Il Mundial dimenticato

Pisa – Settimana del Cinema – 10 Aprile 2015 Mixart ore 21

Workshop di Lorenzo Garzella

locandina

Mundial dimenticato

La Settimana del Cinema di Pisa, oltre ad aver accolto più di 200 produttori internazionali, ha dato modo a molti autori del capoluogo toscano di presentare i loro lavori più o meno recenti ed incontrare un pubblico interessato. Questo è il caso dell’evento svoltosi Venerdì 10 Aprile alle ore 21 al MixArt di Pisa. Protagonista della serata era il documentarista e regista Lorenzo Garzella, autore (insieme a Filippo Macelloni) di quel bellissimo mockumentary chiamato Il mundial dimenticato (presentato alla 68^ Mostra del Cinema di Venezia) ed attualmente in rampa di lancio con la serie-tv Crazy Dreamers. L’incontro con Garzella, pisano, classe 1972, è calibrato su Il mundial dimenticato, sulla storia di questa tipologia di documentario, su esempi riguardanti generi ai quali è stato applicata questa tipologia di trattamento e aneddoti vari.

In una Sala MENTE colma di sguardi attenti, Lorenzo Garzella comincia a presentarsi e a dare delle coordinate su cosa sia il mockumentary. Per chi non lo sapesse, Il mundial dimenticato è un lungometraggio che racconta i mondiali – inventati – di calcio che si sono giocati in Patagonia nel 1942. Garzella ha preso spunto da una frase («I Mondiali del 1942 non figurano in nessun libro di storia, ma si giocarono nella Patagonia argentina») di un libro di Osvaldo Soriano per creare un universo calcistico e umano originale e con una potenza visiva che supera ogni immaginazione. Da sempre appassionato (e professionista) di documentari sul calcio e meno amante delle fiction calcistiche, Garzella ha pensato subito di utilizzare il linguaggio del documentario, un particolare tipo di documentario: il mockumentary. Mock ha diversi significati tra i quali “finto”, “falso”, “scherzoso”, “ironico”, “imitato”. Il mockumentary ha una tradizione cinematografica, e non solo, che spazia in quasi tutti i generi; utilizza gli elementi del documentario, ovvero reportage, vecchie fotografie, servizi in loco, materiale d’archivio, ma tratta una storia di finzione con una vena ironica. Da questo punto in poi la serata ha preso le forme di un interessantissimo excursus storico di questa forma di documentario: Garzella parte dal famoso programma radiofonico di Orson Welles nel quale leggeva La guerra dei mondi di H.G. Wells, fatto che scatenò il panico tra la popolazione proprio perché conteneva una traccia della realtà per riraccontare una storia che creava un cortocircuito tra finzione e realtà in modo da far ondeggiare lo spettatore. E gli spettatori, tra cui giornalisti e produttori navigati, hanno ondeggiato anche per Il mundial dimenticato: questo significa che gli autori hanno saputo calibrare in modo preciso tutta una serie di linguaggi adatti ad elevare ad un livello verosimile le cose false per poi consolidarle con un pizzico di verità.

Il film è da considerarsi un documentario o no? Garzella ha presentato questo lavoro in moltissimi festival sparsi per tutto il mondo e «a volte ero nella categoria documentari e a volte ero nella categoria della fiction, in modo schizofrenico e non è una questione di etichetta che ti mettono, sono proprio due mondi diversi. Quando tu vai ad un festival come documentarista sei nell’hotel peggiore, ti proiettano nella sala quella sgangherata. Se sei nella fiction invece sei nell’hotel più grosso, ecc…ecc. In piccolo questo è quello che succede nel mercato, perché un film come un mockumentary lo devi anche vendere e come al solito un documentario lo vendi ad uno, un film di fiction lo vendi a 10». L’autore, durante tutta la produzione, ha pensato al suo lavoro sempre come una commedia surreale travestita da documentario e non si era chiesto se ci fossero stati problemi di vendita e distribuzione e non credeva possibile che fosse stato inserito nella categoria dei documentari per dei motivi ben precisi: c’è un racconto da cui è desunta una sceneggiatura, ci sono degli attori e una ricostruzione scenografica. Però ne Il mundial dimenticato ci sono anche delle interviste a personaggi che dicono soltanto cose vere e a personaggi che dicono un minimo di verità. Ma se nel genere mockumentary conta la forma più che il contenuto, come la risolviamo la questione dell’appartenenza? Sono o non sono presenti i codici standard dei film di finzione? Sono interrogativi interessanti che vanno oltre la singola etichetta, ma che riguardano anche la vendita, la distribuzione e la promozione di uno specifico prodotto.

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La serata poi prosegue con alcuni focus sui più importanti mockumentary prodotti dagli anni ’60 ad oggi. Nel 1965 viene girato The War Game di Peter Watkins, un documentario – girato per il ventesimo anniversario di Hiroshima – che oscilla tra essere un documentario sul futuro ed una finzione fanta-futuribile ma che non ha quella vena “mock” tipica del genere. Il mockumentary è andato a braccetto spesso e volentieri con la musica: Beatles, Spinal Tap e i loro alter-ego, The Folksman, sono gli esempi che Garzella ha fatto. Sono state citate anche le parodie dei Monty Python, Zelig di Woody Allen, Forgotten Silver di Peter Jackson, il filone degli horror guidato dall’italiano Cannibal Holocaust (Ruggero Deodato, 1978) e portato al successo globale, negli anni ’90, da The Blair Witch Project.

Una serata di cultura cinematografica poco conosciuta e dibattuta, ma di grande interesse. E di grande interesse sono state le parole di Lorenzo Garzella, un talento nel girare, ma anche nel raccontare il suo mestiere.

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Tomas Ticciati
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