Lettera Aperta
Pisa – Pubblichiamo la lettera aperta che Alda Giannetti ha inviato alla nostra rivista. Alda Giannetti – attualmente in pensione – ha lavorato al Teatro Verdi di Pisa dal 1983. Dal 1990 è stata direttrice di produzione fino al 2016.
Dopo aver letto il comunicato sindacale sulla situazione del Teatro Verdi di Pisa, sento la necessità di fare una riflessione sul ruolo che il nostro Teatro ha saputo crearsi negli anni a livello regionale-nazionale. Credo che se gli attuali amministratori e Direttori Artistici non fanno propria quella che è stata, e dovrebbe continuare ad essere, la Storia del Teatro Verdi, rischiano che la gestione naufraghi su un’arida impostazione economicistica, anche se dipinta con un sottofondo di scelte culturali.
Il teatro di Pisa, e grande merito della sua “nascita” va dato all’allora direttore Riccardo Bozzi e all’allora Presidente Paolo Donati, riuscì ad uscire dalla logica di teatro comunale per divenire un vero e proprio Teatro di Tradizione, solido riferimento regionale e nazionale soprattutto nel campo della produzione lirica, pur mantenendo un alto livello anche per quanto riguarda la danza, la prosa e la formazione. Tutto lo staff di allora, in qualsiasi ruolo e grado fu coinvolto in questa sfida che risultò vincente e che fu il primo grande Progetto del Teatro.
Una delle prime valide intuizioni fu che la produzione è particolarmente importante per un teatro di tradizione sia perché permette di usufruire del finanziamento statale, sia perché permette di creare e formare le maestranze di vari settori e, non ultimo, permette di portare le produzioni in altri teatri con un rientro economico e di immagine importante, se ben gestito. Tutto questo può accadere solo se alla base esiste un Progetto che indirizza le scelte del teatro. E il Teatro Verdi di Pisa, fino a qualche anno fa, ha coltivato e portato avanti vari Progetti che hanno fatto del nostro teatro un punto di riferimento all’avanguardia.
Il Teatro Verdi ha avuto già la possibilità di fare opere che si alternavano sul palcoscenico nel giro di pochi giorni, ma questa alternanza e l’apparente brevità delle prove, derivavano in realtà da un progetto di mesi e mesi a cui partecipavano cantanti, coristi, professori di orchestra e maestranze. Si chiamava Progetto Mozart-Da Ponte. Quindi quello che all’apparenza poteva sembrare una “preparazione affrettata” era in realtà il risultato di un lavoro intenso, partecipato e assolutamente formativo e che ha girato veramente in moltissimi teatri italiani ed esteri. Negli anni sono seguiti altri Progetti altrettanto importanti che hanno contribuito a confermare la validità e la presenza del Verdi in tutti gli ambiti culturali rilevanti, e fra questi ricordiamo Opera Studio – rivolto ai giovani cantanti – e quello della Formazione – rivolto ai giovani delle scuole di ogni ordine e grado – e quello di Prima del Teatro – laboratorio per giovani aspiranti attori.
Il teatro è cresciuto fino a quando ha coltivato questa modalità di impostazione di lavoro, facendo spesso da apripista ad altri teatri e permettendo allo stesso tempo alle maestranze, in ogni settore, di far crescere la propria professionalità. Tutto questo comportava anche un ritorno economico perché più la professionalità aumentava, più i costi diminuivano.
Con questo ampio e mi scuso troppo lungo preambolo, volevo dire non va trascurata questa “contrapposizione” che si è venuta a creare oggi: da un lato la governance che rivendica la capacità di fare opere liriche con pochi giorni di prova e con notevoli risparmi economici, dall’altro il personale del Teatro (ma credo anche orchestra e coro) profondamente deluso e disilluso da questa impostazione.
Ecco io credo che per scegliere il nuovo direttore generale e prima di pensare alle imprese artistiche future, bisognerebbe che la Governance del teatro Verdi si ponesse seriamente la domanda di quale indirizzo e rilevanza dovrà avere il Teatro della città e nella città nei prossimi anni. Deve tornare ad essere un teatro comunale solo di servizi o deve rimanere un teatro di produzione aperto alla città, ma anche ad altri teatri regionali e nazionali? Deve continuare ad avere un riconoscimento ministeriale tra i più alti o deve accontentarsi di contributi da teatro di Provincia? E il personale, non ultimo come importanza , che ruolo vogliono che abbia? Può e deve continuare ad accrescere le proprie professionalità – che nel recente passato ha contribuito a calmierare i costi di produzione – assolvendo ruoli che in un primo tempo venivano ricoperti da professionalità esterne con costi non indifferenti?
La soddisfazione finale era reciproca: soddisfazione del personale, perché, si vive d’altronde anche di soddisfazione nel e del proprio lavoro, e soddisfazione del Teatro per i risultati conseguiti. Un professionista esterno (parlo di personale tecnico e organizzativo) guarda al risultato del proprio lavoro finalizzato alla singola produzione per cui è chiamato, il personale interno chiamato a svolgere lo stesso ruolo guarda contemporaneamente al risultato della produzione senza mai staccare l’occhio dalle necessità oggettive del teatro per cui lavora e di cui conosce limiti e potenzialità non solo economiche. O si vuole ignorare queste professionalità e farle diventare mero supporto di servizio? Ecco, mi auguro che chi governa il teatro (e permettetemi di dire anche chi governa la città), dia vita ad un Progetto chiaro, che non guardi solo al riscontro economico perché se è giusto che così sia (e lo è senz’altro), non si può prescindere da tutti quegli elementi che ho esposto prima e soprattutto dalla storia consolidata del teatro stesso. Solo dopo aperti confronti tesi a chiarire il ruolo del Teatro e quindi dopo aver promosso un Progetto, si potranno fare delle scelte precise che altrimenti rischiano di risolvere problemi contingenti e di facciata ma di sgretolarsi al primo forte vento.
Per questo ritengo molto stimolante la denuncia del Sindacato e dei lavoratori del teatro, denuncia che non vuole a mio avviso essere solo una pura rivendicazione o una lamentazione dello stato attuale, ma vuole essere l’inizio di un dibattito tra chi vive a vari livelli di partecipazione il Teatro di Pisa, una riflessione seria e un dibattito articolato su quella che, per lo stesso Assessore alla Cultura del Comune di Pisa, è la massima espressione della Cultura della città.
Alda Giannetti
Questa lettera aperta oltre ad essere un’importante riflessione sul futuro e sul ruolo del Teatro Verdi di Pisa è al tempo stesso lo spunto per un ampio dibattito cittadino
- Dalla Leopolda alla città: mobilitiamoci - 7 Maggio 2024
- Nasce il progetto “Perle di Memoria” - 17 Aprile 2024
- La scrittura come strumento per superare il dolore - 29 Febbraio 2024
Buongiorno,
Ringrazio Alda Giannettini e Tuttomondonews e ribadisco le cose dette nella sua bellissima lettera che condivido sui progetti del Teatro Verdi che sono stati tantissimi. Ricordo sempre, per esempio, il grande lavoro fatto con l’Universita di Pisa sui temi del Don Giovanni con la professoressa Galanti ma anche poi altri ambiziosi progetti sia di Prosa che di Danza. Io mi sono sempre sentito, fino a poco fa, parte integrante di quel mondo perché come responsabile Cultura del Circolo Ricreativo Dipendenti Universitari dell’Università di Pisa ho sempre intrattenuto ottimi rapporti con i direttori artistici del Teatro alla presentazione delle stagioni alle associazioni in rapporto stabile col teatro di Pisa. Questo rapporto era meraviglioso anche con la biglietteria e poi con i nostri abbonati di unipi che incontravo le sere e i Pomeriggi a teatro. Mi dispiace quindi affermare che, al di là degli abbonamenti e della loro gestione (che capiscono non si possano fare in questa fase contingente) sia venuto a mancare quel bel momento della presentazione delle varie stagioni al pubblico ristretto delle associazioni. Ricordo discussioni appassionate sui contenuti, sulle opere e sulle stagioni di danza, tutto questo è stato cancellato e sarà molto difficile riprendere il filo perché la pandemia lo ha interrotto ma la direzione del teatro non l’ha mantenuto nè rinvigorito, ma sostituto solo con puntuali ed efficaci comunicazioni che però vanno solo nel verso di partenza, dal teatro alle associazioni, ma senza ritorno del nostro modesto parere che una volta sembrava contare molto.