«Quando mi chiedono perché amo la letteratura, mi viene spontaneo rispondere: perché mi aiuta a vivere.»
«Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri: in primo luogo i nostri genitori e poi quelli che ci stanno accanto; la letteratura apre all’infinito questa possibilità d’interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente.»
(Todorov,La letteratura in pericolo, Garzanti Libri, 2008)
Prima di spiegare la vita e le opere di questo o quell’autore, questa o quella corrente letteraria, questa o quella figura retorica, nell’insegnamento scolastico della letteratura sarebbe opportuno fermarsi innanzitutto a riflettere su cosa effettivamente intendiamo quando parliamo di “letteratura”, un primo ardimentoso passo per ravvivare l’interesse e la curiosità dei più giovani nei confronti di qualcosa che è vista sempre più come una delle tante materie “inflitte” a scuola, e anzi, a differenza di altre, anche meno utile…
In un interessante volume dal titolo La letteratura in pericolo, pubblicato da Garzanti nel 2008, Tzvetan Todorov (filosofo del linguaggio,teorico della letteratura e saggista bulgaro, naturalizzato francese, cui si deve, in particolare, la diffusione in Europa degli studi dei formalisti russi negli anni Sessanta del secolo scorso, oltre all’aver tracciato a più riprese la sua personale visione della letteratura) , suggerisce la strada per un metodo alternativo d’insegnamento scolastico, e infine mostra anche il motivo per il quale sia doveroso, e anzi imprescindibile, insegnare la letteratura a scuola.
L’autore pone subito una questione assai importante: quali sono i confini della letteratura? Quali tipi di testi consideriamo letterari, e quali no? Identifichiamo ancora oggi, come lascito della cultura romantico-borghese, la letteratura esclusivamente con gli scritti d’immaginazione e d’invenzione? Todorov risponde agevolmente alla questione con una visione allargata delle province su cui la letteratura può legittimamente rivendicare la sua sovranità.
Suggerisce un semplice criterio per riconoscere un’opera letteraria: essa è qualcosa che al contempo emoziona il lettore e lo stimola a pensare. Non male, vero? In questo modo rientreranno a far parte del patrimonio letterario non solo opere sin dall’inizio concepite con fini, appunto, letterari, ma anche opere che appartengono piuttosto alla scrittura privata, come diari, memorie, epistolari e ogni genere di scrittura intimistica, o alla saggistica, o anche alla pratica giornalistica, e che ci appaiono nel loro carattere universale (ci fanno capire qualcosa di più circa l’esistenza umana) ed estetico (opere scritte bene dal punto di vista formale, belle da leggere).
E come s’insegna tutto questo a scuola? Partiamo subito col dire che secondo Todorov i metodi tradizionali difficilmente faranno innamorare della letteratura, giacché invece di essere incentrati sullo “studio dell’oggetto”, ossia sull’opera letteraria in sé e sul significato profondo che può trasmettere, propendono piuttosto verso lo “studio della disciplina”, e quindi finiscono per concentrarsi quasi esclusivamente sull’insegnamento della critica letteraria, e dell’opera come esemplificazione per illustrare figure retoriche, particolarità linguistiche e lessicali.
Sarebbe auspicabile, questo il suggerimento di Todorov, che nell’insegnamento scolastico della letteratura ci si orientasse maggiormente verso lo studio dell’oggetto anziché verso quello della disciplina. O meglio, visto che la virtù sta pur sempre nel mezzo, si dovrebbe trovare un giusto equilibrio tra disciplina e oggetto, in altre parole tra approccio teorico e pratico. E questo perché studiamo la letteratura innanzitutto per conoscere le ragioni intime di un testo, per riceverne un certo grado di conoscenza, per apprendere una verità come rivelazione.
Mentre ha senso che gli aspetti, diciamo così, “tecnici” siano insegnati più diffusamente all’università, intesa come luogo deputato alla formazione dei futuri docenti di lettere, nell’insegnamento scolastico le opinioni dei critici letterari, l’analisi strutturale dell’opera, la presenza di quante e quali figure retoriche, e in generale i mezzi per interpretare e comprendere un messaggio letterario non devono assolutamente diventare l’unico oggetto di apprendimento. Obiettivo dell’insegnamento scolastico della letteratura è penetrare il significato di un’opera.
Per illustrare questo difficile compito cui è chiamato un professore davanti a una classe, Todorov ricorre a un’efficace metafora: se vediamo l’insegnamento di un’opera letteraria come la costruzione di un edificio, lo studio di figure retoriche, generi e correnti letterarie, e le più disparate e contrastanti opinioni dei nostri critici non dovranno essere altro che le impalcature, ossia mezzi destinati a essere smontati una volta terminato l’edificio, che è il vero fine.
Tuttavia alla domanda su come si possa far conoscere appieno il significato di un’opera, e comprendere il pensiero di un autore, Todorov risponde in maniera un po’elusiva dicendo che in pratica tutti i metodi sono validi, purché rimangano un mezzo e non diventino fini a se stessi.
Ad ogni modo, il crescente e preoccupante disinteresse tra i più giovani verso la letteratura potrebbe essere proprio legato a un metodo poco adeguato di proporla a scuola. E, ancor prima di individuare un metodo migliore per l’insegnamento della letteratura, bisognerebbe fin dai primissimi anni scolastici avvicinare e incoraggiare gli alunni alla lettura, se non altro per rendere la materia meno astratta, per non perdere mai di vista l’oggetto concreto di cui si sta parlando.
È pertanto fondamentale il primo incontro con la letteratura. È come il primo bacio, ti cambia per sempre, e non lo scordi più. Compito soprattutto dei nostri educatori, ossia la scuola e, ancor prima, la famiglia, sarà di favorire questo incontro, di presentare ai più piccoli la lettura in modo che sia amore a prima vista. Perché in fondo la letteratura, come l’amore, ci aiuta a vivere meglio! A questo punto però, condizionati da un’idea “utilitaristica” delle materie studiate a scuola e poi all’università, sembra quasi di dover giustificare anche il perché s’insegni la letteratura, magari per non far storcere il naso a qualche strenuo difensore delle sole discipline scientifiche.
Ebbene, Todorov termina il suo saggio sottolineando come lo studio della letteratura, che ha per oggetto la condizione umana, non formi solo professori, scrittori o semplici lettori, ma innanzitutto uomini, o meglio conoscitori dell’essere umano, e di conseguenza prepari a tutte le professioni basate sui rapporti umani: dal giurista al politico, dallo psicologo allo storico, dal sociologo al medico, tutti hanno da imparare da maestri d’eccezione come Dante, Shakespeare, Sofocle, Dostoevskij o Proust. Se non altro perché furono a loro volta, semplicemente, uomini.
Francesco Feola