Luisa Pasello, gli incontri che cambiano una vita

TCF PROSA 04 ASPETTANDO GODOT

Ritratto di una teatrante, una guida, visto da chi l’ha conosciuta

 

Questa volta non posso proprio utilizzare il plurale.

C’è qualcosa che  mi scivola  fuori dalle dita che zigzagano su questa tastiera, un’immagine, un ricordo, che prende la forma di un’ombra. E sono io, io sola, io, Chiara, che vorrei condividere con voi una storia, un’avventura che conosco molto bene, una piccola creatura che continua a crescere e a prendere forma. Vorrei raccontarvi della scintilla prometeica che le ha dato vita, ormai più di due anni fa.

Sto parlando della Compagnia amatoriale G.A.T.E del Teatro Era di Pontedera e di Luisa Pasello, che purtroppo ci ha lasciato.

Un anno fa, il 7 ottobre, Luisa se n’è andata.

Non voglio dilungarmi in belle parole o frasi di circostanza, perché quando si parla dei morti spesso diventiamo retorici. Posso dirvi però con estrema onestà che chi ha avuto la fortuna di conoscerla non potrà dimenticarla, come artista e come donna.

Luisa, insieme alla gemella Silvia, ha scritto una pagina immortale nella storia del teatro contemporaneo. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 1981 ha iniziato la sua formazione professionale, sempre nello stesso anno, all’interno del progetto di ricerca teatrale “L’Eresia del teatro: Stanislawskij” diretto da Dario Marconcini e Paolo Pierazzini, con Jerzy Sthur e Ryzard Cieslak, il grande attore del Teatr Laboratorium di Grotowski, nel centro studi ricerche teatrali di Pontedera.

Non scorderò mai la prima volta che le ho viste in scena, insieme, “le gemelle Pasello”.

Era il 2005 e io già mi aggiravo per i teatri travolta da un’immensa meraviglia. Lo spettacolo era  Aspettando Godot con la regia di Roberto Bacci.  Fu la sera in cui mi innamorai di Beckett, non solo per le sue parole dall’immensa forza scenica ma anche e soprattutto perché Didi e Gogo avevano i volti di Luisa e Silvia.

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La Compagnia amatoriale G.A.T.E. è nata all’inizio del 2012, sotto la guida di Luisa.

Non un laboratorio attoriale, non un corso di recitazione, ma uno spazio aperto a tutti, gratuito, dove ad unire le persone c’era la passione per il teatro. Perché amatoriale in fondo significa proprio questo. Amatore è colui che ama. Noi amiamo il teatro, e lui ama noi, anche se spesso ci mette alla prova.

Più di sessanta persone si presentarono al primo incontro: giovani universitari, impiegati statali, insegnanti, pensionati, liberi professionisti… Il teatro non guarda in faccia nessuno, o per meglio dire, ci guarda tutti, indistintamente, e ci entra in circolo, nel sangue e nel cuore senza che nessuno possa farci niente.

Il tempo poi decide al posto nostro. Chi ama davvero resta, perché, pur gratuito, si tratta di un impegno che richiede energia e convinzione nel mettersi in gioco, a nudo, in mezzo agli altri.

Come in ogni storia però c’è un colpo di scena. Un brutto giorno Luisa si è ammalata. E per noi è stato come rimanere orfani. Ma quella passione, già viva in noi, era stata così magicamente alimentata da Luisa da non poterci permettere di abbandonare il nostro Teatro. Ed abbiamo deciso di andare avanti.

A questo punto della storia le cose cambiano per me personalmente.

Mi ero avvicinata a questo progetto non per recitare ma per imparare ad avere uno sguardo esterno sul lavoro, sulla regia e su tutti i processi di questa sacra macchina umana; insieme a me le mie amiche, sorelle, compagne di studio e di vita Rosa e Marianna.

Abbiamo preso le redini della compagnia, titubanti, nonostante l’appoggio degli attori, che si sono fidati e ci hanno spalleggiato in questo salto nel buio.Sapevamo che anche in tre, mettendo in gioco tutta la preparazione universitaria di cui disponevamo e le nostre esperienze personali, non saremmo state neanche l’ombra di Luisa.

Ma lei c’era sempre,  nonostante le sue condizioni. Aspettava il resoconto della settimana da Rosa per telefono e gli incontri saltuari, quando la salute glielo permetteva.

Ma non è per questa disponibilità che voglio oggi renderle merito.

Voglio ringraziarla perché ci ha insegnato che gli incontri che cambiano la vita esistono. E non sto parlando dell’incontro con lei, ma di quello fra noi, il nostro trio: Luisa ci ha insegnato, o meglio, ci ha ricordato, che quando trovi qualcuno con cui riesci a crescere e lavorare, esprimendo al massimo te stesso senza rivaleggiare con l’altro ma essendone solo arricchito, hai trovato un tesoro più unico che raro. É un delitto trattarlo con noncuranza perché se riesci a essere cosciente di questa forza puoi arrivare dove vuoi.

Un anno fa, il 7 ottobre, Luisa se n’è andata.

Noi però siamo ancora qua, per lei ma soprattutto per noi.

Chiara Lazzeri

 

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One comment to “Luisa Pasello, gli incontri che cambiano una vita”
  1. Complimenti per l’articolo.
    Mi piacerebbe avere qualche informazione sul gruppo teatrale amatoriale. È ancora possibile entrare a farne parte?
    Grazie,
    Vittoria

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