Usa vs Cina. Il confronto al Polo Piagge organizzato da Limes Pisa

Lunedì 13 febbraio si è svolto al Polo Piagge un incontro geopolitico organizzato da Limes-Pisa, dove il tema principale era la Cina, la sua sfida con gli Usa e il mondo. A questa lectio magistralis sono intervenuti diversi professori dell’Ateneo pisano, tra cui Neri Gualdesi docente di relazioni internazionali, Tamburini docente di storia dei paesi afro-asiatici, Marzano docente al dipartimento di civiltà forme e sapere e infine il direttore e il fondatore di Limes, Lucio Caracciolo.

La professoressa Neri Gualdesi, esperta degli Usa, ha parlato dei rapporti tra Pechino e Washington: la Cina infatti sta costruendo un sistema alternativo a Bretton-Woods, mentre assistiamo alla fine della pax americana, sia economica che militare.  Secondo Lucio Caracciolo, la Cina in questo secolo, è l’unico sfidante degli Usa. Ma nonostante tutto, i consiglieri statunitensi la ritengono vulnerabile; La Cina, dal canto suo, pensa che gli Usa abbiano perso il primato del mondo con la crisi del 2008, e di conseguenza anche il suo modello di globalizzazione. La politica estera di Obama è stata chiamata “strangolamento della Cina”: questa manovra ha però avvicinato i russi ai cinesi. Anche Trump vuole continuare una politica in tale direzione, inasprendo ancora di più, passando da un contenimento a un Roll back, come aveva attuato Eisenhower contro l’Urss. Questo “duello” interessa e/o influenzerà il resto del mondo, noi compresi.

In Europa, le relazioni e gli intenti con Pechino sono diversi: Londra attrae gli investimenti cinesi, mentre Berlino cerca una fetta del mercato cinese, grazie anche a dei rapporti bilaterali prolifici. La Cina, dal canto suo, ha sostenuto l’Euro e l’Eurozona, investendo ad esempio in Grecia, perché un indebolimento europeo metterebbe a rischio gli affari cinesi. Il prof Caracciolo ha parlato di come i cinesi trovano il mercato europeo fondamentale, soprattutto quello tedesco. Infatti per arrivare in Germania, cercano un porto nel Mediterraneo, e sembra che l’abbiano trovato a Trieste. La Cina di oggi cerca di stabilire delle nuove “vie della seta”.

 

Il professor Tamburini ha invece parlato dei rapporti tra la Cina e l’Africa: la Repubblica Popolare si è interessata al continente nero dopo la conferenza di Bandung, mentre l’URSS aveva delle difficoltà e infatti era malvista, perché considerata “social-imperialista”. L’approccio della Cina in politica estera si basa sui 5 pankasha di Nehru.

Dal punto di vista economico, la Cina esporta in Africa molti prodotti, tra cui anche le copie non brevettate del Kalashnikov e i machete (vedi la guerra civile in Rwanda). Nel 2001 la Cina è entrata a far parte dell’organizzazione mondiale del Commercio, ma tuttora conserva delle zone franche in Africa, con un’esenzione dei dazi su 100 prodotti. A differenza di quanto si può pensare, attualmente la Cina è la settima potenza che investe in Africa.

In Africa, Pechino partecipa anche alle operazioni di peacekeeping nel continente nero, come in Mali, Libano, Liberia, Sud Sudan: ed è al nono posto nel mondo come fornitore di caschi blu. Il primato però spetta al Bangladesh.

Il professor Marzano ha parlato del rapporto tra il Medioriente e la Cina. I primi rapporti diplomatici sono stati avviati nel 1955 col riconoscimento reciproco tra Egitto e Cina. Col proseguire delle buone relazioni nella regione, la Lega Araba ha sostenuto le rivendicazioni della Cina nel Mar Cinese Meridionale. Mentre sulla questione arabo-palestinese, Pechino preferisce essere “equidistante”, come fa l’Italia. A differenza di Russia e USA, la Cina riesce a dialogare con tutti (Iran e Arabia Saudita): infatti nel gennaio ’16 il presidente Xi Jinping ha visitato Teheran, Il Cairo e Ryad.

Dal punto di vista militare, la Cina sta costruendo la sua prima base militare a Gibuti: zona strategica per il passaggio delle merci cinesi in Europa. Pechino è anche impegnata a combattere lo Stato Islamico, soprattutto per le influenze del Daesh nella regione dello Xianjing.

Gli scambi economici tra Medioriente e la Cina riguardano la fornitura di greggio (circa 51%) in Cina e il ferro viceversa.

Lucio Caracciolo, docente alla Luiss presso scienze politiche, ha parlato di come Xi Jiping è il leader cinese più potente dopo Mao Zedong, e la sua fase politica è sopranominata Risorgimento. La Cina stessa, in questo secolo, è l’unico paese che può sfidare gli Usa.

A livello diplomatico, il gigante asiatico ha due alleati “scomodi”: la Corea del Nord e Pakistan. Infatti nel Baluchistan pakistano, la Cina ha costruito un porto commerciale, che al tempo della costruzione era ben difeso da 13 mila soldati cinesi, a causa dell’instabilità politica e sociale del luogo.

Il nazionalismo cinese è relativamente recente, ma affonda le radici nelle guerre dell’oppio: infatti in quell’epoca, i cinesi subirono disfatte militare e politiche, generando un complesso d’inferiorità dovuto a quel periodo di grande instabilità, che solo ora lo stanno superando.

A livello interno, oltre a problemi di censura e rispetto dei diritti umani, infatti la Repubblica Popolare ha un problema con la regione dello Xinjing: qui abitano popolazioni di ceppo turchese che professano l’islam, le quali subiscono le influenze dei radicalismi islamici.

Anche i paesi limitrofi hanno il loro peso nello scacchiere orientale: il Giappone è partner commerciale con la Cina: mentre sul piano militare può avere la bomba atomica in 2 mesi ed è stanco della tutela statunitense; la Russia invece è uno Stato che non produce nulla, tranne le proprie materie prime, e ha anche un problema di bassa natalità: ma ultimamente ha riallacciato buoni rapporti con il vicino, soprattutto in funzione anti americana.

Gli USA stessi, non sono più in grado di controllare e influenzare gli altri Stati, basti ricordare che non hanno più vinto nessuna guerra dalla Seconda Guerra mondiale, la quale è stata vinta soprattutto grazie ai sovietici. Pechino però, a differenza di URSS e USA non vuole fare il gendarme del mondo: la Cina vuole un mondo senza bombe nucleari e senza il blocco dei commerci. Nelle relazioni diplomatiche Pechino non transige su una questione: non accetta il riconoscimento della Repubblica di Cina, ossia il Taiwan.

L’ascesa dell’Asia non deve essere l’eclissi dell’Occidente.

Ma la domanda che ci poniamo è seguente: la Cina è pronta a sostituire gli USA?

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