome o del titolo trito è sempre il benvenuto, specie se a farlo è un Conservatorio: se il casus belli è far affrontare agli studenti – specialmente quelli delle classi di canto – la rappresentazione di un’opera, il Conservatorio Cherubini, in collaborazione con il Maggio Musicale Fiorentino, merita un sincero apprezzamento per non aver sfornato l’ennesimo Barbiere di Siviglia ma di aver approcciato qualcosa di molto meno usuale, L’importanza di esser Franco. L’opera, una trasposizione integrale di The importance of being Earnest di Oscar Wilde, è un’opera che può essere rivalutata sotto il profilo didattico in quanto è un buon banco di prova per i cantanti ancora in fieri: i personaggi non sono praticamente mai soli in scena, hanno modo di potersi appoggiare gli uni agli altri, ma è comunque un titolo di una durata cospicua (circa due ore di musica), che quindi non fa sconti a nessuno; inoltre per le due rappresentazioni, entrambe sulle tavole del Teatro Goldoni, la produzione si è avvalsa di due cast, dando la possibilità a un buon numero di allievi di accostarsi a una reale rappresentazione operistica.

Da sinistra: Alessandro Agostinacchio (Lane) e Ming Yu Zhang (Algernon)

La breve overture, in cui Mario Castelnuovo-Tedesco gioca su un’atmosfera da Péchés de vieillesse, permette di sfoggiare l’organico di questa «opera da camera per otto cantanti» costituito da due pianoforti e percussioni, i primi affidati a Giovanni Del Vecchio e Antonella Bellettini, le seconde a Niccolò Crulli, che – a causa di un’indisposizione del collega – si è ritrovato da solo a gestire una parte scritta per due percussionisti. La parte affidata agli strumenti pone diverse problematiche, sostanzialmente perché si snoda come un flusso ininterrotto dalla prima all’ultima nota dell’atto, costituito da idee che si accavallano una sull’altra senza concedere un attimo di tregua agli interpreti: una simile mole di lavoro è senz’altro impegnativa da gestire, ma tanto i pianisti quanto il percussionista hanno svolto un lavoro impeccabile. Buona la direzione di Gabriele Centorbi: sicuro e pulito (forse ancora un po’ troppo “scientifico” nel gesto), ha sostenuto bene gli strumentisti in buca ma soprattutto i cantanti che hanno trovato in lui un prezioso, affidabile punto di riferimento. Analogamente la regia di Francesco Torrigiani – coadiuvato da Anna Tereshchenko – e le scene di Gabriele Vanzini, sia pure con semplicità, hanno senza dubbio agevolato gli interpreti sul palco; capita fin troppo di frequente vedere situazioni sceniche che mettono deliberatamente in difficoltà i cantanti, si tira un sospiro di sollievo quando si vedono queste attenzioni.

Da sinistra: Magdalena Urbanowicz (Lady Bracknell), Silvia Spessot (Guendalina) e Francesco Lucii (Jack)

Venendo alle voci, quest’opera di Mario Castelnuovo-Tedesco nasce con un grave handicap: i due protagonisti sono entrambi tenori e questo alza notevolmente il fattore di rischio perché trovare due tenori in grado di reggere parti così impegnative, soprattutto perché ci si ritrova ad avere due protagonisti con caratteristiche vocali davvero molto simili. I giovani Francesco Lucii e Ming Yu Zhang, rispettivamente interpreti di Jack “Franco” Worthing e Algernon Moncrieff, si sono trovati ad affrontare una prova importante con esiti differenti: Ming Yu Zhang si è mostrato piuttosto rigido sulla scena, per quanto riguarda la vocalità non c’è male ma necessita di lavoro per scrollarsi di dosso un po’ di freddezza; per converso Lucii era decisamente più a suo agio nella recitazione, ma la voce è ancora parecchio timida: è pacifico che in un titolo di Mario Castelnuovo-Tedesco sia richiesta una vocalità leggera, ma la presenza vocale deve esserci. Bisogna però sottolineare che Ming Yu Zhang era colpito da influenza da ben quattro giorni e che Francesco Lucii si è trovato ad affrontare una recita non prevista (si era esibito anche nella rappresentazione del 2 marzo) dovendo sostituire l’indisposto Claudio Zazzaro.
Va da sé che in un’opera corale come questa, hanno rilievo non solo i ruoli principali ma anche quelli di contorno, come nel caso dei due maggiordomi. Il baritono Gonzalo Godoy Sepulveda (Merriman) ha incontrato le stesse difficoltà di Ming Yu Zhang nell’adattarsi al mondo del palcoscenico; bravo Alessandro Agostinacchio come Lane: nonostante sia un personaggio davvero marginale con una parte limitata a poche battute, questo giovane basso ha dimostrato una buona padronanza scenica e un bel timbro vocale, tanto che mi dispiace di non aver assistito alla rappresentazione dell’1 marzo, dove ha ricoperto il più ampio ruolo del reverendo Chasuble. A proposito di questo personaggio, nella recita di domenica 3 era interpretato da Claudio Mugnaini (basso, ovviamente): sulle prime ha presentato una certa rigidità, ma si è ripreso presto e si è rivelato un buon interprete, soprattutto sotto il profilo attoriale. 

Interessante il soprano Silvia Spessot nei panni di Guendalina Fairfax, la sua vocalità morbida e sottile si lega bene alla natura del personaggio. Francesca Mercuriali, questo soprano dalla voce fresca, ricca di armonici, ha regalato al pubblico una Cecilia Cardew vivace, zampillante, antitetica e complementare – come Wilde comanda – alla più sofisticata Guendalina. Il mezzosoprano Idil Karabulut ha validamente interpretato la seriosa governante Miss Prism, tanto vocalmente quanto attorialmente, con maturità d’intenzione e una buona dose di intuitività. Ultima ma non ultima la terribile Lady Bracknell, qui impersonata dal contralto Magdalena Urbanowicz: dotata di una voce scura e imperiosa, la Urbanowicz si è resa protagonista di una performance gustosa, mai pesante o eccessiva, tale da attirare su di sé l’attenzione del pubblico a ogni ingresso (come se non bastasse la Cavalcata delle Walkirie).

Complessivamente il cast di questo progetto, nel nome di Mario Castelnuovo-Tedesco, coordinato dal sopracitato Giovanni Del Vecchio si è dimostrato di buon valore, mettendo in luce tanto i punti di forza di ognuno quanto gli aspetti che necessitano di qualche accortezza in più: occasioni di questo tipo vanno assolutamente incoraggiate, in modo che i cantanti emergenti possano compiere su sé stessi un lavoro in base a un riscontro diretto colle difficoltà reali di una rappresentazione in teatro; la strada tracciata dal Conservatorio Cherubini e dal Maggio Musicale Fiorentino è quella giusta, c’è da augurarsi che proseguano in questa direzione. 

Da sinistra: Gonzalo Godoy Sepulveda (Merriman), Ming Yu Zhang (Algernon), Francesca Mercuriali (Cecilia), Magdalena Urbanowicz (Lady Barcknell), Francesco Lucii (Jack), Silvia Spessot (Guendalina), Idil Karabulut (Miss Prism) e Claudio Mugnaini (Reverendo Chasuble).

 

Photocredit: Michele Monasta.

lfmusica@yahoo.com

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