Carrara, o dell’anarchia

CARRARA (MS) – Una grande bandiera nera, gonfiata dal vento d’autunno, avanza lentamente per via Roma, seguita da vecchie figure vestite di nero e dalla musica di una banda, le note di una canzone che mi sembra di conoscere. Noi del primo anno d’Accademia siamo tutti alle finestre, incuriositi ci chiediamo che cosa sia quello strano e mesto corteo. Il prof d’Incisione ci dice: «Guardate e ricordatevi, è il funerale di un vecchio anarchico e la musica che sentite è Addio Lugano Bella. Non se ne fanno più molti di questi funerali, la fiamma dell’anarchia non è più quella di un tempo neanche qui a Carrara, che è stata uno dei suoi centri più vivaci e battaglieri. Molto si è lottato fra questi monti, e tante conquiste sociali per i lavoratori sono il frutto di queste sfide col potere».

Piazza Alberica

 

Stupiti usciamo dal grande portone e guardiamo il lungo corteo, i volti sono seri e segnati dal tempo, tutti hanno un fiocco nero al posto della cravatta, alcuni una bandiera rossa e nera legata intorno alle spalle, la banda suona canzoni di lotta. Il vento intanto continua a gonfiare le bandiere, e fa volteggiare in aria le foglie secche dei grandi ippocastani della piazza verso cui il corteo si dirige. Oltre la musica non si sente una voce, solo un silenzio rispettoso, sembra di essere tornati indietro nel tempo.

Incuriosita, nei giorni successivi ho cominciato a girare per la città cercando tracce degli anarchici, sono andata a parlare con i cavatori che al mattino presto si riunivano in un vecchio bar ristoro in piazza Alberica, che ora non c’è più, bevendo vino e mangiando baccalà fritto già alle otto di mattina, appena tornati dal turno in cava. Ben volentieri mi hanno raccontato del movimento operaio, della durissima vita dei cavatori lontani da casa per settimane intere, a dormire in baracche e a lavorare sotto il vento, il sole e la pioggia. Mi hanno parlato della presenza anarchica, che con i suoi ideali di libertà e uguaglianza sociale per l’avvio di una nuova umanità ha sempre fatto breccia fra i cavatori e gli altri lavoratori del marmo, e delle lotte per migliorare le condizioni di lavoro. Molte di queste battaglie furono guidate da Alberto Meschi, che nel 1911 riuscì a far ridurre la giornata lavorativa in cava a sei ore e mezza per i cavatori e sei per i minatori, ottenendo che fosse retribuito almeno in parte anche il tempo necessario a coprire il lungo tragitto che i cavatori dovevano percorrere per raggiungere il posto di lavoro. Meschi dirigeva la Camera dei Lavoratori di Carrara, che sotto la sua direzione divenne faro non solo per tutti i lavoratori della zona, ma anche per quelli di Garfagnana e Versilia: non contento, ottenne anche che, nelle giornate di tempo tanto brutto da rendere impossibile il lavoro in cava, ai lavoratori fosse comunque corrisposta una diaria pari a un quarto di giornata.

Queste conquiste importantissime unirono ancora di più i lavoratori sotto la bandiera anarchica, tanto che durante gli anni del fascismo Carrara e i paesi vicini costituirono una sorta di scudo contro l’ideologia del regime. Durante la II Guerra Mondiale le Brigate Anarchiche parteciparono attivamente alla Lotta di Resistenza, fu aperta la Cooperativa del Partigiano, dove si potevano trovare beni di prima necessità a prezzi calmierati (durante la guerra numerose famiglie erano state costrette a vendere al mercato nero per pochi pugni di farina tutti i propri beni, comprese lenzuola e stoviglie, per non parlare, di gioielli e argenteria), e si tenne aperto l’Ospedale. Tanto forte e diffusa era la volontà di contrastare un’ideologia abborrita che già l’11 settembre del 1926 un carrarese, Gino Lucetti, attentò alla vita del duce con una bomba a mano che un altro carrarese, Gino Bibbi, gli aveva procurato: la bomba però rimbalzò sulla macchina del Duce, e l’attentato fallì. Arrestato insieme a Stefano Vatteroni, altro anarchico che aveva seguito i movimenti del duce, Lucetti fu condannato a trent’anni di prigione. Nel 1943 fu liberato dagli alleati dal carcere dell’Isola di Santo Stefano e fu trasferito a Ischia, dove morì sotto un bombardamento. Per onorarne la memoria gli fu intitolata la prima formazione partigiana carrarese, al comando di Ugo Mazzucchelli. Anche Gino Bibbi in seguito fu arrestato, ma riuscì a fuggire, e come molti altri anarchici andò in Spagna a combattere per la Repubblica. Dopo la Liberazione gli anarchici lavorarono alacremente alla ricostruzione della città, e già nel 1945 si tenne il primo Congresso Anarchico, nel corso del quale venne fondata la Federazione Anarchica Italiana. Negli anni Cinquanta e Sessanta in località Poveromo venne aperta e gestita una colonia marina per i bambini dei simpatizzanti anarchici più poveri, che non potevano permettersi una vacanza al mare.

La tomba di Pinelli

I cavatori che mi raccontavano tutte queste cose erano ancora anarchici convinti, perché si sentivano parte di un gruppo che credeva nell’aiuto reciproco, nella forza della lotta corale contro le ingiustizie sociali, negli ideali di uguaglianza e libertà, nella capacità di vedere il potere con occhi critici e nel combattere sempre e ovunque i suoi soprusi nei confronti dei lavoratori. E così aprirono gli occhi anche a me.

Carrara ha ancor oggi un cuore anarchico, la bandiera nera e rossa sventola alle finestre del primo piano del bel palazzo di Piazza Matteotti, sede della F.A.I. che ospita ora anche la Biblioteca Archivio Germinal, con materiale d’archivio e libri del movimento anarchico, oltre a una raccolta di manifesti anarchici. Stampa ancora la Cooperativa Tipolitografica in via S. Piero, fondata negli anni Settanta del secolo scorso da Alfonso e Paola Nicolazzi con il nome Tipografia il Seme, e vi si può trovare Umanità Nuova, il giornale fondato nel 1920 da Errico Malatesta per diffondere e promulgare il verbo anarchico. E’ sempre aperto in via Ulivi il Circolo Culturale Anarchico Gogliardo Fiaschi, e qui si possono trovare vari opuscoli di controinformazione politica e sociale, e parlare ancora di libertà e uguaglianza. A Gragnana, in mezzo ai monti subito dietro la città, si trova il più antico circolo anarchico fondato nel lontano 1878, intitolato a Errico Malatesta, promulgatore in Italia delle idee di Bakunin. In città il monumento ad Alberto Meschi reca questa iscrizione: «Nessuno di noi dimentichi che questo marmo tribolato ha nome libertà fratellanza e fede di Alberto Meschi anarchico sindacalista, costruttore di migliori tempi, magnifico operaio fra operai e reietti, cuore aperto sulle ferite dell’uomo e della società, conquistò per cavatori e minatori la riduzione della giornata lavorativa, sulle nostre terre e per i puri l’alba della sua onestà irradia da qui un sole che mai vedrà tramonto. Il popolo di Carrara».

Molti protagonisti delle vicende che vi ho raccontato ora riposano non su una collina, ma a Turigliano, in un cimitero lungo la strada che porta da Carrara alla Marina. Sono lì insieme: Alberto Meschi (1879-1958), Gino Lucetti (1900-1943), Gino Bibbi (1899-1999), Stefano Vatteroni (1897-1965), Gogliardo Fiaschi (1930-2000) e molti altri, fra cui Giuseppe Pinelli (1928-1969), venuto giù da una finestra in anni difficili e bui della nostra repubblica.

«È libero l’uomo che lascia a tutti gli altri uomini la libertà, e sarà libera la società che vivrà nell’uguaglianza del cameratismo e nella libertà». (Erich Mühsam)

Claudia Menichini
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2 comments to “Carrara, o dell’anarchia”
  1. Sono salito a Carrara dalla marina…dove si può anche vedere il mare,superando un binario di ferrovia tra cartacce rifiuti vari, ma soparttutto gli attori delle mediazioni che trasferiscono la bellezza e la ricchezza delle Apuane in paesi dove ricchi smisurati abbelliscono le loro case e città col marmo del…”demanio” carrarese, Salendo si vede la ferita inferta all’ambientene: si vedono gli esiti di questa spoliazione e, nella Città bella nella sua sofferenza e nobiltà, le tracce di una resistenza alla espropriazione di un bene comune. A chi arrivano i soldi di quel marmo? Quanto torna ai carraresi perché ognuno abbia una dimora decorosa?

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