PISA – Il Pisa Book Festival può dirsi ormai l’appuntamento più atteso della stagione autunnale pisana. Conclusosi il dieci novembre, il Pisa Book, giunto alla sua diciassettesima edizione, si conferma, ancora una volta, fra i migliori festival dedicati alla editoria indipendente. Un boom di ingressi, più di duemila appassionati lettori pisani (e non solo) hanno occupato il Palazzo dei Congressi nel weekend fra il 7 e il 10 novembre, apprezzando il grande lavoro organizzativo dell’associazione che, in questa edizione 2019, ha deciso di ospitare non un solo paese, ma l’intera Europa, con una maggiore attenzione su Romania e Portogallo.
Grazie alla partnership instaurata con l’Università di Pisa, il festival ha potuto offrire al suo pubblico un ampio approfondimento della letteratura contemporanea di questi due paesi, mediante il supporto specialistico dei docenti, Valeria Tocco (letteratura portoghese) ed Emilia David (letteratura romena). Due paesi geograficamente opposti, ma accomunati da un passato difficile – entrambi sottoposti al regime dittatoriale – e da un presente che li definisce paesi europei di primo ordine. Da un lato, quindi, la domanda: «dove va la letteratura portoghese oggi?», dall’altro, la consapevolezza di un nuovo stato sorto dalle ceneri di un muro (il muro di Berlino) che, proprio quest’anno, ricorda i trent’anni dalla caduta (1989).
Il Pisa Book Festival è tanto altro. È la possibilità di guardare alla letteratura in modo diverso, in una maniera più diretta e coinvolgente che il classico manuale accademico esclude. È insita, nel progetto del Pisa Book, la volontà di far scoprire e incuriosire il suo fedelissimo pubblico che, a anche quest’anno, ha saputo recepire questo desiderio, non lasciandosi intimorire dalla pioggia e cercando un posto a sedere fra dibattiti, pensieri e prodotti fictionali “di poco conto”. L’enorme affluenza fa credere che – a differenza di quanto si possa pensare – esista una bella fetta di gente che ancora legge, ascolta, pensa e desidera imparare.
Il programma è ricco e serrato, diviso in varie sezioni e rubriche per tutti i gusti: dal Repubblica caffè, curata dai giornalisti Laura Montanari, Fabio Galati e Gianluca Monastra, de La Repubblica, al Made in Tuscany, a cura di Vanni Santoni che, approfondendo la scena letteraria toscana, ospita scrittori del territorio; ai laboratori, dedicati ai più piccoli, fra letture e progetti di disegno. É proprio a questi ultimi che il festival si è rivolto maggiormente: è nato infatti quest’anno il progetto #Leggereascuola, iniziativa rivolta alle scolaresche (dagli istituti di primo grado a quelli di secondo grado superiore) al fine di promuovere l’importanza del libro e della lettura. E infine, la sezione Translation Hub, dedicata al panorama letterario internazionale, costituito da autori e traduttori. Un ruolo centrale, quindi, è certamente dato dagli ospiti, i protagonisti essenziali del festival. Ecco emergere Catherine Dunne, già ospite negli anni passati, a rappresentare l’Irlanda con Come cade la luce (edito Guarda); Clare Hunter, autrice scozzese con Threads of Life; Fouard Laroui, Francia, con I tormenti dell’ultimo Sijilmassi (a cura di Del vecchio Editore); Björn Larsson e La lettera di Gertrud (edito Iperborea), in cui, fra intrecci familiari e nuove identità smascherate, l’autore percorre l’interiorità di un uomo che, alla morte della madre, scopre la vera identità della donna e, di conseguenza, anche la sua. Oltre alla letteratura però, al Pisa Book Festival si parla anche di scienza con la lectio magistralis del Premio Nobel Barry Barish che ha attratto un gran numero di curiosi e interessati.
A testimoniare, invece, le sorti di una letteratura altra – meno esposta al lettore ma non per questo secondaria – una rappresentanza di scrittori la cui età, così differenziata, ricopre l’arco di ben due generazioni: Luís Cardoso, autore timorense, con L’anno in cui Pigafetta completò la circumnavigazione, edito da Edizioni dell’Urogallo; Almeida Faria con Tetralogia Lusitana che, raccontando la storia di una famiglia di proprietari terrieri, mette in rilievo il cambiamento storico e sociale della sua terra: dalla dissoluzione del regime autoritario a quello di una struttura sociale arcaizzante. Un vero e proprio signore, gentile e cordiale con il pubblico, Faria ha letto e raccontato il primo volume, La Passione, oggi edito da Le Edizioni dell’Urogallo in una nuova traduzione a cura di Marco Bucaioni. Radu Pavel Gheo che, con Buona notte, bambini, edito La Zisa, presenta al lettore il mutamento di un paese che, attraverso la storia di quattro amici, dal 1956, sotto la dittatura di Ceauȿescu, arriva al Duemila. Indossando i panni di testimone della storia, lo scrittore ha raccontato al suo pubblico la verità e l’attendibilità di quel desiderio di fuga, intriso nella mente dei protagonisti. É l’occidente l’unica vera meta agognata, quell’altrove nel quale ritrovare la libertà. A questo punto, si chiede Gheo, come è possibile definire la Romania? La storia si è fatta portatrice di una serie di denominazioni che hanno separato questo paese dall’ovest, come a marcare un territorio di serie b. Ma oggi invece?
Tre giornate tutte dedicate ai libri, alla letteratura e alla cultura che, all’interno di una città come Pisa, così culturalmente ricca, non potevano mancare. Invito, dunque, coloro che non conoscono questa realtà ad approfondire, non dimenticando che, anche intorno a noi, esistono belle e sane iniziative. L’obiettivo di oggi del Pisa Book Festival è quello di continuare a promuovere la letteratura locale ma anche di continuare a crescere, soprattutto all’estero. L’appuntamento è ora alla diciottesima edizione, il prossimo novembre 2020.
Di fronte all’apparenza, alla superficialità e al transitorio, il Pisa Book Festival si fa ambasciatore di un messaggio fondamentale per noi uomini: la promozione dell’eternità della letteratura e della cultura.
Photocredit: Carmela Rita Chirico
Carmela Rita Chirico
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