Sala delle Baleari, una gemma del barocco pisano

PISA – Palazzo Gambacorti, un’antica residenza nobiliare di fine Trecento, oggi sede del Comune di Pisa, racchiude al suo interno una gemma del barocco pisano, la Sala delle Baleari.

La Sala delle Baleari fu affrescata nel corso del XVII secolo, per volontà di Cosimo III de’ Medici, al fine di creare un programma iconografico coerente, inteso a celebrare le grandi conquiste della Repubblica Marinara di Pisa sul mondo islamico. Se entriamo dall’attigua Sala Rossa – caratterizzata da una decorazione architettonica trompe-l’oeil e da un grande affresco centrale dei Fratelli Melani, che ha per soggetto San Ranieri e la città di Pisa – ci colpisce subito la ricchezza coloristica e l’incisività drammatica dei personaggi che affollano le pitture parietali del salone. Sollevando lo sguardo, incontriamo un bel soffitto a cassettoni dipinto in azzurro e oro, a cui fa da pendant l’articolato mosaico del pavimento, che vede al centro la caratteristica croce pisana. È un trionfo dell’horror vacui: non c’è un angolo che sia sfuggito al pennello degli anonimi artisti che, accanto a Farelli, Dandini e Bocci, autore dello stemma dipinto sulla parete finestrata, decorarono con finti rilievi architettonici, allegorie, cornucopie, puttini, armi e stemmi le quattro pareti della stanza.

Il primo affresco a venire eseguito in Sala delle Baleari, verosimilmente nel 1663, nonostante la data leggibile in basso al centro del dipinto sia 1603, è opera di Giacomo Farelli, artista romano di formazione napoletana, vissuto tra il 1629 (1624?) e il 1706. Il dipinto, che dà il nome al salone, rappresenta la conquista delle Baleari ad opera della Repubblica Marinara di Pisa, avvenuta nel 1115. Si trattò di una crociata minore, promossa e condotta dai pisani, un’operazione di riconquista difficile ed effimera: nel 1116 gli Almoravidi rientrarono in possesso di Maiorca.

L’affresco si concentra sul momento successivo allo scontro militare, quello in cui vennero condotti via dall’isola come prigionieri i membri della famiglia reale. Curiosamente, i veri protagonisti della scena sono proprio loro, gli sconfitti. Al centro la regina delle Baleari che, con una posa tipica delle scene di ratto nelle arti plastiche e figurative, cerca di divincolarsi dalle braccia dei nemici. Il suo atteggiamento drammatico e stereotipatamente femminile contrasta con la dignità e compostezza con cui il re, l’uomo con il mantello rosso, si consegna agli ufficiali pisani. A colpire la nostra sensibilità moderna è l’atteggiamento predatorio dei vincitori, che fanno razzia di vasellame e pietrame, e sottraggono persino un bambino in fasce alla madre (sinistra dell’affresco). In realtà, la raffigurazione di scene di bottino aveva un’importante funzione propagandistica in un’epoca in cui era ancora notevole la diffusione di eserciti privati. In seguito alla conquista di Maiorca giunsero in Toscana anche le maioliche (il nome antico dell’isola era, infatti, Maiolica) e le tecniche di lavorazione e vetrificazione di questo tipo di manufatti. Una variegata collezione di maioliche di provenienza mediterranea si può ammirare al Museo San Matteo di Pisa.
Il tema del bottino caratterizza anche il secondo affresco a opera di Farelli, su cui troviamo riportato il nome dell’autore, ma con errore grafico: il Giacomo Fardella che compare nell’angolo in basso a sinistra è in realtà un artista siciliano che gli storici dell’arte non sono ancora riusciti a inquadrare cronologicamente. Il soggetto è la conquista della Sardegna, avvenuta tra il 1015 e il 1016. L’episodio vide i pisani impegnati a sottrarre l’isola cristiana al dominio degli spagnoli musulmani, prima come alleati dei genovesi e poi in lotta con loro per il definitivo controllo della terra.

L’affresco mette in evidenza l’importanza non solo strategica ma anche economica della conquista: la Sardegna era ricca di giacimenti minerari e metalliferi e ad essi rimandano i preziosi vasi in primo piano, il guerriero che riempie un sacco di vasellame dorato e i due marinai che caricano un pesante lingotto sull’imbarcazione al centro della scena. Ma il vero fulcro del dipinto si trova nella metà a destra dello spettatore: due figure femminili, una seduta su un trono e l’altra a terra e in ginocchio, rappresentano allegoricamente Pisa e la Sardegna. La prima, nei panni di una regina guerriera, indossa una corazza e ha il capo cinto d’alloro: Farelli la raffigura nell’atto di ricevere da un paggio una corona che la va a consacrare nuova e benevola governatrice dell’isola. La seconda, anch’essa con il capo coronato, indica in atto di sottomissione i prigionieri di guerra e le spoglie. Ai due lati del trono, una coppia di dignitari pisani con il tipico paludamento purpureo.

Dal punto di vista pittorico, entrambi gli affreschi sono caratterizzati da tonalità tenui, colori pastello, una certa enfasi sulla muscoltatura dei corpi maschili, che guarda ostentatamente al grande modello michelangiolesco della Cappella Sistina, nonché dalla teatralità dei gesti e dalla drammaticità dei volti dei personaggi.

L’ultimo affresco che completa il ciclo delle conquiste della Repubblica pisana in Sala delle Baleari venne ultimato nel 1693 da Pier Cesare Dandini, pittore fiorentino vissuto tra il 1646 e il 1712, e ha per soggetto la presa di Gerusalemme del 1099, episodio culminante della Prima Crociata. Data la committenza medicea, l’autore si concentra sul ruolo dell’armata pisana nelle azioni di guerra che si svolsero davanti alle mura di Gerusalemme. L’affresco è suddiviso in due parti da un’invisibile diagonale: a destra un gruppo statico di figure di prigionieri, all’ombra di un tendaggio sorretto dai rami di un ulivo, si limita a osservare sgomento lo scontro tra cristiani e musulmani, amplificando così la drammaticità della scena; a sinistra si accende, in pieno dinamismo, la battaglia tra eserciti opposti. I musulmani si trovano significativamente sul registro inferiore del dipinto, vicini alla sconfitta, con i pisani che incombono o sono impegnati nella scalata alle fortificazioni della Città Santa tramite l’ausilio di una torre mobile. È una scena concitata, in cui cavalli si impennano o schiantano, lance e scimitarre si incrociano, ricordando vagamente i grandi quadri di battaglia di Paolo Uccello. I pisani stanno prevalendo e hanno già issato sulle mura di Gerusalemme il loro stendardo, che qui però costituisce un vistoso anacronismo, dal momento che nell’XI secolo (e probabilmente fino alla metà del XV) la croce pisana ancora non esisteva. Il colore rosato del cielo sembra evocare simbolicamente l’alba di un nuovo giorno dopo la lunga notte della dominazione musulmana. Un ricordo della crocifissione, avvenuta proprio nella Gerusalemme riconquistata dai cristiani, emerge nella figura del caduto in basso a sinistra. Si tratta di un guerriero pisano (un elmo pisano è rotolato vicino al suo capo), raffigurato con entrambe le braccia spalancate e una gamba perpendicolare al corpo. Stranamente non indossa la casacca come nemici e compagni. Un drappo verde si limita a nasconderne le vergogne. È evidente, da parte di Dandini, la volontà di rimandare, attraverso quest’unica figura di caduto, non solo al sacrificio dei guerrieri pisani, ma anche al sacrificio di Cristo.

La Sala delle Baleari è anche location, tra giugno e settembre, di un’attualissima installazione di Michelangelo Pistoletto dal titolo Il tempo del giudizio. Davanti a quattro pannelli bianchi, su cui poggiano altrettanti “quadri specchianti”, sono disposti oggetti e strumenti di culto (un inginocchiatoio cristiano, un tappeto musulmano e una statua di Buddha), che rimandano alle tre grandi religioni, a cui va ad aggiungersi l’ebraismo, aniconico ma evocato attraverso la forma degli specchi, che ricorda quella delle Tavole delle Leggi. Il simbolo collocato davanti allo specchio rappresenta l’identificazione in un sistema di valori, in un’insieme di tradizioni e credenze. Allo stesso tempo, però, i quadri specchianti e i relativi oggetti di culto interagiscono fra loro, in un rispecchiamento reciproco privo di gerarchie, immagine del possibile e auspicabile dialogo tra differenti identità religiose e culturali.
La Sala delle Baleari e l’installazione di Pistoletto sono visitabili gratuitamente dal lunedì al venerdì mattina (dalle 10 alle 13) fino al 2 settembre.   

 

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