Prorogata fino al 12 aprile, in P.za del Duomo a Pisa
Ad inaugurare i nuovi spazi espositivi dell’Opera della Primaziale Pisana in Piazza dei Miracoli, fino al 15 gennaio 2015 (prorogata fino al 12aprile), le opere dell’artista polacco Igor Mitoraj, scomparso il 6 ottobre di questo anno, ci mostrano come sia semplice coniugare e far dialogare la sacralità del de niveo marmore templum della cattedrale pisana, con la bellezza dei corpi scavati nel marmo, nel gesso e nel bronzo.
La mostra merita di essere vista, lentamente, seguendo l’illuminazione: le opere dello scultore sono per la maggior parte angeli, alcuni in marmo, altri in bronzo, altri ancora dipinti su tela e con la tecnica dell’encausto; sono angeli ma allo stesso tempo geni della classicità, Icari e Vittorie, sempre con una sola ala, mutilati come se fossero veramente reperti usciti da uno scavo del tardo settecento, bendati come la Fortuna, frammentati come esseri che dalla materia non hanno trovato la forza per compiersi e uscirne nella loro totale bellezza. Sono angeli muti ed enigmatici, forieri di segreti indicibili e soprannaturali, volti che riescono ad acquistare la valenza del sacro poiché collocati semanticamente nella piazza, oppure in contesti che ne evocano la carica religiosa, ma sono anche frammenti che vogliono mostrare la ricchezza e la grandezza dell’arte classica, più greca che latina.
Il riferimento è sempre duplice in queste opere esposte: se da una parte troviamo la Deèsis della crocifissione con Maria e un angelo, dove Cristo è un kouros greco che non è in croce, ma porta la sua condanna scavata nella carne, affondata nel bronzo in una geometria perfetta; dall’altra abbiamo un’esposizione di gessi che ritraggono teste di Atena, Gorgoni, Apolli mutili, piedi con sandali classici e mani giganti come parti appartenute ad un colosso di cui non sappiamo immaginare la grandezza, parti di volti di tutte le dimensioni che ci osservano, busti alati e busti di fanciulli giovanissimi, esposti come in una camera di un collezionista inglese dopo il Grand Tour.
Gli angeli divengono così gli ἄγγελοῑ, i messaggeri (ἄγγελος in greco vuol proprio dire messaggero), gli ambasciatori della cultura classica ma allo stesso tempo gli angeli, i messaggeri di Dio e della cristianità, dotati ora di corpi sessuati, scolpiti e sensuali, ma anche ritratti come ombre silenziose sul fondo oro sacro, come angeli custodi che Mitoraj ritrae bruciati dall’encausto, tecnica tipica con cui si realizzavano le icone nella tarda antichità.
In un bronzo in cui compaiono la Vergine (privata della calotta cranica) e l’angelo annunciante sempre mono-aptero, esposti all’interno di una piccola cappelletta in mostra, la Madonna indossa un chitone a panneggio bagnato a pieghe fittissime, aderente e quasi trasparente: è una fanciulla che pare uscita dalle mani di Skopas, o una sua menade che si raccoglie silenziosamente il vestito.
Mitoraj riesce qui a dare quella bellezza che solo gli angeli, il Cristo e la Vergine potevano avere, e lo fa tramite lo strumento dell’arte classica che dona al sacro una bellezza per noi mondana. L’abilità dell’artista sembra qui essere uno strumento coerentissimo al luogo in cui è ospitata, infatti essa s’inserisce perfettamente in quella temperie artistica pisana che caratterizzò la Piazza sin dalle opere di Nicola Pisano: rendere bello il sacro attraverso il confronto con la classicità, rendere splendido, armonioso e atletico il corpo dell’uomo e del divino, a cui Mitoraj aggiunge quella sua personale e moderna cifra dechirichiana ed enigmatica… Ogni sua scultura è come un organismo monco, non solo perché reperto ma anche perché sembra aver perso qualcosa ed è abitato da piccoli esseri parassitari: minuscole teste affiorano sui petti, sulle gambe e sulle teste delle sue creature, scombinando la verosimiglianza e il naturalismo che a prima occhiata ci travolge, trasportandoci nel ricordo dell’antichità. I suoi angeli sembrano interrogarsi sull’essenza di loro stessi, sulla loro esistenza e realtà, e probabilmente invitano anche noi a interrogarci sui noi stessi e sulla nostra coerenza di esseri umani. Essi sembrano veramente essere creature esistenziali in via di trasformazione, creature che si plasmano mutando aspetto e significato.
Consiglio: andate a vedere la mostra in un giorno di pioggia o di cielo grigio. Nelle stanze la luce diventa bianca e brilla sui marmi, il vento sibila tra i cardini delle finestre, il silenzio totale delle stanze vi avvolge, e tutto si tinge di tonalità gelide e soprannaturali.
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