Giochi nell‘acqua (Drowning by Numbers, Peter Greenaway, 1988)
Peter Greenaway: l’acqua, la vita e la morte.
Peter Greenaway dedica due dei suoi lavori giovanili ad uno dei temi che più ossessiona la sua produzione: l’acqua. In Water crea dei suggestivi paesaggi acquatici, mentre in Water wracktes il corso acquatico è accompagnato da una voce over che narra le fantasiose imprese di un popolo di guerrieri tra le dighe dei laghi inglesi. L’acqua ha sempre affascinato il regista per la sua trasparenza ed il suo scorrimento, paragonabile a quello della vita; ma in Giochi nell’acqua questo stesso elemento diventa la feroce arma di delitto di tre donne. Premiato dalla Giuria di Cannes l’anno dell’uscita, nel 1988, Giochi nell’acqua ha ottenuto notevole popolarità in Inghilterra per il suo humor noir.
Il titolo originale si distacca da quello tradotto: non sono semplici Giochi nell’acqua, ma Drowing by numbers, letteralmente “affogare tra i numeri” che rimanda all’ossessione per i numeri di vari personaggi. Fra di essi, la ragazza in abiti seicenteschi che conta le stelle fino a 100 saltando la corda, ispirata al celebre dipinto di Velasquez, Las meninas; c’è poi il figlio del medico legale, ossessionato dalla conta di elementi non catalogabili, come i capelli, ma anche dei cadaveri che puntualmente recupera e dei numeri di giochi elaborati. Drowing by numbers allude anche alla painting numbers ovvero a quei giochi in cui bisogna riempire di campiture le zone numerate, ottenendo un ottimo risultato a patto che si segua la logica della conta, che per Greenaway è paragonabile alla realizzazione di un film.
La trama è incentrata sulla ripetizione: tre donne di nome Cessie, nonna, madre e figlia, che riassumono le tre età dell’essere umano – adolescenza, maturità e senilità – annegano i loro mariti perché tradite, trascurate o sospettate. Tre donne insoddisfatte delle loro relazioni sentimentali. Tre manipolatrici in quanto riescono a sfuggire alla condanna corrompendo il medico legale Madget, anche lui ossessionato come il figlio dai giochi. Una storia di universi femminili che uccidono nell’acqua, che sanno muoversi abilmente in mare e in piscina, in netta contrapposizione con il mondo maschile che arranca, non riesce ad intervenire sul proprio destino se non come osservatore che fallisce affogando.
L’acqua potrebbe essere anche interpretata come una metafora della capacità della donna di produrre vita, l’interno dell’utero ricorda appunto uno spazio acquatico inesplorato, mentre l’uomo non dotato di questa possibilità può emulare l’atto creativo soltanto nella sua falsificazione: nell’artificio del gioco e dell’arte. Infatti Peter Greenaway è ossessionato dalla tragicità dell’esistenza umana dove si hanno solo due certezze: «per ogni essere umano almeno due che l’hanno preceduto hanno avuto un rapporto sessuale per generarlo e questo è come tutti noi destinato alla morte». Sesso, nascita e morte sono le tematiche onnipresenti nella produzione cinematografica del regista gallese.
Numerose le citazioni pittoriche nel film: oltre al menzionato Velasquez, compare nella camera di Madget una riproduzione de I giochi per bambini di Bruegel Il vecchio che allude all’importanza del gioco come emulazione della vita e come ossessione di padre e figlio, ed il canonico Sansone e Dalila di Rubens.
Francesca Lampredi
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