A Christmas Carol, tra dannazione e redenzione

 

Christmas Carol

Pochi giorni ci dividono dal Natale e uno dei classici indiscussi della letteratura natalizia di sempre resta Il “Cantico di Natale” (“A Christmas Carol“, nel titolo originale) pubblicato nel 1843 da Charles Dickens. A Christmas Carol, tra le opere più celebri dell’autore inglese, è il romanzo breve più noto all’interno della più ampia raccolta “Libri di Natale” (The Christmas Books).

Infiniti i rifacimenti e le citazioni da quest’opera di Dickens (dal cartoon della Walt Disney fino al recente film in 3D, uscito nelle sale nel 2009) e questo perché Cantico di Natale sa essere al contempo, tanto un racconto profondamente intriso dello spirito di questa festa, quanto un romanzo senza tempo, universale nell’indagare la natura umana.

A Christmas Carol non è solo una favola da leggere ai bambini, ma molto altro: è un racconto di Natale, una storia di fantasmi, un atto di forte critica sociale che Dickens rivolge all’ipocrisia della società vittoriana, un affresco di una Londra avvolta nell’inverno ed infine una storia che riflette sull’uomo, sul bene e sul male che vivono in noi e sulla possibilità del cambiamento.

untitled (5)La trama è nel complesso semplice e la storia è suddivisibile in poche parti. La vicenda si svolge tra il ventiquattro e il venticinque dicembre e vede come protagonista il vecchio Scrooge, un usuraio avaro, egoista e crudele tanto che addirittura “i cani guida potean trovar conforto nel fatto che i padroni non avessero a vedere un tal bieco spettacolo. Del tutto insensibile al Natale, che considera una perdita di tempo, Scrooge costringe il suo impiegato Bob Cratchit, un minuto padre di famiglia, retribuito di soli quindici scellini la settimana, a presentarsi al lavoro persino la Vigilia di Natale.

Durante la notte, Scrooge, riceve la visita del fantasma di Marley, il suo vecchio socio che, a causa del suo trascorso terreno punteggiato di ingiustizie verso il prossimo, è costretto a vagare per l’eternità trascinandosi pesanti e lunghissime catene. Questi predice a Scrooge il medesimo destino, dopodiché gli preannuncia l’imminente arrivo di tre spiriti che gli faranno visita nel corso della notte. Il primo ad arrivare è lo spirito del Natale Passato, chiamato a mostrare al vecchio avaro quanto la vita gli sorridesse prima di votarsi al Dio Denaro.

Il secondo è Lo Spirito del Natale Presente che porta Scrooge sopra i tetti della città dormiente fin dentro la modesta casa del suo dipendente Cratchit, dove Scrooge scopre la terribile verità: oltre che troppe bocche da sfamare, l’uomo ha anche un figlio molto malato, il piccolo Timmy, del quale lo spirito prevede la morte. Immancabile arriva infine lo Spirito del Natale Futuro che mostra a Scrooge la propria morte solitaria, poiché, non avendo amato nessuno, nessuno lo ha amato. Lo Scrooge che si sveglia al mattino del venticinque dicembre è una persona diversa, una persona che ha riconquistato l’amore nella vita e ha riscoperto il valore della misericordia, tanto che “Con gli Spiriti non ebbe più da fare; ma se ne rifece con gli uomini. E di lui fu sempre detto che non c’era uomo al mondo che sapesse così bene festeggiare il Natale. Così lo stesso si dica di noi, di tutti noi e di ciascuno! E così, come Tiny Tim diceva: “Dio ci protegga tutti e ci benedica”.

Così si chiude A Christmas Carol, una storia sulla bontà del Natale, un racconto per bambini ma che vuole far riflettere anche i grandi sul significato e le conseguenze che derivano da due parole che connotano la nostra cultura cristiana: Dannazione e Redenzione. E, se anche il cattivissimo Scrooge può sottrarsi alla dannazione eterna e rinascere a uomo nuovo, allora per chiunque esiste la possibilità di cambiare il corso del proprio destino con la forza della misericordia e del perdono. Scrooge ottiene la salvezza grazie all’aiuto dei tre spiriti del Natale che, nella realtà, potrebbero rappresentare non altro se non un viaggio a ritroso nella nostra coscienza.

untitled (8)Dickens nel suo racconto mette in netta contrapposizione non solo due valori profondamente cristiani ma anche due aspetti antropologici universali: la sacralità della misericordia e della compassione contrapposti alla profanità dell’ essere di fronte a ciò che c’è di più sacro, ovvero il rispetto dell’uomo, tanto più laddove alberga la povertà e la sofferenza. La figura di Scrooge incarna, per antonomasia, il crollo dell’altruismo e il trionfo del bieco individualismo, l’unico interesse, nell’aridità dei sentimenti, è accrescere il numero dei propri denari, vedendo, in chi ne ha bisogno, solo un “peso inutile” per la società“.

Ma Scrooge si salverà, riscoprendo a Natale, giorno sacro per eccellenza, il valore profondo della misericordia, intesa come la compassione che ci fa sentire vicini e insieme col prossimo.

Ora molti lettori si saranno domandati o potrebbero domandarsi :“Cosa sarebbe successo al nostro Scrooge se non fossero arrivati i tre spiriti inviatigli da Marley? Ebenezer Scrooge avrebbe conosciuto ugualmente la forza della redenzione? Alla fine solo la paura ci salva?” Il pentimento per i propri peccati non dovrebbe essere espressione di un’autentica volontà individuale di redimersi, invece che una scelta fatta in nome di una ricompensa futura?

Dickens invece, con l’inserimento dei tre spiriti, che spaventano un impaurito quanto incredulo Ebenezer Scrooge, suggerisce, in modo evidente, come sia la certezza della salvezza ciò che si spinge a vivere un’esistenza fatta di misericordia, altruismo e carità.

Ipocrisia? Ai lettori l’ardua sentenza, ma resta il fatto che Dickens scrive nel 1800 e lo fa pensando a un pubblico ben preciso al quale vuole sottoporre una storia fortemente esemplificativa nel messaggio morale di cui si fa carico.

Christmas CarolScrooge è un uomo ricco, ma avido di cuore e Dickens non poteva scegliere personaggio più crudele come simbolo cui rivolgere la sua critica feroce alla società vittoriana del tempo, cristiana per fede e codice morale, ma profana nei comportamenti.

La società di Dickens è una società che ha profanato i valori su cui dichiara di fondarsi e questo diviene lampante nelle parole con le quali Scrooge parla del Natale definendolo “ un giorno lavorativo al pari d’ogni altro, ma per taluni miserabili costituisce il giorno in cui è reso lecito l’illecito; vale a dire spilllar denaro ad un nobil uomo con il pretesto della carità!.

Ma non c’è rassegnazione in Dickens. Anche Scrooge può cambiare, tanto che, davanti all’insensatezza del morte preannunciata del piccolo Timmy, anche Scrooge, per la prima volta, riesce a scoprire il dono inestimabile della compassione, del provare amore nei confronti del prossimo, ridonando sacralità a quei valori che prima aveva denigrato e svilito.

Le diseguaglianze sociali esistono, nel mondo ci sarà sempre uno Scrooge, ma questo non significa che certe differenze non possano essere superate, riscoprendoci tutti uomini.

E chissà, forse il messaggio di Dickens, in un mondo così lontano dal perbenismo della sua Londra ottocentesca, ad alcuni risuonerà ancora attuale, tanto più sotto Natale, laddove si creda, come il nostro autore, che è solo l’umano e l’uomo l’unica via per la salute della nostra società.

Nicola Di Nardo e Biancamaria Majorana

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