Intervista a Cristina Gardumi… E alle sue creature ibride
Attrice, pittrice, performer, visual artist a tutto tondo, Cristina Gardumi è un’artista dalle mille risorse e dalla poetica affascinate. Dopo aver concluso l’Accademia di Belle Arti di Verona nel 2002, si è dedicata all’arte della performance e al teatro sperimentale frequentando l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma.
Vincitrice del premio Celeste 2011 e dell’Arte Laguna Prize 2012 per la categoria di pittura, è stata la protagonista di molte esposizioni e mostre personali come ZOOART 2013, COMBAT PRIZE 2013 (Livorno), SET UP (Bologna), Itsliquid International Contest 2013, GirlBook/BoyBook (Napoli), la Biennale di Casablanca del 2012, ARTVILNIUS’12 etc. Vive e lavora tra Pisa, Genova e Roma e recentemente ha esposto presso la Sala Dogana del Palazzo Ducale di Genova, in una personale dal titolo Gli adulti non esistono, conclusasi il 15 marzo. Cristina è particolare. Io non la conoscevo prima di questa intervista, e di ciò mi sono dispiaciuta molto. Ho amato subito la sua opera, dal primo momento in cui ho iniziato a documentarmi per cercare di capire al meglio il suo stile e il suo lavoro. Cristina è una persona di estrema delicatezza e finezza, e queste caratteristiche le ho riscontrate anche in molti dei suoi disegni: crea le sue storie figurate unendo gestualità teatrale, emozioni, impressioni e impulsi profondi, ad una continua e dolce lotta con il supporto con cui si approccia per dipingere e disegnare. La sua arte è fatta di segni, graffi, liquidi e inchiostri, dove l’umano si fonde con l’animale, o dove l’animale assume una ritualità tipica dell’uomo. Cristina quando disegna lavora senza rete, si butta nel vuoto del supporto senza nessuna possibilità di ripensamento: una volta tracciato il segno, quello resta impresso in eterno e il supporto assorbe così ogni incertezza della mano, ogni sbaglio, ogni tratto. La creatura ibrida nasce da un processo confuso, dove l’errore, se presente, ha il coraggio di mostrarsi al pubblico… Ma mi voglio fermare qui, perché per conoscere meglio questa pittrice vi voglio lasciare con le sue parole…
Cristina sono rimasta colpita dalle figure della tua ultima mostra Gli adulti non esistono. Su cosa si focalizza questa esposizione? Quale è il tema preponderante?
Il tema nasce da un lavoro che ho realizzato l’anno scorso. Io lavoro con la contaminazione delle specie e dei generi, mi piace che i miei personaggi parlino di alcune tematiche che emergono nel momento in cui creo: non sono io che mi metto a pensare di cosa parlare. Il tema lo trovo in un secondo momento dopo aver disegnato. Per Gli adulti non esistono ho voluto esaminare i rituali di passaggio, ho descritto piccoli personaggi infantili che trovano i loro rituali nella vita quotidiana, gesti semplice che vengono visti come rituali che servono per diventare adulti. A Genova ho preso in esame un particolare animale (cosa che faccio raramente), ovvero la scimmia, nel rapporto che ha con l’umanità. La scimmia è animale e non, come in alcuni dipinti di un artista di fine ottocento (Gabriel Cornelius Ritter von Max, 23 Agosto 1840 – 24 Novembre 1915, pittore austriaco nato a Praga n.d.r.) le scimmie erano ritratte mentre si comportavano come umani, leggevano libri, erano vestite elegantemente. È bello vedere un tema come questo trovare una continuità nella mia opera. La mia istallazione comprendeva 13 disegni 100cm x 140 cm, su carta velina, una carta molto fragile, lavorare con un rapporto tra supporto e contenuto mi piace molto…
Ecco parlami dei tuoi supporti, del tuo lavoro con la superficie…
Fisso sempre i fogli senza cornice, mi piace che i miei lavori siano su supporti fragili e deteriorabili, che siano esposti al caso e alle intemperie, a una ragazza ubriaca che si schianta contro i miei disegni (come mi è successo una volta)… I danni del tempo e della temperatura che subisce il disegno sono danni che si uniscono al mio segno grafico. Più il supporto è fragile, più mi diverto. Lavoro su carta bagnata, con il caffè, la carta tende a rompersi, è una sfida per me! È il mio rito di passaggio…
Ci sono dei supporti che preferisci?
Io amo la carta, tutti i tipi di carta possibili. In passato ho usato l’olio, le tele, il legno, ma la carta è più vicina alla mia poetica. La posso strappare e accartocciare, può diventare una scultura…La carta è immediata e stimola la mia immaginazione, la tela e l’olio rendono il segno statico, necessitano di lavori lenti, di accurate sfumature. Io amo le sfumature ma preferisco farle giocando con il supporto cartaceo e in pochi minuti, lavorando anche con le dita ottengo sfumature che avrebbero con l’olio tempi lunghissimi. Mi piace il mio rapporto fisico col mio supporto.
Ci sono artisti in particolare che ti hanno ispirato nelle tue opere?
Dunque per quanto riguarda la mia poetica e il mio percorso posso dire che Kiki Smith mi ha colpito molto, oppure anche Louise Bourgeois, artiste donne che hanno saputo trasformare la loro vita in un percorso artistico, trovando la commistione tra l’universale e il particolare delle loro vite e delle loro sofferenze. Sono legata alle artiste femmine, di tutte le epoche.
I tuoi soggetti sono sempre stati questi che hai esposto negli ultimi anni?
Assolutamente no! In Accademia lavoravo su grandi tele astratte, informali, puntavo su questi elementi. Poi ho pensato che questo fosse un alibi, un modo per nascondere qualcosa a me e agli altri. Io lavoro direttamente con l’inchiostro, non faccio mai bozzetti prima, il mio segno non lascia scampo! Il disegno che creo è ciò che voglio dire e che non riesco a dire, una cosa a cui sono legata nel profondo. Se ci sono errori nel disegno lo devo accettare così, magari mi farà più male di altri ma entra anche lui a far parte di una storia.
C’è un intento, un messaggio dietro le tue creature ibride che spesso esponi?
L’intento preciso non lo so. Credo che l’artista non debba sapere dove sta andando. Lo deve scoprire, se tu sai già dove arrivare sei uno scienziato! L’artista (pittore o attore) non parte con un obiettivo preciso da raggiungere, l’artista deve sorprendersi sempre durante il suo percorso di creazione. Il lavoro è una scoperta costante, basato sul caso, elemento che fa parte del mio lavoro. Inoltre non voglio dare molti indizi alla mia lettura del lavoro, voglio che le persone trovino qualcosa di proprio nei miei disegni, non voglio eccessivamente guidarle alla scoperta di un messaggio.
Ultima domanda per i curiosi: hai una galleria d’arte di riferimento?
Si a Genova. Aboutness Contemporary Art, dove in corso c’è una mia mostra che parla della costruzione dell’identità femminile, ho un mio cast di creature… i miei personaggi parlano di questo. Vi farò una performance a giugno che affronta il tema dell’identità della donna e in questa occasione trasformerò il mio corpo in segno, è una cosa che amo fare.
Grazie Cristina, a presto!
Virginia Villo Monteverdi
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