Chiara Beretta Mazzotta, quando leggere diventa un mestiere

Chiara Beretta Mazzotta

Chi ha avuto il piacere di ascoltare Chiara Beretta Mazzotta ne rimane conquistato: ogni sua parola trasuda un entusiasmo e una passione contagiosi alla quale è difficile restare immuni.

Dopo i suoi studi in psicologia, Chiara è diventata una lettrice di mestiere: non scrive libri ma li legge. E lo fa come editor con l’agenzia editoriale Punto&Zeta, come speaker radiofonica ogni sabato mattina, su Radio 105, con Libri a Colacione. Ma non finisce qui, Chiara parla di libri anche in rete con il suo blog  Book Blister, uno spazio di incontro e scambio, perché i libri sono prima di tutto storie di persone. Ovviamente è anche giornalsita pubblicista e si occupa della rubrica “media” sulla rivista di viaggi Meridiani.

Chiara Beretta Mazzota, giornalista, editor, blogger e speaker radiofonica il sabato mattina a Radio 105. Ha fatto dei libri e della lettura oltre che una grande passione anche una professione: come le è riuscito?

«Sono stata fortunata, in parte. E, in parte, mi sono presa dei rischi. Primo tra tutti aprire – insieme con Pepa CeruttiPunto&Zeta, una agenzia editoriale. I primi anni sono stati parecchio duri. Lavorare in proprio ti permette però di gestire il tempo in modo più elastico e quindi di coltivare anche le proprie passioni: il blog, per esempio, ma anche la comunicazione sui social, le presentazioni e i contenuti livestreaming… tutte cose che richiedono tempo ma sono uno spazio di condivisione e approfondimento importante. Tornando alla domanda: dovevo fare la psicologa ma non sarei stata felice (ho lasciato prima che fosse troppo tardi); ai libri come lavoro sono arrivata per gradi ma da che ho memoria intorno a me ci sono libri».

Si occupa di libri anche nel suo blog, Book Blister, uno spazio di incontro e di confronto libresco e non solo. Da dove nasce quest’idea? È davvero possibile parlare di libri nello sterminato mondo della rete?

logo-bookblister-1«È come dire: ci si può occupare di storie nella vita di tutti i giorni? Se ti interessano i libri, è naturale parlarne! La rete è solo un posto. E lo si può abitare in tanti modi più o meno utili, interessanti, efficaci… a me interessano i contenuti, mi interessa imparare qualcosa (o guardare le cose da angolazioni differenti). Quindi cerco di fare lo stesso quando parlo di storie in rete. BookBlister è nato nel 2011 durante uno stop dei Libri a Colacione, la rubrica in radio. I lettori chiedevano consigli e li davo su Facebook. Poi ho deciso di “aprire casa” in rete. Non avevo idea di cosa significasse un blog ma è come fare un “aggiornamento continuo”. Dare le notizie, spiegare le questioni editoriali e i numeri richiede prima di tutto un approfondimento. Insomma tocca “fare i compiti”».

I libri la vedono protagonista anche il sabato mattina su Radio 105 con la rubrica “Libri a Colacione”. È stata una sfida portare i libri all’attenzione del pubblico radiofonico?

«Lo è ogni sabato! “Pochi leggono, tutti scrivono”, “Siamo un Paese di non lettori”, “Meno del 40% legge un libro l’anno”. Peccato che questi dati, invece di essere uno stimolo a fare meglio e a comunicare i libri in modo diverso, siano diventati un alibi. Quando chiacchiero di storie in radio punto al restante 60%: chi i libri non li ha ancora scoperti. Perché siamo tutti lettori, (quante parole incontriamo ogni giorno? Quante vicende ascoltiamo e condividiamo? Quante notizie?) il problema è che alcuni rinunciano a leggere libri certi che sia una faccenda noiosa. O complicata. Il tentativo è incuriosire. Se scatta la scintilla tra storia e ascoltatore, rischi di stupirlo. E lo stupore è una droga».

I numeri dei lettori in Italia non sono tra i più rincuoranti e il mercato editoriale vive anni di forte crisi. Ci dà qualche cifra che chiarisca meglio il reale stato di salute del mercato “libresco” nel nostro Paese?

«I dati nel 2015 sono migliorati. Il mercato editoriale nei canali trade (librerie, librerie online e grande distribuzione) ha toccato il +0,7% cioè 1,202 miliardi di euro (fonte Nielsen). I libri che si vendono di più? Quelli per bambini e ragazzi – il luogo comune li vuole come scarsi lettori e invece i giovani tra i 6 e 14 anno sono un propellente del motore editoriale – e la non fiction. Infine 62.250 sono i libri pubblicati in formato cartaceo e ben 56.727 quelli in digitale. Diciamo che, se vogliamo leggere, abbiamo l’imbarazzo della scelta».

Appurato che la platea del lettori in Italia non è tra le più ricettive, anche il mondo dell’editoria forse ha le sue colpe. Quali potrebbero essere nuove strategie vincenti?

12419234_999428206788036_2496854861467223019_o«Aldo Busi dice che annoiare è peccato. In Italia quando si parla di libri spesso si annoia. A morte. E fare cultura non vuol dire essere saccenti, né avere un atteggiamento giudicante verso i “non lettori” (o, peggio i “lettori deboli”, definizione infelicissima). Se si va all’estero – in Francia e in Germania e in Gran Bretagna – si parla di libri con maggiore freschezza senza ghettizzarli in “luoghi deputati”. Si può parlare di storie cucinando, dando delle notizie, parlando di film e musica, facendo dei dibattiti sul quotidiano: i libri parlano di fatti e persone. Quindi ogni contesto che prevede fatti e persone può essere un posto adatto a comunicarli. Eviterei i vecchi tromboni che fanno sbadigliare alla prima sillaba e le presentazioni vecchio stampo (quelle piacciono solo a chi parla, non a chi ascolta). Insomma, nessuna avanguardia, solo un po’ di cura».

Che cosa consiglierebbe e cosa sconsiglierebbe da “specialista” a un giovane autore/autrice che desiderasse pubblicare il suo lavoro?

«Per prima cosa devi avere una storia da raccontare. In seconda battuta devi provare a raccontarla con il maggiore rispetto possibile: per te stesso, per le parole e per i lettori a cui è rivolta. Se scrivi di cose che non sai, abbiamo un problema. Guai a pagare per pubblicare! Se ti tocca sborsare, la tua storia non deve essere un granché… anche perché, in realtà, scrivere è (anche) un lavoro e prevede una retribuzione. Non raccontarti balle, tipo pubblicano solo i figli di papà o quelli famosi (guarda i cataloghi degli editori e scoprirai che non è così); se cerchi giustificazioni per i rifiuti, te ne do qualcuna io: pubblicare non è una questione democratica, né un atto dovuto e di manoscritti rifiutati son pieni i cassetti. Evita le scorciatoie e, se vuoi essere preso sul serio, scegli interlocutori seri. Comunque se hai scritto qualcosa di valido, spero di avere la fortuna di leggerti presto».

Infine una piccola curiosità… se potesse portare con lei solo tre libri, quali sceglierebbe?

«Di istinto ti dico i prossimi tre che leggerò, perché la vita del lettore è una continua caccia al tesoro ed è lieta grazie alla prospettiva di poter contare sulle storie e le parole. Ci sono sempre libri che non hai letto! Quindi ne porterei due che non ho appunto ancora letto ma che ho scoperto grazie agli amici lettori che sui social trovano sempre il tempo per regalare un consiglio da leggere: Paolo Ruffilli Affari di cuore (Einaudi), Come una foglia al vento di Claudio Metallo, (Cocaine blues). Il terzo? Lo chiedo a te! Sarebbe un regalo».

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Biancamaria Majorana

 

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One comment to “Chiara Beretta Mazzotta, quando leggere diventa un mestiere”
  1. Il terzo libro che Chiara Beretta Mazzotta dovrebbe portare con sé, perché sicuramente non lo ha letto, è “La cura dal male”, di Ilario Giannini edito da Porto Seguro Editore o anche Sono qui per te – L’uomo delle scatole” dello stesso autore ma edito da Edizioni Dialoghi. Vorrei inviarle io stesso i libri, ma non so dove spedirli… Se potete riferire il messaggio o darmi l’indirizzo per farli avere a Chiara, li regalerei volentieri. Grazie!

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