Fornaini pittore della realtà

Enrico Fornaini e la sua Gente di Pisa

Enrico Fornaini, classe 1944, vive e lavora a Pisa. È un pittore della realtà che si pone nei confronti della rappresentazione con un atteggiamento il più possibile oggettivo, attraverso pratiche basate sull’osservazione diretta e sul disegno. In oltre cinquant’anni di lavoro ha affrontato la pittura nelle sue diverse tecniche, dall’olio all’affresco, dipingendo ritratti, nature morte, paesaggi, scene di vita quotidiana e di carattere religioso. La sua arte, coltivata ed educata alla pittura tradizionale, cerca di rappresentare il proprio tempo con un linguaggio libero da accenti retorici o epici.

L’approccio degli artisti verso ciò che li circonda si è sempre manifestato con modalità e contenuti molto diversi. Spesso, i movimenti nati sotto il segno della “realtà” hanno radunato personalità distanti tra loro.

Renzo Vespignani, Palazzo in costruzione, 1957, olio su tela, collezione privata

Renzo Vespignani, Palazzo in costruzione, 1957, olio su tela

Alla parola “realismo”, di volta in volta, sono stati accostati aggettivi che ne definissero l’orientamento.

Ad esempio, in Italia, negli anni Cinquanta il Realismo sociale (o Neorealismo) riunì pittori come Renato Guttuso, Emilio Vedova ed altri. Altri gruppi e movimenti si susseguirono, raccolti attorno alla figura di un caposcuola o di un critico.

A Milano, il critico Marco Valsecchi riunì, sotto il comune indirizzo operativo del Realismo esistenziale, artisti come Gianfranco Ferroni e Giancarlo Cazzaniga e, in altre sedi, Renzo Vespignani, Alberto Sughi ed altri.

Dopo questo tipo di esperienze, spesso di breve durata, le strade dei vari artisti si sono separate per proseguire autonomamente, rimanendo nel solco tracciato  oppure sperimentando nuove vie ed approcci.

Il realismo dei primi anni Cinquanta, in Europa e oltreoceano, vide gli artisti porsi in maniera inedita nei confronti della modernità, portandoli a riflettere sul proprio ruolo.

Il dibattito intorno all’arte contemporanea coinvolse le nuove generazioni di pittori accomunati da un atteggiamento fortemente critico nei confronti all’astrattismo, considerato speculazione chiusa in sé stessa ed elitaria, in cui l’artista tende ad indugiare nell’introspezione e nella sublimazione.

I “nuovi realisti”, invece, sentirono il bisogno di confrontarsi con il quotidiano o di impegnarsi attivamente nella società.

Negli Stati Uniti alcuni pittori, tra cui Jasper Johns e Robert Rauschenberg, in seguito riconosciuti precursori della Pop art, contestarono radicalmente la supremazia acquisita dall’espressionismo astratto di Mark Rothko e Willem de Kooning, privilegiando una dimensione antieroica nel fare Arte. Realizzarono opere contaminando i generi, attingendo a differenti media, traendo gli elementi delle loro “combinazioni” dalla vita quotidiana, pervasa dall’iconografia di massa dei mezzi di comunicazione, della pubblicità e del fumetto.

Robert Rauschenberg, Rebus, 1955, Combine painting, mix di media su pannelli di legno

Robert Rauschenberg, Rebus, 1955, Combine painting, mix di media su pannelli di legno

Avvieranno, così, un processo di rinnovamento che approderà a pratiche come l’happening e la performance, in cui il contatto con il pubblico sarà sempre più diretto.

Anche in Europa le diverse voci dei Nuovi realisti – così definiti dal critico francese Pierre Restany, all’inizio degli anni Sessanta – non furono legate né ad scuola né ad un gruppo particolare. Costituirono un eterogeneo arcipelago di autori che riattiverà pratiche dada, cubiste e costruttiviste. Prelevati, selezionati, decontestualizzati, distrutti, recuperati, riciclati, riassemblati o impacchettati, gli oggetti d’uso quotidiano, domestico e urbano, condurranno l’opera ad essere considerata come tappa in un processo di metamorfosi del reale, fino a giungere alla sua separazione dal gesto formativo dell’Artista, come nelle compressioni di elementi d’automobile realizzate da César.

Arman, Chopin's Waterloo, 1961, pezzi di pianoforte fissati su un pannello di legno

Arman, Chopin’s Waterloo, 1961, pezzi di pianoforte fissati su un pannello di legno

Alle tradizionali modalità di ricerca che descrivono la realtà in termini di “rappresentazione” si affiancarono, così, nuove pratiche che gettarono uno sguardo su ciò che ci circonda piuttosto in termini di una sua “presentazione”.

Del realismo nel dopoguerra, Renzo Vespignani, definisce in modo sintetico le due linee di ricerca: da una parte l’opera-oggetto accoglie elementi prelevati direttamente dalla realtà, dall’altra una pittura in cui le motivazioni politiche del “realismo sociale” cedono il passo a tematiche di tipo psicanalitico ed esistenziale, ma comunque legate alla critica della società dei consumi.

A Firenze, tra il 1947 e il 1949, si riuniscono, attorno ad un programma  comune, I Pittori Moderni della Realtà. Fondatori del movimento sono i fratelli Antonio e Xavier Bueno, e i più anziani Pietro Annigoni e Gregorio Sciltian accomunati soprattutto dal modo di operare:  l’osservazione “oggettiva” del vero, della natura e la sua riproduzione in modo fedele.

Pietro Annigoni, Ritratto di donna, 1951, olio su tela

Pietro Annigoni, Ritratto di donna, 1951, olio su tela

Questi artisti percorrono una strada diversa nel contesto dell’arte italiana che, nell’immediato dopoguerra, cerca di risvegliarsi dalla stasi e di recuperare il ritardo accumulato a livello internazionale. I mezzi tecnici che adottano guardano alla pittura tradizionale, pur aggiornata, inserita saldamente nel solco tracciato a partire dal Rinascimento.

Dopo la breve esperienza e lo scioglimento del gruppo, Pietro Annigoni si sposta in Inghilterra dove dipinge numerosi ritratti dei Reali e di altri personaggi celebri, sino a che, nel 1955, realizza il ritratto di Elisabetta II. La commessa gli recherà grande notorietà portandolo ad effigiare Papa Giovanni XXIII, John Fitzgerald Kennedy e molti altri.

Nonostante sia ricordato come “Il pittore delle regine”, il suo sguardo – come nella tradizione avviata dalla pittura realista francese, a metà Ottocento, da Gustave Courbet ed altri – fu rivolto anche ai temi del disagio sociale ed esistenziale, in cui la difficoltà, l’incapacità, l’impossibilità di stabilire una qualsiasi relazione, di comunicare, pone l’individuo in una condizione di isolamento che può far scaturire il senso di solitudine.

Condizione appartenente a culture anche distanti tra loro e rappresentata con accenti differenti: dal mondo rurale, osservato nel “verismo” di fine Ottocento da Angelo Morbelli, all’universo domestico e urbano descritto dal newyorkese Edward Hopper che, tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento, con composizioni di taglio fotografico simili a quelle degli impressionisti, ha realizzato un vero e proprio affresco del senso di solitudine nella vita americana.

Tra il 1960 e il 1964 Enrico Fornaini sarà tra gli allievi di Pietro Annigoni, a Firenze. Ne trarrà l’insegnamento di un’arte tradizionale, ma attenta al proprio tempo, la cui pratica lo ha accompagnato durante la sua lunga carriera.

«Quando ti poni di fronte a quadri come questi – dice Fornaini mentre nello studio mi mostra un suo ultimo lavoro – dovresti toglierti dalla testa la tua cultura: provare, cioè, a pulire il tuo sguardo spogliandoti delle tue visioni di base. In questo modo eviti di lasciarti condizionare dal tuo giudizio».

Enrico Fornaini, Natura morta con pane e salacchino, 2015, olio su tela

Enrico Fornaini, Natura morta con pane e salacchino, 2015, olio su tela

La sua è una pittura pulita, immediata e chiara che indaga la realtà con la curiosità di chi, oltre a rappresentare, cerca di svelare l’aspetto nascosto, meno evidente ma caratteristico, di un individuo o di una situazione.

In Gente di Pisa, mostra allestita nel maggio 2013 presso San Pietro in Vinculus, Enrico Fornaini espose una serie di lavori ad olio: una ricognizione tra i volti e le figure della nostra città, alcune conosciute, altre anonime, discrete presenze di oggi o di un recente passato.
Come in un fotoreportage, le sue quaranta opere descrivono la realtà con uno sguardo scevro da nostalgie, pur concedendosi qualche cenno malinconico.
Il poeta Andrea Scarpellini, visitando l’esposizione fu colpito dai dipinti del maestro pisano e iniziò a scrivere una serie di poesie ispirate dai suoi lavori.

Enrico Fornaini, La questuante, 2013, olio su tela

Enrico Fornaini, La questuante, 2013, olio su tela

Da questo incontro è nato un progetto editoriale che ha dato vita alla pubblicazione del volume Altra gente di Pisa, edito da MdS, nel quale sono raccolte le loro opere.
Venerdì 19 giugno, alle ore 21.15, presso il Cineclub Arsenale, sarà possibile assistere alla presentazione del volume coordinata dal curatore Fabio della Tommasina e da Filippo Bernardeschi direttore della rivista on-line Tuttomondo.
Saranno presenti il pittore Enrico Fornaini, il poeta Alessandro Scarpellini, l’autore della prefazione Ovidio Bompressi e il critico Emilio Sidoti che ha scritto l’introduzione alle opere. Interverranno a sorpresa amici musicisti, artisti ed altri affabulatori.

Siete tutti invitati, ingresso libero.

Enzo Lamassa

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