Il Classico: Il Maestro e Margherita

LETTERATURA-ITALIANA

Il Maestro e Margherita

Provare a raccontare la trama di  questo romanzo è impossibile e, in fondo, sarebbe anche sbagliato per almeno due motivi.

Primo: la gioia della lettura di un romanzo è molto spesso più legata al ‘significante’ che alla trama; ovvero, se una storia qualunque è scritta bene e in maniera da coinvolgere e emozionare chi legge, diventa letteratura; viceversa, una scrittura sciatta e superficiale riesce a rovinare anche la storia più bella del mondo.

Secondo: scrivendo queste righe spero di far nascere l’interesse in chi questo romanzo non lo conosce e per questo rivelare troppo sarebbe proprio sbagliato.

Siccome però si ha sempre diritto a un assaggino per essere sicuri di scegliere ciò che ci piace, dirò che la storia si svolge negli anni trenta in Russia, per la maggior parte delle vicende in una Mosca popolata da una vuota aristocrazia di poetastri di successo e burocrati di regime. Ai margini di questa città rutilante di festini e di sciocche diatribe pseudo intellettuali c’è la storia del Maestro, il sognatore, lo scrittore geniale in cerca di una pubblicazione ma ostacolato dai critici, troppo ottusi per comprendere il suo genio.

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In questo mondo dove niente sembra poter cambiare, un giorno arriva Woland, uno straniero misterioso, dotato di inquietanti capacità illusionistiche, ma che noi lettori fin dalle prime pagine possiamo riconoscere: Satana.

A questo punto qualcuno penserà che in fondo è una storia già sentita: Goethe, il Faust; anche qui in fondo c’è, fin dal titolo, una Margherita. Certamente il riferimento esiste e non è nascosto.

E, d’altra parte, tutte le opere d’arte si parlano e si influenzano a vicenda e continuamente.

Ma questa è una anche una storia molto diversa.

Prima di tutto questo è un romanzo estremamente divertente. Woland e il suo pittoresco seguito di demoni ne combinano veramente tante ai danni dei poveri intellettuali moscoviti, materialisti per ubbidienza al potere, e poco inclini a credere al soprannaturale. Le loro reazioni agli scherzi crudeli dei demoni sono veramente spassose.

Così come è molto divertente immaginare i diavoli nella veste di giustizieri sociali. Tutte le loro azioni malefiche producono, infatti, risultati benefici, come la distruzione del Griboedov, il circolo degli intellettuali di regime e quella del valjutyj magazin, il grande magazzino dove si possono fare acquisti solo con valuta straniera e quindi precluso alla gente comune.

La stessa Margherita ha ben poco della eroina di Goethe: quella era una ragazza pura e ingenua, questa è una donna battagliera e spregiudicata che lascia il noioso marito per l’amato Maestro e che, per il suo riscatto,  accetta di diventare una strega.

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E, d’altra parte, Woland si vuol divertire giocando con l’arroganza di certi sciocchi; questo è un diavolo che non si contende l’anima del Maestro con il Padreterno. Anzi, semmai interviene per salvarlo dalla stupidità del mondo.Infine c’è il libro che il maestro sta scrivendo sulla passione di Cristo, che non è una storia  nuova ma è raccontata da un punto di vista insolito, quello di Ponzio Pilato.

Insomma, come dicevo, impossibile raccontare la trama. Ogni pagina di questo romanzo è una sorpresa, in un susseguirsi di scene grottesche, esilaranti, drammatiche, commoventi, oniriche.

E la scrittura in tutto questo pandemonio (è proprio il caso di dirlo), conserva una leggerezza sorprendente e l’occhio scorre con fluidità da una pagina all’altra, da un paradosso all’altro. Eppure non è certo una lettura priva di forza: anzi, la leggerezza si somma a una grande capacità evocativa.

Il volo di Margherita sui tetti di Mosca riesce a far sentire quasi fisicamente a chi legge la freschezza del vento notturno, e il mal di testa di Pilato è così credibile che si prova quasi più solidarietà per lui che per il povero prigioniero che ha davanti. Per non parlare della grande costruzione degli spettacoli di magia che Woland mette in scena per i malcapitati, stupidi, moscoviti. Si riescono a ‘vedere’ le belle signore, golose di oggetti di moda, ridotte dal ‘Mago’ a vagare per le vie della città in biancheria intima.

Tutto, come succede nella grande letteratura, riesce a farti sentire lì, spettatore privilegiato dello spettacolo di quella tragicommedia che spesso è la vita.

Insomma, come scrisse Montale, questo romanzo è ‘un miracolo che ognuno deve salutare con commozione’. 

Anche la storia stessa del romanzo è, a modo suo, sorprendente. Bulgakov inizia a scriverlo nel 1928 e continua a lavorarci fino alla sua morte, nel 1940. Ma quando viene pubblicato dalla rivista Moskva, tra il 1966 e il 1967, sono state tagliate, probabilmente dalla censura, alcune decine di pagine. Infatti, l’autore aveva sempre avuto rapporti difficili con il potere . Bulgakov non aveva mai abbracciato il bolscevismo e l’ideologia del Partito Comunista russo e questo comportò la sua emarginazione rispetto al panorama degli acclamati suoi contemporanei.A suo tempo Stalin aveva apprezzato un’opera teatrale tratta da un suo romanzo (La guardia bianca)  e questo, forse, lo aveva messo abbastanza al sicuro da persecuzioni più gravi, ma non riuscì mai a ottenere riconoscimenti per le sue opere o, per esempio, un visto per viaggiare all’estero e neppure, nonostante le sue reiterate richieste, una nuova macchina da scrivere.

Uno scrittore emarginato, quindi, che coglie la sua vendetta con lo strumento a lui più consono: la scrittura, regalandoci un’opera d’arte che parla dell’arroganza del potere e se ne fa beffe.

Leggetela nella bellissima traduzione di Vera Dridso per Einaudi.

Donatella Piccini

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