“Pia de’ Tolomei” e il teatro di qualità

PISA – La curiosità di un titolo davvero poco noto (ma frutto dei lombi dell’amatissimo Gaetano Donizetti), un’importante collaborazione internazionale che lega i teatri del circuito Lucca-Pisa-Livorno agli Stati Uniti, la prima stagione firmata al nuovo direttore artistico Stefano Vizioli: è naturale che la serata d’apertura della stagione lirica del Teatro Verdi di Pisa, quest’anno consacrata alla Pia de’ Tolomei, fosse molto attesa (complice anche il singolare “Pia tour” che ha visto il M° Vizioli viaggiare per la Toscana nei luoghi simbolo della storia della sventurata Pia, un documentario curato da Imaginarium Creative Studio).

Una scena dell’Atto I

Una prima molto coraggiosa, insomma, e che – anche sulla carta – si discosta di molto dalla precedente politica del Verdi. Tuttavia, nel mondo del teatro meriti e insuccessi si attribuiscono in un’unica modalità: l’idea deve andare sul palco e lì si vede se funziona o no.
La sera di sabato 14 ottobre è stata la “prova del nove” per il Teatro di Pisa. Il pubblico c’era, e numeroso, un pubblico anche più variegato rispetto al solito: non solo gli habitué del Verdi ma anche studenti e stranieri in misura molto maggiore all’usato e anche nel clima vivace che, come da tradizione, accompagna la serata d’inaugurazione era palpabile l’attesa, una certa tensione sottile, quella di chi non sa cosa aspettarsi e che già si prepara ad assistere alla rappresentazione con attenzione e scrupolo.

Da sinistra: Claudio Mannino (Lamberto), Francesca Tiburzi (Pia), Silvia Regazzo (Bice).

Qualsiasi forma di diciamo pure diffidenza è stata immediatamente spazzata via dagli accordi del fragoroso Preludio, che fa respirare subito “aria di casa” ai melomani. Quelle poche battute, tra i brillanti colpi d’arco e gli scoppi metallici dei piatti, hanno anche fatto percepire molto chiaramente che il livello dell’esecuzione sarebbe stato sicuramente molto alto, come difatti è stato: bisogna ringraziare di questo il M° Christopher Franklin, che ha guidato orchestra e cast con grazia magistrale e un gusto musicale che ha saputo valorizzare la nobiltà della musica di Donizetti. Col suo gesto chiaro e limpido, ha acquisito nuovo vigore anche l’Orchestra della Toscana: già protagonista di diverse rappresentazioni nello storico teatro, nell’esecuzione di questa Pia de’ Tolomei l’ORT ha fornito una delle sue migliori performance pisane degli ultimi anni.

L’allestimento, per parte sua, è apparso assolutamente in linea con la visione del M° Franklin di questa strana opera, dove le azioni prettamente scenico-operistiche sono davvero poche e si dà maggior rilievo al contesto narrativo. Le meravigliose scene di Dario Gessati, così perfette e semplici nella loro efficacia, riescono ad adattarsi meravigliosamente ai vari cambi di ambientazione imposti dal libretto e la loro forza è di molto amplificata dal felice connubio con i costumi di Tommaso Lagattola – da segnalare non solo per la bellezza ma anche per la grande precisione e dovizia di particolari con cui sono stati preparati – e le luci curate da Fiammetta Baldassarri, il tutto supportato dalle videoproiezioni realizzate dal sopracitato Imaginarium Creative Studio, davvero ben riuscite e di grande effetto. 

Giulio Pelligra (Ghino)

Si può ben dire che il regista Andrea Cigni, la cui mano ha sapientemente guidato la realizzazione dell’allestimento, abbia ottenuto il massimo risultato lavorando con (relativamente) pochi elementi. O, meglio ancora, ha dimostrato quanto l’essenzialità possa essere scenicamente efficace, anche attraverso idee semplici: ad esempio, la presenza di molti dipinti visibili allo spettatore che però, man mano che ci si avvicina al tragico finale, vengono prima coperti, poi addirittura rimossi, abbassando notevolmente la temperatura dell’ambiente.
Forse la scelta di trasformare guelfi e ghibellini in fascisti e partigiani può essere vista come un po’ didascalica, tuttavia bisogna avere l’onestà intellettuale di ammettere che questa esasperazione dell’avversità fra opposte fazioni non solo ha reso più chiara la conflittualità su cui verte buona parte dell’economia dell’opera, ma ha anche palesato in modo inequivocabile i malcelati riferimenti del librettista Cammarano alla situazione politica dell’Italia di allora.

Da sinistra: Giulio Pelligra (Ghino), Valdis Jansons (Nello)

In tutto ciò, il cast vocale è stato all’altezza di aspettative, regia e direzione, a cominciare dal Coro Ars Lyrica diretto da M° Marco Bargagna: estremamente efficace nelle parti riservate al solo coro, salda compagine e sostegno ai solisti nelle scene d’assieme.
Come già accennato sopra, Pia de’ Tolomei è un’opera inconsueta per l’epoca in cui è stata composta, data la grande rilevanza riservata all’aspetto narrativo della vicenda. Questo fa sì che si vada a creare un problema di fondo: tutti, dai protagonisti alle comparse, devono essere credibili all’interno del proprio ruolo, altrimenti questo meraviglioso castello di carte non può che crollare; è quindi d’obbligo rivolgere sinceri complimenti ai comprimari, che hanno saputo sostenere – senza neppur il minimo cedimento – l’illusione evocata da Donizetti. In questo senso, anche una parte che di primo acchito sembrerebbe quasi irrilevante, come quella del Custode della Torre di Siena acquisisce un peso non indifferente, lo sa bene il bravo Nicola Vocaturo! Poco incisivo vocalmente il tenore Christian Collia (Ubaldo), ma è riuscito a dare al proprio personaggio una connotazione psicologica sottile, a suo modo interessante, così come Claudio Mannino (Lamberto), basso dotato di bella voce e grande espressività. 
Ottima Silvia Regazzo (Bice) che ha mostrato una vocalità solida, udibile distintamente anche negli interventi d’assieme; sarebbe molto interessante poterla vedere anche in altri ruoli meno marginali. Di grande effetto l’esibizione del basso Andrea Comelli (Pietro): la sua figura è stato un felicissimo connubio di ars canora e presenza scenica, tale da catturare il favore del pubblico in poche scene.

Giulio Pelligra (Ghino), Valdis Jansons (Nello), Francesca Tiburzi (Pia), Silvia Regazzo (Bice), Christian Collia (Ubaldo)

Da sinistra: Valdis Jansons (Nello), Giulio Pelligra (Ghino), Andrea Comelli (Piero)

Venendo ai quattro protagonisti, una menzione speciale la merita sicuramente la bravissima Marina Comparato, interprete di Rodrigo, fratello di Pia. Oltre alla difficoltà di vestire i panni di un personaggio en travesti, che deve risultare assolutamente credibile, bisogna aggiungere il fatto che Donizetti riserva al mezzosoprano alcuni punti tutt’altro che facili da gestire (sia individualmente, sia in assieme), ma che il M° Comparato ha interpretato con splendida verve, un esempio per tutti lo sfavillante L’astro che regge i miei destini.
Parlando di brillantezza, non si può far altro che pensare al tenore Giulio Pelligra: tenore dotato di un timbro squisitamente cristallino, Pelligra è riuscito non solo a portare in scena un ottimo Ghino, ma anche a mettere a nudo la sua interiorità, creando un personaggio tanto interessante da un’ottica drammaturgica quando di sicuro impatto per quanto concerne l’aspetto musicale, riuscendo con la sua voce duttile a passare da tinte a dir poco fosche fino ad atmosfere eroiche, nella migliore tradizione ottocentesca.

Meno appariscente ma davvero affascinante il Nello del lettone Vladis Jansons. Un ruolo pericoloso, eternamente in bilico tra amore e violenza (un autentico Otello); Jansons ha ben saputo marcare ambedue le anime del proprio personaggio, passando repentinamente da uno stato d’animo all’altro e forse proprio in questo ha trovato il giusto equilibrio. Non si potrebbe fare un bilancio della sua performance senza citare ogni singolo passo in cui è coinvolto, perché Nello è legato ai quadri “narrativi” molto più di ogni altro personaggio dell’opera ed è proprio in questi momenti che ha veramente dato il meglio di sé, come nel finale dell’Atto I in cui torreggiava imponente sugli altri.
Il soprano Francesca Tiburzi, invece, è forse l’interprete ideale di Pia: nonostante il gran daffare che si è dato Cammarano per rendere la storia meno gotica rispetto a come l’aveva narrata il poeta Sestini, Pia de’ Tolomei resta un’opera in cui dominano le tinte cupe, e il suo timbro molto particolare, scuro, umbratile, si sposa perfettamente con quello che Verdi chiama “il colore dell’opera”. Ora seducente, ora commovente, la sua Pia non è l’inconsapevole vittima di una scacchiera ben più grande di lei ma un personaggio di grande spessore, che sceglie la via del sacrificio per coprire la fuga del fratello, che decide di continuare ad essere lo strumento per cui le due opposte fazioni devono abbandonare le armi. 

È fuor di dubbio che questa Pia de’ Tolomei sia stato uno spettacolo, per ideazione e realizzazione, sopra alla consueta media offerta gli anni scorsi dal Teatro Verdi: dalla grande intelligenza dell’allestimento all’ottima esecuzione musicale, ogni singolo spettatore ha sicuramente notato il “cambio di direzione”, ben più che sensibile (che, come già detto prima, ben si vedeva anche sulla carta), un cambiamento che è stato subito premiato dalla calorosa approvazione da parte del pubblico. Se gli altri titoli seguiranno la linea di questa Pia, si profila una stagione estremamente interessante.

Photocredit: Imaginarium Creative Studio

lfmusica@yahoo.com

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