Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti. Ci sono anche dei momenti in cui si rimane senza parole, completamente perduti e disorientati, non si sa più che cosa fare. A questo punto comincia la danza, e per motivi del tutto diversi dalla vanità. Non per dimostrare che i danzatori sanno fare qualcosa che uno spettatore non sa fare. Si deve trovare un linguaggio – con parole, con immagini, atmosfere – che faccia intuire qualcosa che esiste in noi da sempre.”
Sono parole di Philippine Bausch, la “Pina” al quale l’amico Wim Wenders ha dedicato lo splendido documentario omonimo uscito nel 2011, una delle più famose ed acclamate coreografe mondiali, scomparsa nel 2009.
In questo nostro mese al femminile abbiamo deciso di parlarvi un’artista unica, una rivoluzionaria, che è stata capace di fondere, in modo del tutto personale, il mondo della danza con quello del teatro.
Il mito di Pina Bausch rieccheggia ormai da decadi sulle bocche dei critici e degli artisti, arrivando fino al grande pubblico. Ma non tutti sanno che gli inizi non furono facili per la coreografa tedesca.
Nata a Solingen, in Germania, nel luglio del 1940, ultima di tre figli, trascorre la sua infanzia in una famiglia, proprietaria di un piccolo ristorante, non particolarmente dedita all’arte. Alta, longilinea, ha un grande cruccio da bambina: i piedi. All’età di 12 anni infatti calzava già il 41. Durante questi anni riesce con fatica a frequentare qualche mediocre corso di danza, senza particolari successi.
La svolta però avviene nel 1955. Pina Bausch entra alla Folkwang Hochschule di Essen, diretta da Kurt Jooss, allievo e promotore della corrente estetica dell’Ausdruckstanz – la cosiddetta danza espressionista – innescata da Rudolf von Laban.
Il mito comincia qui. Dopo 4 anni di studi e un diploma, la Bausch ottiene una borsa di studio dal Deutscher Akademischer Austauschdienst per un corso di perfezionamento e scambio alla prestigiosa Juliard school of music di New York. In America i suoi talenti sono riconosciuti più che nella natia Europa. Tornerà in Germania solo nel ’62, quando il vecchio maestro Jooss la scrittura per il ruolo di ballerina solista nel suo Folkwang Ballet.
Tra il ’68 e ’69 diviene prima coreografa e poi direttrice del gruppo. Hanno inizio qui le opere con la sua firma. Nel ’69 vince il primo posto al Concorso di composizione coreografica di Colonia con Im Wind der Zeit. Nel ’73 il cosiddetto Teatro-Danza, il genere che contraddistingue tutto il suo lavoro di ricerca, muove i primi passi: la Bausch è la nuova direttrice della compagnia di balletto di Wuppertal, ribattezzata Wuppertaler Tanztheater. I suoi primi spettacoli sono ispirati ai maggiori capolavori della letteratura e dell’arte: ricordiamo ad esempio il celebre trittico stravinskiano “Frühlingsopfer” del 1975, composto da “Wind von West”,” Der zweite Frühling” e “Le sacre du printemps”.
L’opera che ha consacrato la vita artistica di Pina Bausch è senza dubbio “ Cafè Muller”. Siamo nel 1978: sei danzattori (compresa la Bausch) sulla musica di Henry Purcell in uno spazio gremito di sedie. L’ambientazione e l’atmosfera struggente dello spettacolo richiamano l’infanzia della coreografa, gli anni passati ad osservare il mondo che, a piccole dosi, entrava ed usciva dal ristorante del padre. Gli anni ’80 sono anni di sperimentazioni, i danzatori cambiano aspetto, si trasformano, divengono persone, indossano abiti quotidiani e fanno anche azioni comuni, concrete. Sono importanti i gesti, che vengono riprodotti, accellerati, decontestualizzati, scomposti, la mimica facciale e anche la parola. Ci sono frange della critica che gridano allo scandalo per il troppo realismo. Al Tanztheater Wuppertal di Pina però, la tecnica classica non fu mai abbandonata. Il suo studio resta uno dei punti cardine nel training della compagnia, accanto alla tecnica moderna. I corpi dei danzatori sono temprati da anni di lavoro e disciplina, ma nelle improvvisazioni si ricerca la spontaneità, per poi sperimentarla sulla scena. La tecnica diventa quindi uno strumento, un mezzo d’espressione e non più un fine da perseguire.
Pina Bausch ci ha lasciato nel 2009, così, all’improvviso. Si era da poco lanciata in un nuovo ed impegnativo progetto cinematografico con il regista, suo connazionale, Wim Wenders. Il film-documentario “Pina” uscirà comunque nel 2011 e sarà dedicato alla coreografa scomparsa. Qui Wim Wenders cerca e scopre lo sguardo di Pina attraverso i suoi più stretti collaboratori, i compagni di tanti anni. E la voce di lei bisbiglia dietro le immagini: “continuate a cercare!”.
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