Controcanto Pisano. La musica, l’anarchia, il futuro

PISA – Da sei anni al servizio della libertà, Controcanto Pisano è una delle realtà cittadine che, attraverso la musica, cerca di tenere vivi nella memoria certi valori oggi non più al centro delle varie agende politiche e comunicative. Libertà, lotta, riscatto, emancipazione. E, ovviamente, anarchia.

Presentatevi. Chi siete, cosa fate, perché lo fate, da quanto lo fate, dove lo fate.
«Abbiamo cominciato a cantare insieme nel maggio 2011 a Pisa con Evelin Bandelli per ricordare il suo babbo Alfredo. Nessun requisito richiesto che non fosse la voglia di cantare. Ci è piaciuto stare insieme ed abbiamo, anno dopo anno, allargato il repertorio.
Dal 25 ottobre 2012, oltre al mantenimento della vocazione di laboratorio aperto, il gruppo è diventato un’associazione culturale a promozione sociale, con il nome di Controcanto Pisano al fine di svolgere e promuovere iniziative finalizzate alla preservazione della memoria, della conoscenza critica e della presenza alternativa del canto popolare e della cultura orale, con particolare (anche se non esclusivo) interesse per i canti che hanno accompagnato la lotta delle classi subalterne, del movimento operaio, contadino, antifascista e le richieste di emancipazione culturale e di libertà dei ceti popolari, delle donne e di ampi settori della cultura del Paese.
Le canzoni di protesta rappresentano per noi un patrimonio culturale, politico, di esperienza storica e ci ricordano i più importanti valori fondanti la nostra società di liberi e uguali. Proprio per questo, vanno conservati gelosamente nella nostra memoria e fatti rivivere ai giorni nostri, attualizzandone il messaggio, perché un popolo senza memoria non ha futuro.
Il laboratorio di canti di lotta e popolari di norma si riunisce per le prove il mercoledì dalle 21 alle 23.30 nella Saletta Posteriore del Circolo Arci di Pisanova in via Frascani 4 a Pisa».

Controcanto. Un canto contro… che cosa?
«Contro i pregiudizi e l’ignoranza, contro i bavagli e le persecuzioni dei poteri, contro la sopraffazione dell’uomo sul’uomo. Così come scriveva Pietro Gori, alla fine dell’Ottocento: ”I governanti fanno credere, e il pregiudizio è antico, che il governo sia strumento di civiltà e di progresso per un popolo. Ma il mondo ha camminato sempre fin qui non con l’aiuto dei governi, ma loro malgrado, e trovando in essi l’ostacolo continuo diretto ed indiretto al suo fatale andare. Quante volte i più gloriosi rinnovatori nella scienza, nell’arte, nella politica non si trovarono sbarrato il cammino, oltre che dai pregiudizi e dall’ignoranza delle masse, anche e soprattutto dai bavagli e dalle persecuzioni governative?”.
Non si pensi però che basti essere “contro” per costruire un mondo migliore. Controcanto Pisano propone i suoi interventi in nome di un’idea utopica di fratellanza universale, condizione necessaria per raggiungere un obiettivo: l’evoluzione sociale verso una società non gerarchica, libertaria, rispettosa dei diritti e del bene comune».

Qual è il vostro repertorio?
«Il nostro repertorio spazia dalla tradizione della canzone popolare a quella di protesta, dal canzoniere anarchico ai canti della Resistenza, dalla canzone storica e risorgimentale a quella libertaria e anticlericale. È proprio questa molteplicità di linguaggi e musiche, legata idealmente ai desideri di emancipazione che hanno attraversato la nostra storia – dal Risorgimento alla Resistenza e alle conquiste sociali e civili degli anni Sessanta e Settanta – che cerchiamo di far emergere nei nostri concerti».

Cosa raccontate e perché lo raccontate?
«Raccontiamo/cantiamo l’insofferenza, ma anche la voglia di riscatto e di ribellione espresse attraverso la voce che la canzone popolare ha restituito a istanze sociali ignorate, che nel canto e nella condivisione recuperavano la propria dignità.
Raccontiamo per tenere viva la memoria dei fatti storici di cui nessuno parla più, ma che molto hanno ancora da insegnarci. Cantiamo per sentirci vivi, perché attraverso il canto affermiamo, condividiamo e trasmettiamo le idee e i valori che ci appartengono».

Non più scenari con piazze piene di gente che grida per far valere i propri diritti, ma esiste un utilizzo di Internet come sfogatoio, oltre a troppe notizie e pochi punti di riferimento (“società liquida” non a caso). Come vi rapportate a questo cambiamento?
«Le piazze piene di gente non ci sono più non certo perché manchino i portatori di istanze di ribellione e sofferenza che un tempo le riempivano (ma che sono ancora e anzi sempre più presenti nella società attuale). Noi riteniamo piuttosto che manchi da tempo una rappresentanza politica che li coinvolga e costruisca, a partire da queste istanze, un progetto politico e strutturale di cambiamento di lungo respiro.
Internet è uno strumento efficace di comunicazione e condivisione. Certo non sostituisce il rapporto diretto, ma consente la circolazione della conoscenza e delle informazioni, facilita il collegamento e il confronto, rompe l’isolamento fra persone che vivono in luoghi molto lontani ma che esprimono le medesime istanze ed è dunque anche un mezzo efficace di aggregazione.
In Italia molte realtà associative come Controcanto Pisano hanno scelto la tradizione del canto popolare come mezzo per conservare e trasmettere la memoria, per riaffermare i valori che quelle voci rappresentavano e condividevano. Internet è utile a costruire e rafforzare una rete fra queste diverse realtà, unite dallo stesso intento, e per far conoscere le nostre e le loro iniziative sui territori».  

Quanta anarchia c’è in Controcanto pisano? E quali opere anarchiche riproponete con maggior piacere?
«Al di là delle storie individuali di chi partecipa all’attività della nostra associazione, i soci di Controcanto condividono l’impegno fondamentale della nascita della nostra associazione: giustizia sociale, benessere, parità di opportunità e di diritti, fratellanza fra tutte le istanze che nel mondo esprimono lo stesso disagio e la stessa necessità di cambiamento. Tutti valori che l’anarchia rappresentava, per la costruzione pacifica di un mondo migliore.
All’anarchia abbiamo inoltre dedicato uno specifico spettacolo di letture e canzoni e anche un seminario illustrativo e un piccolo canzoniere. Quindi in Controcanto Pisano di anarchia c’è molto.
Pietro Gori è sicuramente, fra i grandi anarchici italiani, quello che più di ogni altro è riuscito a comunicare la grandezza e la sovversiva originalità dell’umanesimo anarchico. Le sue canzoni sono tra le più amate e conosciute del repertorio anarchico ed è difficile abbandonare una piazza senza prima aver cantato, in coro con il pubblico, Addio a Lugano o Stornelli d’esilio! Ma il nostro canto preferito è Il Galeone, una poesia (poi musicata da Paola Nicolazzi) che Belgrado Pedrini, anarchico carrarese, antifascista e partigiano, scrisse in galera, a Fossombrone, nel 1967. Infatti Belgrado fu rinchiuso in prigione, a Liberazione avvenuta, perché nel 1942 lui e i suoi compagni avevano sottratto ad alcuni industriali fascisti milanesi e carraresi un bel po’ delle loro ricchezze per poter finanziare la Resistenza. Nel 1949 il tribunale di Livorno giudicò tali atti come “reati comuni” e condannò Belgrado a trent’anni di carcere. Nel 1974, il presidente Leone gli concesse la grazia; ma, appena uscito, venne rinchiuso nuovamente in una casa di lavoro presso Pisa, perché doveva scontare ancora tre anni per tentata evasione! Questo fu il ringraziamento dello Stato italiano per il partigiano Pedrini!».

L’anarchia, per giunta a Pisa. Come aggiorniamo i valori, le energie e le lotte portati avanti da quell’importante movimento?
«L’anarchia per la comunità di Pisa è anzitutto il ricordo di una lotta e di una violenza senza pari, attuata dallo Stato: la memoria dell’ingiustizia perpetrata contro Franco Serantini è ancora viva, a distanza di oltre quarant’anni.
La storia dei decenni successivi, fino a oggi, ha riconfermato purtroppo, con una contabilità ininterrotta di atrocità compiute nei luoghi “protetti” dallo Stato a danno di cittadini inermi, la necessità della ribellione al sopruso, dell’indignazione di fronte alla violenza ingiustificata, dell’importanza di lottare contro un potere oggi nelle mani della finanza mondiale e di interessi economici assolutamente privati.
Lo sfruttamento del lavoro e dei territori, la violenza, l’iniquità sociale, che stanno determinando povertà e disperazione in tutto il mondo insieme a uno spostamento epocale di milioni di persone, anch’esso deflagrante per la tenuta delle nazioni di passaggio o di arrivo, riconfermano secondo noi la validità dei valori che il movimento anarchico, nato in un’epoca anch’essa contraddistinta da questioni sociali imponenti, rivendicava».

Con chi avete collaborato finora? E con chi vi piacerebbe collaborare?
«Finora abbiamo collaborato con chiunque (associazioni, privati, partiti politici, enti, sindacati, istituzioni scolastiche) lavori attraverso la condivisione, crede che la crescita delle comunità si costruisca anche sul ricordo del sacrificio delle generazioni precedenti e sui valori da queste condivisi attraverso le lotte ed espressi grazie al canto popolare. Il canto è sempre stato uno strumento di forte aggregazione sociale: la capacità di coinvolgimento e condivisione mediata dalla musica e dalla voce rappresenta una attività gratificante che può aiutare a superare pregiudizi e migliorare la comunicazione, base di una fratellanza e integrazione sempre più necessarie.
Non abbiamo una particolare ambizione collaborativa; il nostro obiettivo non è arrivare in un luogo, ma in ogni luogo possibile».

Il rischio, quando si parla della cultura che sta alla base del vostro repertorio, è di essere marginali o caricaturali, oggi più che mai, perdendo di vista il contenuto di messaggi però ancora fortemente attuali. È vero secondo voi? Se sì, come se ne esce?
«L’attività di Controcanto si basa non solo sul canto ma anche sui laboratori, durante i quali viene presentata una contestualizzazione storica dei testi proposti, attraverso letture dell’epoca, ed una attualizzazione delle tematiche affrontate (il lavoro, la libertà, l’amore) coinvolgendo attivamente i partecipanti nella riflessione sull’attualità.
In questo senso pensiamo di contribuire alla conoscenza e alla crescita di una coscienza critica».

I giovani. Bistrattati a torto o a ragione, nelle cose che contano sono sempre più marginali. Cosa può fare una realtà come Controcanto pisano?
«Può lavorare a fianco di tutti i soggetti e le istituzioni impegnate nella preparazione culturale e la crescita delle future generazioni, una crescita ragionata intorno alla storia passata e ai problemi presenti, e che non dimentica i sacrifici di chi ha lottato contro la sopraffazione e ingiustizia, spesso a costo della propria vita.
Ai giovani possiamo ricordare l’importanza di spendersi, di mettersi in gioco fino allo stremo con le parole di Piero Calamandrei: “La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai.
E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica”».

Una proposta di definizione di “lotta”, oggi, nel 2017.
«Per Controcanto Pisano lotta è memoria, è condivisione, aggregazione intorno alle istanze sociali di libertà, solidarietà, giustizia, ribellione alla sopraffazione, allo sfruttamento, alla negazione della dignità umana. Perché oggi più che mai “nostra patria è (e deve essere) il mondo intero».

Francesco Bondielli
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