Un paesaggio quasi da “Stonehenge” nel cuore di Pisa
Uno dei complessi monumentali più emblematici di Pisa etrusca di fine VIII, inizio del VII secolo a.C. è sicuramente quello sepolcrale costituito da un fitto numero di stele e cippi funerari cristallizzato attorno al grande tumulo di ben 30 m di diametro – comunemente conosciuto come “tumulo del principe etrusco”-, portato alla luce negli anni 1994-1998 e situato ai margini settentrionali di quella che sembra essere stata una necropoli dell’età del Ferro.
Ma di che si tratta? Il termine “tumulo” ha etimologia latina, dove tumŭlus è traducibile letteralmente come «monticello», ovvero un accumulo di terra in forma semisferica che prevedeva una sepoltura centrale ipogea (ovvero sotterranea) raggiungibile attraverso una stretta gradinata, e che, se di grandi dimensioni, come nel presente caso, poteva contare numerosi sepolcreti disposti a raggiera intorno al suo perimetro.
Ma in questa singolare situazione, data l’assenza di resti umani, converrebbe chiamare piuttosto la struttura cenotafio; siamo infatti in presenza di un monumento sepolcrale vuoto, ovvero privo delle spoglie mortali del defunto, ed eretto in onore di un personaggio etrusco di rango che trasse la propria ricchezza e prestigio dalla navigazione, come il tridente ritualmente spezzato e la lancia marina indicano.
Ma dove si trova allora il corpo? L’intuizione degli archeologi ha portato a pensare che lo sventurato personaggio cui il tumulo è dedicato sia forse stato disperso e morto in mare; così, in sostituzione del vero e proprio corpo venne ricreata un’ immagine sostituiva di esso, ovvero un kolossós, arso sulla pira funebre, cui la grande quantità di ceneri, resti di chiodi bronzei, di un orecchino e un sottile filo d’oro trovati sigillati in un grande dolio ingobbiato (contenitore per lo stoccaggio di derrate alimentari,esternamente ricoperto di argilla impermeabilizzante) sepolto accanto l’altare che giace alla sua sommità sembrano riferirsi. Al di sotto di una potente stratificazione nel terreno necropolare circostante, che sembra essere stato utilizzato dalla fine dell’VIII fin verso la metà del V secolo a.C., sono state inoltre rinvenute alla stessa quota della crepidine della tomba, resti di sepolture in piccoli dolia coperti da modesti cumuli di terra.
Ma la vera grande fortuna è stata quella di rinvenire il tumulo completamente intatto; il che ha permesso agli archeologi di recuperare non poche informazioni sul rituale funebre. All’interno della grande fossa quadrangolare collocata al centro del monumento (4m di lato x 1m di profondità), venne ritrovata infatti una grande cassa lignea contenente i resti di una cerimonia con frammenti di vasi e ossa di ovino. La cavità venne poi ritualmente coperta con pietre disposte con cura ed in seguito rinterrata, mentre nella adiacente fossa triangolare in argilla sterile venne deposto un grande tridente in ferro con l’asta ritualmente spezzata; al di sopra, un grande altare in pietra sul cui piano vennero ritrovati quattro spiedi, un grande coltello e la mascella di un cavallo. Costruendo una sequenza di eventi, terminata la cerimonia di incinerazione del kolossós e i riti funebri in cui vennero sacrificati degli animali per rinvigorire la presenza del defunto nell’aldilà, vennero sepolti gli oggetti più significativi che formavano il suo corredo, l’altare venne spezzato con un mazzuolo ed infine venne eretto il tumulo vero e proprio come oggi a distanza di 2700 anni noi lo vediamo. Indubbiamente una visita a questo bellissimo e singolare complesso monumentale che spezza il panorama di cemento della città, di per sé appagherebbe un qualsiasi visitatore; ma se ci astraiamo per un momento dal suo fascino dovremmo anche domandarci quale fosse il suo significato più specifico nel proprio contesto storico di appartenenza. Di questo ne parleremo ancora insieme se vorrete nel prossimo numero di TuttoMondo!
- Per chi volesse visitare l’area archeologica: e-mail : www.Pisatour.it ; beccuzzi@pisamo.it Tel. Comitato Regionale Toscano Gruppi Archeologici d’Italia: 050/550401;
Daniela Farina
Bibliografia: Stefano Bruni, “Pisa etrusca et loca et flumina…sed etiam maria”. Appunti sulla vicenda di Pisa etrusca, in “Pisa e il Mediterraneo.Uomini, merci, idee dagli etruschi ai Medici”, Pisa, 2003.
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