Verdiana Raw: il nuovo album Whales Know The Route

FIRENZE –  Il 20 maggio è uscito il secondo album della cantautrice Verdiana Raw, Whales Know The Routeper l’etichetta Pippola Music, distribuito in Italia da Audioglobe e da Rough Trade (nel resto d’Europa) a partire dal prossimo settembre. Verdiana è un’artista eclettica e multiforme: cantautrice, pianista, violinsta e performer, fonde nei suoi lavori diverse discipline tra musica, teatro, danza, musicoterapia, pittura e poesia. Con alle spalle un primo lavoro dal titolo Metaxy (2012), classico ed etereo, Verdiana per Whales Know The Route ha esplorato derive più rock, mantenendo un forte legame con l’immaginario musicale dark e tribale alla Dead Can Dance. Per il secondo album la cantautrice si è avvalsa della produzione di Paolo Favati dei Pankow (che ha suonato il basso in tutti i brani dei disco), insieme a diversi musicisti come Erika Giansanti (viola, violino, violoncello), Antonio Bacchi (chitarra) e Fabio Chiari (batteria). Di tutto questo e di molto altro ci racconterà Verdiana, soffermandosi in particolare sul suo ultimo lavoro.

verdianaraw

Verdiana il suo ultimo album ha un titolo viaggiante. Cosa vuole comunicare con il titolo Whales Know the Route?

«Penso che il coraggio, o meglio la non paura, e la fiducia nel proprio istinto siano le condizioni che vorrei si trasferissero dai brani di Whales, anche se solo per il tempo di un ascolto. Le balene sanno la rotta: viaggiano nell’oceano seguendo linee a noi invisibili e comunicando in modo a noi impercettibile, ma non si perdono. Anche a livello di totem la balena ha il significato di trasportare e racchiudere una memoria cosmica: tutto sanno e hanno in sé».

Quanto voci come quella di Bijork, Diamanda Galas e di Elizabeth Fraser hanno influenzato le sue sperimentazioni vocali nell’ultimo album?

«Diamanda Galas ed Elizabeth Fraser sono state fra i miei primi amori fin dall’inizio del mio percorso, e anche se con il tempo me ne sono pacificamente distaccata, sicuramente la loro impronta mi accompagna».

Per le composizioni di pianoforte chi sono stati i maestri che maggiormente la hanno ispirata? According To Satie è riferita al compositore e pianista Erik Satie immagino…

«Sono figlia di pianista e insegnante di musica, quindi ho molto ascoltato i master composers, nel mio cuore da subito ci sono stati senza dubbio Chopin e Debussy, poi Satie mi ha suggerito quanto universo possa esserci nella semplicità apparente. According to Satie vuole essere un omaggio non tanto al compositore quanto alle sensazioni immense che mi regalano le sue note. Avevo voglia di continuare a danzare nell’aria per conto mio».

Paolo Favati e Verdiana Raw, foto di Alessandra Panerai (per gentile concessione)

Paolo Favati e Verdiana Raw, (foto di Alessandra Panerai, per gentile concessione)

Lei è anche una performer oltre che una musicista. Cosa l’ha spinta ad avvicinarsi al teatro e alla performance? In che modo crede che la musica e le arti visive possano trovare un punto di unione?

«Nel tempo le arti si sono spontaneamente unite e sempre più intrecci ci portano a vivere piene sinestesie. Io personalmente amo la sintesi e non potrei da spettatrice e sperimentatrice esimermi dal cercare la completezza espressiva, concettuale sinaptica corporea emotiva spirituale in nuove formule. Amo Meredith Monk, Marina Abramovic ed altri. Nell’essere cantautrice cerco un modo di portare pezzetti di quei mondi con me, e non disdegno separare il cammino di musicista da quello – più percorso per il mio unico piacere – di improvvisata performer o ideatrice di installazioni e concept per performances eseguite da altri. A volte ho bisogno di mettermi dietro le quinte e lasciare che le mie idee siano incarnate da altri che magari  rispetto a me hanno più consapevolezza del movimento o della luce».

Durme Durme è una bellissima reinterpretazione di una ninna nanna della tradizione sefardita. Sento nei suoi pezzi il riferimento a musiche folk orientali ma anche celtiche, un volersi avvicinare a canti di un’umanità ancestrale. Come mai ha scelto questi riferimenti?

«L’ho scoperta ascoltando una raccolta di interpretazioni di musica antica di Jana Lewitova. Me ne sono innamorata e ho desiderato farla mia! Il pianoforte l’ha resa un po’ malinconica e mi è venuto spontaneo inserire un violino vicino alla tradizione sefardita, così affascinante mistica e passionale. Mi piacerebbe approfondire la musica antica mediorentale, sufi, persiana… Sono culture alle quali mi sento spontaneamente legata anche nel modo che ho di usare la voce. Questo al confine con un altro mondo, quello celtico, che però dentro e fuori di me trovo incredibilmente vicino a quelli precedentemente citati nella sua ancestrale tensione verso il rito. Vorrei che la musica diventasse per me una pure preghiera. Vorrei che Durme durme fosse un inno gioioso e consapevole nei confronti dell’amore infinito fra madre e figlio, un inno alla Forza della Madre anche di fronte al dolore estremo o alla morte della propria creatura, come in situazioni di guerra o di viaggi migratori disperati».

Come lavora alla composizione delle sue canzoni? Da cosa comincia (testo, musica, suoni, immagini)?

«Dipende, a volte parto da semplici accordi a volte da una metafora in parole che ho in mente e che trovo bella per descrivere una sensazione o sintetizzare un avvenimento. Le immagini la fanno da padrone mentre sviluppo il brano, perché per me le condizioni interiori sono paesaggi immaginifici che tento di tratteggiare come dipingendo delicatamente con le note».

Da sinistra: Paolo Favati, , Verdiana Raw

Da sinistra: Paolo Favati, Fabio Chiari, Verdiana Raw, Antonio Bacci e Erika Giansanti (foto di Alessandra Panerai, per gentile concessione)

Ho riflettuto sulla copertina del suo album. L’immagine e il sentimento di maternità che essa trasmette è presente o collegabile anche ad alcuni suoi pezzi (come ad esempio Durme Durme)? Oppure l’iconografia della copertina è lontana da quello che vuole comunicare nei pezzi?

«Mi è venuto spontaneo fotografarmi con mio figlio perché era nato da poco e l’avevo sempre addosso. Ma oltre a questo motivo pratico, credo che quell’immagine rappresenti il mio approccio alla musica: aver sposato questo ruolo, di cantautrice, ha significato e significa tutt’oggi una grande sfida per l’enorme difficoltà che comporta nel muoversi in società e nel comunicare il perché di questa bellezza, nonché nel campare di ciò che si ama. Allo stesso modo la maternità è stata come una vocazione che ho voluto assecondare nonostante la mia situazione non fosse considerabile canonica – come quella di molti giovani italiani oggi fra crisi lavorativa e sentimentale. Perchè l’amore che sento in tutto quello che faccio mi fa credere che creare una vita e creare arte siano entrambi gesti che seguono un impulso vitale che non potrà mai essere spento o rinnegato dalle paure. Lontano dallo svilire un concetto come ‘amor vincit omnia’ e ridurlo a vigliacco ipocrita luogo comune, ritengo che questo impulso vitale di cui parlo sia intrinseco come nella natura così in noi, nelle nostre anime, nei nostri cuori. Non siamo più abituati a sentire davvero, a sentire. La copertina è un po’ come un affermare davanti al mondo che rivendico le mie scelte e i miei atti d’amore, anche se osteggiati e apparentemente controcorrente e fuori luogo. Quando e se smetterò di crederci sarà interessante guardare a queste rivendicazioni e capire dove sono andata a finire».

Dove suonerà Verdiana prossimamente?

«Sulla pagina di Rockit Verdiana Raw tutti gli appuntamenti. In breve: 7 Giugno – Giugno Aglianese e 11 Giugno- Osservatorio del Chianti, 18 Giugno alla presentazione della rivista BAU di Vittore Baroni al GAMC di Viareggio. Ogni data ha una formazione differente, giocata con quattro elementi che mi hanno accompagnato nel disco».

villo

Virginia Villo Monteverdi

Condividi l'articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.