Giornata della Memoria. Consapevolezza o rito?

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Quasi un quarto di secolo è intercorso ormai e abbiamo da raccontare numerose iniziative e la grande diffusione che questa Giornata ha avuto negli anni; possiamo anche, però, raccogliere le voci e le domande che in questi anni si sono fatte su quanto si siano diffuse le celebrazioni e soprattutto a chi si siano rivolte: ai giovani, agli studenti nelle scuole, alla cittadinanza.

Giornata della Memoria

Lo scorso anno il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo notava che, nonostante ci fossero più di 150 iniziative nel paese, appariva anche una sorta di allarme: «La liturgia non basta, un giorno non basta, c’è bisogno di formazione civile, di conoscenza, di coscienza e comportamenti adeguati.» E’ vero che anno dopo anno questa giornata, come la costruzione di una memoria pubblica, di una data inserita nel nostro calendario civile, sia divenuta rito e scaduta nella retorica, a rischio di perdere presa nella società. Il rischio che la ripetizione crei assuefazione. Il rischio che diventi un rituale per colmare il dolore, quasi fosse un modo per risarcire. Non c’è risarcimento possibile per quel dolore. Come scrive Elena Lowental, «quando viene presentata come omaggio, come risarcimento del paese alla comunità ebraica la ricorrenza è concepita come qualcosa che riguarda gli altri, le vittime, come una data che non riguarda noi come comunità nazionale; dovrebbe essere un giorno di assunzione di responsabilità, un giorno per costruire una riflessione civile.»

Raccontare le storie di famiglie ebree e dei legami con la città e le comunità di cui sono state e continuano ad essere parte, come a Pisa, dove sono presenti sul territorio da oltre 1000 anni, come testimoniano le incisioni sulle mura in prossimità del cimitero ebraico. Si tratta di trasmettere il messaggio che la storia ebraica fa parte della grande storia e come tale appartiene a tutti, anche quella della Shoah.

Perché, come ricorda anche Anna Foa – docente emerita di Storia Moderna – «Il giorno della Memoria non è stato inventato per gli ebrei, ma semmai per tutti gli altri. Gli ebrei , come è già stato detto in passato, non hanno bisogno di un Giorno per ricordare, ma il mondo sì, per capire che la Shoah è un monito, non soltanto un ricordo di quello che è stato, un monito perché non succeda più, e non succeda per nessuno» Cosa è stata la Shoah ?

La Shoah è il frutto di un progetto d’eliminazione di massa che non ha precedenti, né paralleli

Ma mai, nella storia, si è visto progettare a tavolino, con totale freddezza e determinazione, lo sterminio di un popolo. Studiando le possibili forme di eliminazione, le formule dei gas più letali ed «efficaci», allestendo i ghetti nelle città occupate, costruendo i campi, studiando una complessa logistica nei trasporti, e tanto altro. La soluzione finale non è stata solo un atto di inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte

Una Giornata della Memoria che sia dunque una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo. Non è la pietà per i morti ad animarlo, ma la consapevolezza di quel che è accaduto. Che non deve più accadere, ma che in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e illuminata Europa, milioni di persone hanno permesso che accadesse.

La scelta del 27 gennaio, che ricorda l’ingresso dell’Armata Rossa – l’esercito sovietico – ad Auschwitz, testimonia la dimensione europea che si vuole attribuire.

E ancora Anna Fra scrive: «l’istituzione della Giornata della memoria come giornata di promozione di un’immagine non razzista e non antisemita dell’Europa, una giornata attraverso la quale l’Europa assume la memoria della Shoah a propria base etica. Faceva dell’Europa, almeno in teoria, la sentinella contro il perpetuarsi di atrocità contro i civili e di genocidi, in nome della memoria del più atroce ed estremo di essi…. Ne avevamo bisogno per combattere alle radici, quotidianamente, ogni germe di razzismo, compreso l’antisemitismo al razzismo tanto affine.»

PISA – Venerdì 26 gennaio 2024, nell’ambito delle commemorazioni per la Giornata della Memoria si è svolta, presso l’area verde “Raffaello Menasci”, la cerimonia del cambio di denominazione da Via D’Achiardi a Via dei Giusti tra le Nazioni. A tal proposito volentieri riportiamo e pubblichiamo la segnalazione dell’ANPI di Pisa.

“La sezione Anpi di Pisa così scrisse a Liliana Segre un anno fa: Nella primavera del 2021 era stata promossa una petizione perché a Pisa fosse cancellata l’intitolazione della strada a Giovanni D’Achiardi, podestà della città, senatore del regno che, da rettore, nel settembre del 1938, in esecuzione delle leggi razziste volute dal fascismo, espulse dall’Università di Pisa 20 docenti e 290 studenti stranieri. Sotto la pressione di 22mila firme, di numerosi interventi e richieste in varie sedi, la giunta comunale ha deliberato il 12 gennaio che quella strada si chiamerà via dei Giusti tra le Nazioni e che il largo spazio verde in cui termina sarà intitolato a Raffaello Menasci, uno dei docenti espulsi che fu deportato ad Auschwitz e non tornò più.

Ribadiremo l’importanza ora e dopo nel tempo di sapere perché si cambia l’intitolazione, di sapere e conoscere affinché le radici della memoria cambino il nostro presente.

La senatrice Liliana Segre così ci rispose: ti ringrazio e, con te, la preziosa comunità dell’Anpi Pisana.
Ci descrivi un lavoro importante, la memoria toponomastica è qualcosa di straordinario perché fa parte del percorso quotidiano, interroga le nostre coscienze.”

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