kasabian a Milano, una nuova forma di rock

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Al Mediolanum Forum di Assago il concerto dei Kasabian

Il primo novembre al Mediolanum Forum di Assago sono entrati in scena i Kasabian: due ore di concerto per l’eccentrica e narcisista band di Leicester che ha da poco consacrato il suo successo nelle nuove generazioni adolescenziali con l’ultimo album dal titolo 48:13.

Al concerto ero presente anch’io: dal 2004 seguivo il gruppo ma mai li avevo visti live. Attendevo la loro carica eversiva, il loro saper unire il rock degli Oasis a quelle sonorità sciupate e stanche della scena musicale di Manchester dei primi anni novanta; aspettavo quel brivido di diversità che li aveva contraddistinti sin dai primi singoli, quell’energia corale e triste, quel loro saper mutare ogni pezzo in un grido di battaglia o in un inno cantilenante… Insomma attendevo con ansia l’esperienza personale del live, perché è sempre difficile giudicare l’approccio “umano” di una band dalle versioni studio e dai semplici video. E poi volevo vedere l’umanità differenziata che come me li aspettava, vedere insomma “chi” amava i Kasabian e come li amava.

IMG_1396Per descrivere questa esperienza non vorrei partire dalla musica dei Kasabian, quella la possiamo esperire facilmente allenando le nostre orecchie, ma da quell’atmosfera che si era creata all’interno del Mediolanum Forum, quel magnetismo che era nato tra i fan e la band. Prima dell’inizio del concerto l’ansia era elevata: gente di tutte le età esibivano magliette del gruppo, in particolare quelle con il disegno della cassa toracica in stile scheletro, giovani e giovanissimi parlavano dei singoli della band e facevano vari apprezzamenti sulle precedenti esibizioni e in particolare sul carisma di Sergio Pizzorno, il chitarrista dalla magnetica e istrionica presenza.

Le luci si spengono ed è il delirio: i Kasabian entrano tra fasci di luce blu e nebbia, degni di uno show fantascientifico dei tardi anni 70 e suoni elettronici e atmosferici introducono il pezzo di apertura: Ecstasy.

Le violiniste salgono sul palco: con una tuta nera che le rende scheletri stilizzati, proprio come quella dei fan e quella che indossava Sergio, prendono posto per suonare un altro grande pezzo del repertorio della band: Where Did All The Love Go. Il concerto procede con delirio rock, inni da stadio e ritmi da Madchester rave (Underdog, Days Are Forgotten, Shoot The Runner, Re-Wired, Empire), dove il pubblico (me compresa!) ballava e si scatenava come su brani di musica techno tra una schitarrata alla Liam Gallagher e un loop alla Kraftwerk, per continuare con pezzi romantici come Goodbye Kiss e come quello che Sergio ha dedicato alla moglie dopo un augurio di buon compleanno in italiano, supportato linguisticamente dalla folla del Mediolanum.

IMG_1399Insomma, il concerto era rock, ma caspita, si ballava alla grande. Tra la band e il gruppo si era andato a creare un rapporto confidenziale: Tom, il cantante, ci offendeva perché non gridavamo abbastanza forte e ci esortava a rispondere ai suoi continui “fucking qui…fucking là…” mentre la folla sbraitava nel delirio. Se in passato i Kasabian si erano mostrati come degni eredi degli Oasis e della scena musicale del Madchester adesso si erano trasformati per il loro pubblico in un ibrido musicale da stadio: rock ed elettronica si erano fusi in un connubio che, per il nostro decennio, non più tanto abituato a quelle distinzioni tra la musica rock vera e propria e il pop-house-elettronico, è diventato un sound abituale. I Kasabian, mostri e scheletri del palcoscenico, dediti alla rievocazione del grottesco che tanto piace (silenziosamente) a queste ultime generazioni, facevano ballare, stregavano con show di luci e neon vicine più allo spettacolo che tende a stupire il senso della vista più che quello dell’udito. Tra grottesco e ironico si sono lanciati nel rievocare la cover di Ghostbusters, in perfetto stile anni 80, e Praise You di Fatboy Slim mentre Sergio, con i suoi pantaloncini da scheletro e una curiosa coda di procione attaccata al sedere, saltellava sul palco.

Sono rock i Kasabian? O meglio ci si può chiedere: cosa è rock nel 2014? Una ragazza con cui ho parlato prima del concerto, grande fan dei Kasabian e degli Arctic Monkeys mi ha detto: “Sono andata a vedere Gaga, e tornerò a vederla a Zurigo. Ho visto anche Rihanna, Madonna e i Depeche Mode. I loro concerti non sono veri concerti, sono show, per questo vale la pena andare a vederli”.

Anche noi siamo andati a vedere i Kasabian. Badate bene a VEDERE. La musica si sta trasformando sempre più in un’esibizione che colpisce il senso della vista e i fan lo sanno bene: mostrarsi, vestirsi e pettinarsi in un certo modo, adattarsi insomma alla “moda” che nasceva dal palco scenico delle star musicali è sempre stato un comportamento umano che conosciamo fin troppo bene. Ma ora tutto sembra sovrapporsi, ibridarsi e mescolarsi: generi che si mischiano l’un l’altro, messaggi che diventano sempre più flebili, concerti che divengono show visivi che stimolano l’occhio e la percezione attraverso una semiotica che da effimera diventa culturale e comportamentale.

Nell’era della vista, preiconizzata dai Buggles con Video Killed The Radio Stars, anche un gruppo dal rock potente e per così dire “storico” come quello dei Kasabian, non si accontenta più di stimolare la piacevolezza dell’udito ma usa l’arma più potente, quella dell’occhio. Tutto questo può essere vero, ma un’impronta rock, se così si può nominare, resta: alla fine del concerto tutta la folla del Mediolanum (da bravi italiani) è uscita cantando il ritornello di LSF, il pezzo di chiusura, in veri cori da stadio come ad un concerto degli U2 si fa solitamente con Pride (In The Name Of Love).

1604551_769029656468937_4052135558703269047_n Virginia Villo Monteverdi

            

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