Il simbolismo che sottende il concetto di maschera sembra apparentemente lontano dall’arte e dall’architettura, ma questa visione riduttiva può essere inequivocabilmente confutata da un viaggio nella Valle del barocco ibleo, che invece riesce a far affiorare un legame profondo tra la forma architettonica e l’idea di maschera.
I mascheroni, le mensole e le cornici che arricchiscono e decorano i palazzi signorili, diventano quasi l’emblema della decorazione barocca di molte delle perle del territorio ibleo: Ragusa, Modica, Scicli, Noto, Siracusa e Catania, giusto per citarne alcune.
I mascheroni appartengono alla cultura settecentesca e tardo barocca siciliana, e trovano collocazione nei sottobalconi dei palazzi signorili. Il loro compito è quello di sorreggere balconi e logge dei palazzi: essi venivano incastrati nel setto murario, sorreggendo così le lastre in pietra dei balconi. Le maschere nascono concettualmente dall’esigenza di “mascherare” le soluzioni tecnologiche e strutturali, quindi di trasformare esteticamente un oggetto noto ad assolvere un compito strutturale.
Simile, per certi versi, è la raffigurazione dei gargoyle delle imponenti cattedrali gotiche. Un gargoyle è un doccione, ovvero un sistema di scarico delle acque piovane che si protende da un cornicione o da un tetto con lo scopo di allontanare l’acqua dai muri. I gargoyle raffigurano animali, bestie o essere umani deformi; figure bizzarre con forti valori simbolici. La simbologia è complessa, si potrebbe trattare di mostri che dovrebbero esorcizzare e proteggere le cattedrali gotiche con il compito di trasmettere un messaggio o un avvertimento: gli spiriti maligni possono solo impossessarsi della cattedrale esternamente, al suo interno non possono entrare. Sono anche stati interpretati come i guardiani delle chiese, il cui compito era tenere lontano i demoni, o come monito per i fedeli a osservare le leggi della chiesa, pena la trasformazione in figure mostruose, dove le deformità simboleggiano tradimento ed eresia.
Le origini di questi elementi sono certamente da ricercare in epoca medievale, quando erano conosciuti come ”beccatelli” e sorreggevano ballatoi sia in architetture militari sia in edifici civili; successivamente si tramutano in mensole e acquistano soprattutto un’accezione decorativa grazie alla loro alta qualità scultorea.
Nella cultura tardobarocca, che investe violentemente il territorio ibleo, uno degli elementi caratteristici è proprio il modo di trattare, lavorare e far quasi vivere, tanto il risultato è plastico, le mensole, intagliando sapientemente la pietra per creare decorazioni varie e allegoriche, ma soprattutto strane, dove la “teatralità” diventa il mito da ricercare: volti orrendi, goffi, suonatori, musici, elementi floreali, faunistici e animaleschi; ed ancora il tutto addobbato con pendagli, turbanti, barbe, foglie d’alloro.
La tecnologia si piega dunque all’arte, come se si volesse quasi privilegiare il culto dell’immagine e la trasmissione di un messaggio, attraverso un viaggio nella dimensione del “mostruoso” e del “fantastico”, i cui protagonisti sono personaggi suggestivi che attirano con stupore l’attenzione dei passanti.
I mascheroni, con i loro tratti grotteschi, sono la trasposizione delle paure umane, come la paura del’ignoto, la lotta contro il male, e quindi, in sintesi, l’incertezza della vita; rappresentano, a conti fatti, il volto della società.
Queste paure umane trovano pace e serenità all’interno delle chiese barocche che, all’opposto, sono addobbate, decorate e arricchite con motivi barocchi come volti angelici e putti.
Prendiamo ad esempio due Palazzi signorili situati a Ragusa: Palazzo Cosentini e Palazzo Bertini.
Uno degli esempi più notevoli di tardobarocco siciliano è il Palazzo Cosentini. Costruito alla fine del 1700, ha tra le sue maggiori peculiarità proprio i mascheroni scultorei posti sotto i balconi, che rispecchiano l’attitudine alla spettacolarizzazione caratteristica della cultura barocca. Riccamente lavorati, essi animano i sottobalconi e rappresentano delle figure grottesche caricaturate che contrastano con l’armonia delle figure umane, come musici e cantastorie, che le sormontano e con le quali possiedono un legame simbolico; il tutto dona fascino e decoro al palazzo. Il balcone centrale è retto da cinque mensoloni raffiguranti nella parte inferiore mascheroni che sembrano deridere i passanti, scolpiti sotto delle figure femminili, di cui: la centrale con un bambino in braccio, quelle laterali cariche di frutti e cornucopie simbolo, forse, del benessere di cui gode la famiglia. Gli altri balconi ritraggono musici, saltimbanco e maschere barbute coi capelli resi da motivi fogliacei, che cambiano espressione e direzione dello sguardo.
Anche Palazzo Bertini fu costruito alla fine del 1700, la sua caratteristica principale e degna di nota sono i tre mascheroni collocati nella chiave di volta delle finestre. I tre mascheroni hanno avuto svariate interpretazioni, la più accreditata è l’interpretazione dei “tre potenti”. Questi tre personaggi così diversi tra loro, si integrano in un parallelo con la società del tempo e non solo. Sono maschere del teatro delle vie della città che ostentano teatralità e satira secondo il costume del tempo, rappresentando l’aspetto negativo della natura umana, sorda, ignorante che nasconde il proprio individualismo nell’ipocrisia.
Il primo raffigura il povero deforme, lingua di fuori, denti mancanti e naso enorme. Incarna il personaggio che se ne frega di tutto e di tutti, raccontando come chi non ha nulla ha il potere di non essere privato di nulla.
Il terzo, all’altra estremità, rappresenta il commerciante con un turbante orientale, baffi, aria tranquilla; emblema di chi possiede tutto e tutto può, grazie al suo denaro.
Al centro, tra ricchezza e povertà, è rappresentato il signore benestante, con sguardo fermo, sicuro, può far tutto e rappresenta il potere politico dell’aristocrazia. Mentre la maschera del signore benestante è scolpita in posizione frontale le altre due, invece, guardano in direzioni opposte, come opposte sono le loro condizioni di vita.
Tutti questi strani personaggi nascono dalla fantasia di artisti e scalpellini di indubbia bravura che nutrono la loro fantasia di cultura popolare; così le maschere acquistano svariati messaggi allegorici, metafore visive, sgraziate, che narrano il nesso tra la loro pura essenza e la storia, tra l’anima e le espressioni popolari.
Donatella Incardona
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