Musa e artista: l’apporto delle donne nel movimento surrealista

Donne nel Surrealismo: muse o creatrici?

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Roland Penrose – Four Women Asleep, 1954 (Da sinistra Lee Miller, Ady Fidelin, Leonora Carrington e Nusch Eluard)

Il Surrealismo si distinse, rispetto ad altri movimenti artistici nati nel Novecento, per la sua diffusione in larga scala sia a livello spaziale, arrivando addirittura oltreoceano, sia a livello temporale, dato che fu uno dei più duraturi. Teorizzato dal poeta francese André Breton, nacque come movimento letterario ma ben presto coinvolse tutte le arti visive fino al cinema. Esprimere il reale funzionamento del pensiero, libero e sgombro da qualunque forma di ragione, era la premessa di Breton che assegnò un ruolo fondamentale all’inconscio e al sogno.

Una delle caratteristiche principali del Surrealismo fu la grande risposta e partecipazione da parte di un numero vasto di artisti provenienti da diversi paesi che contribuirono a farne la storia. I surrealisti furono noti anche per l’importanza che davano alla condivisione e alla collettività del processo artistico. Schiere di artisti si radunavano in salotti o in caffé, soprattutto a Parigi fin dagli anni Venti, dove discutevano di arte o creavano insieme opere nate dalla loro collaborazione. Esempio calzante fu l’invenzione della tecnica del cadavre exquis, che prevedeva l’intervento di più artisti i quali si cimentavano, uno ad uno, alla realizzazione di un disegno o un dipinto aggiungendo di volta in volta il proprio apporto (una figura, un oggetto o un dettaglio) a una composizione già avviata di cui però non conoscevano i precedenti passaggi. Si trattava di opere frutto della casualità e rivelatrici dell’inconscio, in quanto agli artisti veniva chiesto di riprodurre la prima cosa a cui pensavano senza ricorrere ad alcun nesso logico o pensiero guidato.
Da qui si può già intuire quanto per i surrealisti fosse importante il legame con gli altri artisti del gruppo, il movimento era definito tale perchè “muoveva” insieme la creatività di più persone.
Molti artisti strinsero delle unioni tra loro, a volte semplici collaborazioni, altre volte forti legami. Nel Surrealismo ad esempio questi diedero vita a vere e proprie connessioni tra spiriti artistici, tra artista e artista, instaurando rapporti non solo di tipo professionale ma anche di natura amorosa.

Tante donne si unirono a molti artisti dimostrando fin da subito grande interesse per le attività del gruppo. Tuttavia alle rappresentanti del gentil sesso non veniva attribuito lo stesso rilievo artistico dato agli uomini. Un destino che ha condizionato la vicenda artistica di molte di queste donne: quasi sempre, soltanto l’allontanamento dal gruppo o dalla componente maschile di esso rese possibile un’autonoma maturazione dell’esperienza artistica.
L’essere pittrice significava tentare il confronto spesso difficile con l’idea che della donna avevano i protagonisti del movimento. I surrealisti concepivano la donna come mediatore tra uomo e natura o inconscio, strumento d’accesso al mondo dell’irrazionale; le attribuivano di volta in volta il ruolo di femme-enfant o femme-sorcière, musa, vergine, oggetto erotico, modella, bambola, emblema della rivoluzione.

Dorothea Tanning - Eine Kleine Nachtmusik, 1943

Dorothea Tanning – Eine Kleine Nachtmusik, 1943

Per i surrealisti, quindi, la donna usciva dal suo ruolo tradizionale di moglie e madre per diventare fonte di rivelazioni, sogni e libertà. Essi, quindi, superarono l’idea borghese di famiglia per praticare libere unioni di spiriti, compagni in tutte le avventure della vita grandi e piccole che fossero.
Uno degli ideali fondamentali del Surrealismo fu quello della “donna-bambina”, non solo un’immagine nella fantasia di Breton, ma un fenomeno reale esemplificato in figure come le pittrici surrealiste: l’infanzia era considerata la fase più vicina alla vita reale e la donna-bambina era vista come una creatura orgogliosa che non abbandonava mai il coraggio, la curiosità e lo spirito di avventura tipici dei primi anni della vita.
La donna-bambina, comunque, non fu l’unico modello ammirato dai surrealisti: ci furono anche streghe, incantatrici, vampire, sirene e sfingi. Tutte figure anticonvenzionali e archetipiche che superarono lo stereotipo di donna buona, pia, timorosa e angelo del focolare al servizio della figura maschile.
Per quanto nel gruppo surrealista la presenza femminile sia stata sempre ben accetta, l’apporto intellettuale di tante amiche, compagne e mogli è rimasto nell’ombra. In fondo, nonostante la rivoluzione per restituire dignità all’essere umano (sia uomo che donna), i surrealisti si rivelarono essere figli di una cultura maschile che concepiva la donna come ingrediente segreto e mistico della creazione.

Fu solo a partire dagli anni trenta che le donne surrealiste cominciarono ad essere considerate come artiste e a prendere parte ufficialmente alle esposizioni.
Le occasioni espositive e in generale i cataloghi o i testi critici riservavano uno spazio assai esiguo alla produzione delle esponenti femminili del movimento, determinandone la naturale esclusione. Ma nella seconda metà del Novecento, soprattutto studiose e critiche d’arte si occuparono del settore, tra tutte Whitney Chadwick che riconobbe ai surrealisti un carattere di misoginia e di ingiusta superiorità nei confronti delle donne. La Chadwick concluse nel 1985 il volume che sarebbe diventato presto strumento indispensabile per gli studiosi del surrealismo al femminile: Women Artists and the Surrealist Movement.

 Leonora Carrington - Adieu Amenhotep, 1955

Leonora Carrington – Adieu Amenhotep, 1955

Sulla presenza e sul ruolo della donna-artista all’interno del Surrealismo si sono espresse però altre esperte del settore e docenti delle più importanti Università americane. I pareri spesso risultano discordanti tra loro: sullo stesso versante critico della Chadwick, Susan Suleiman sostiene che le donne, per proporre una propria artisticità, dovevano elaborare opere diverse e opposte a quelle degli uomini; Rosalind Krauss, invece, è a favore di un riconoscimento della donna pari a quello dell’uomo. Nel suo testo, Celibi (1999), si è opposta alla visione della Suleiman, sostenendo che le artiste hanno lavorato analogamente agli uomini, che la loro arte non aveva bisogno di essere difesa, e che l’immaginario di una corrente artistica era in realtà fluido, quindi, assumibile da più di un sesso contemporaneamente.
Quello che emerse da questi studi fu l’indubbia e numerosa presenza di artiste (secondo la studiosa Penelope Rosemont sarebbero circa 300) “accanto” ai già più affermati esponenti del Surrealismo, ma anche la loro effettiva non appartenenza al movimento, sancita dalla mancanza delle loro firme in calce al primo manifesto surrealista del 1924. Non di rado, inoltre, le opere di queste artiste venivano investite dai surrealisti di significati del tutto diversi da quelli originari. Fu solo a partire dagli anni Trenta che le donne cominciarono ad essere considerate parte del movimento. Precedentemente venivano accolte o perché scoperte da alcuni membri del gruppo oppure perché ne diventavano le amanti; ed erano quasi tutte notevolmente più giovani rispetto ai propri compagni.

Remedios Varo - La Ciencia Inutil o El Alquimista, 1955

Remedios Varo – La Ciencia Inutil o El Alquimista, 1955

Tanti furono gli esempi di coppie nate proprio all’interno del gruppo, tra pittrice e/o musa e artista surrealista. Per citare alcuni esempi si possono ricordare Leonora Carrington, che visse con Max Ernst (il quale successivamente si sposò prima con la collezionista Peggy Guggenheim e poi con la pittrice Dorothea Tanning, anch’essa surrealista); Kay Sage, compagna di Yves Tanguy, Remedios Varo che fu moglie di Benjamin Péret, Helena Diakonova, detta Gala, musa e moglie del poeta Paul Éluard prima e di Salvador Dalì poi, Maria Benz, detta Nusch, moglie di Paul Éluard.
Risulta particolarmente interessante la testimonianza di Remedios Varo, in un’intervista rilasciata nel 1953, sul ruolo delle artiste all’interno del circolo surrealista:

Sì, ero solita frequentare i surrealisti. Sentivo una certa affinità con loro. Facevano riunioni che duravano moltissimo e in cui discutevano di molte cose. C’era da imparare […] Qualche volta ho anche esposto dei miei lavori alle loro mostre. Ma la mia posizione rimaneva quella di un’umile e timida ascoltatrice. Non ero considerata né abbastanza vecchia né abbastanza esperta per confrontarmi direttamente con uno di loro, con un Paul Éluard, o un Benjamin Péret, o un André Breton. Ero sempre l’allieva in mezzo a un gruppo di uomini brillanti e artisti di talento.

Qualcosa comunque sta cambiando, infatti, non solo la critica ma anche gli esperti del settore, storici dell’arte, curatori e mercanti d’arte stanno via via rivalutando l’arte di queste donne e artiste riconoscendone meriti e importanza. Non solo testi e monografie sono stati pubblicati ma tante esposizioni, collettive e individuali sono state organizzate in tutto il mondo in diversi musei che hanno dedicato al Surrealismo in rosa importanti mostre. Tra gli esempi più importanti segnaliamo la Manchester Art Gallery che nel 2009 ha organizzato la prima grande esposizione in Europa sul tema intitolata Angels of Anarchy: Women Artists and Surrealism, il County Museum of Art di Los Angeles con la sua esposizione del 2012 intitolata In Wonderland: The Surrealist Adventures of Women Artists in Mexico and in the United States, la personale su Leonora Carrington organizzata dalla Tate di Liverpool nel 2015, la Selling Exhibition che si è tenuta da Sotheby’s a New York nello stesso anno intitolata Cherchez la femme: Women and Surrealism che ha venduto pezzi fino a un milione di dollari.

Dario Lauria

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