Cinquant’anni fa, il crollo del Ponte Solferino

PISA – La mattina del 13 novembre 1966 la città ancora sonnecchiava, perché era domenica, e perché come un qualunque giorno di autunno inoltrato la foschia e le nuvole non invitavano ad uscire, sopratutto di mattina presto.

Soltanto qualche fotografo e qualche giornalista fu svegliato da una telefonata che avvisava di andare sui lungarni perché questa volta forse il ponte non avrebbe retto. Eppure le acque erano defluite ormai dopo la grande piena della settimana precedente, dopo la grande alluvione di Firenze e dopo aver allagato intere campagne. Ma da giorni, qualcuno avvertiva rumori preoccupanti in prossimità del ponte e in molti sospettavano.

crollo-solferinoAlle 7,30 di domenica 13 novembre 1966, a Pisa, crolla il Ponte Solferino.

La storia del collegamento tra i quartieri di San Antonio e di Santa Maria è abbastanza travagliata:  il primo crollo di un ponte che li unisce si ha nel XV secolo e per alcuni secoli nessuno ritenne utile ricostruire il nuovo ponte. Solo nel 1875 si inaugura il nuovo ponte, che prenderà il nome appunto di ponte Solferino, ma è proprio questo ponte quello che verrà distrutto dai tedeschi nel 1944 (il 20 luglio) durante la loro ritirata. Il collegamento sarà ripristinato alla fine della guerra nel 1946 e questa volta la distruzione avverrà appunto solo vent’anni dopo quando le acque dell’Arno sembravano ormai ritirate. 

solferino

Diversamente da Firenze, in cui i danneggiamenti furono evidenti fin dal 4 novembre, Pisa, che inizialmente sembrò “miracolata” o salvata dalla grande alluvione, subì, in realtà, nel tempo notevoli danni, il primo dei quali fu il crollo del ponte Solferino. Nel febbraio del 1967, dopo tre mesi dall’alluvione, tutto il lungarno Pacinotti sprofondò di vari metri, provocando di nuovo un’infinità di disagi alla città.

Dopo il crollo, gli interrogativi furono gli stessi che si verificano oggi in situazioni simili. Leggendo i giornali dell’epoca ci rendiamo conto come cinquant’anni non hanno cambiato molto nel modo di affrontare i reali problemi e i disagi dei cittadini. Come ricostruire il nuovo ponte, quando, con quali finanziamenti. 

passarella

Costruire un ponte non è impresa realizzabile in pochissimo tempo e quindi fu valutata subito l’ipotesi della costruzione di una passerella almeno per i pedoni, anche se come si può vedere dall’immagine anche questa sembrò esclusa. Sulle ipotesi del nuovo ponte e della sua forma fu detto e scritto di tutto.

A tre arcate, a somiglianza di quello crollato, più grande, più largo, più adatto a un traffico veicolare maggiore. Con i marmi come quello distrutto, senza marmi perché troppo pesante e via dicendo. Molti pisani lo consideravano il ponte più bello della città, e ancora oggi, a cinquant’anni di distanza, nelle commemorazioni qualcuno lo ha ricordato come “il più bello”. In realtà nella nostra ricerca abbiamo trovato anche un autorevole parere contrastante. Il professore Carlo Ludovico Ragghianti, il 19 novembre dichiara al quotidiano la Nazione: “Il ponte era in origine uno dei molti misfatti architettonici dell’eclettismo ottocentesco, un’imitazione maccheronica e sbagliata del ponte Santa Trinità a Firenze, di Michelangelo e dell’Ammannati. Compromesso dagli eventi bellici nel 1944 si volle ricostruirlo, alterato e ampliato, com’era e dov’era“. Il professor Ragghianti prosegue dicendo che “visto che si dovrà comunque ricostruire e visto che il costo di un ripristino sarebbe fortemente oneroso, (…) consiglio di costruire un nuovo ponte, e di condizionarne l’esecuzione ad un concorso nazionale, che dia le migliori garanzie costruttive ed estetiche”.

La storia dice che ci vollero ben tre anni solo per indire il concorso nazionale che portò alla scelta del progetto attuale, i lavori di ricostruzione iniziarono nel 1972 (altri tre anni) e terminarono nel 1974. L’inaugurazione avvenne nel giugno 1974 alla presenza dell’allora sindaco Elia Lazzeri. In realtà una passerella venne realizzata, era un ponte bailey, che come ci spiega Wikipedia era un ponte realizzato con assi di legno e travi in acciaio molto pratico da montare e smontare.

A distanza di cinquant’anni dalla terribile alluvione, oltre alla commemorazioni d’obbligo, dobbiamo dire che mentre il mondo, le abitudini delle persone, i rapporti commerciali, le comunicazioni sono completamente cambiati, ben poco è stato fatto in materia di tutela ambientale e rispetto del territorio. Ad oggi la cronaca è ancora costellata di inondazioni, straripamenti, alluvioni, disastri. La popolazione ancora lotta con il fango e troppo spesso i soccorsi e gli aiuti sono ancora in mano solo alla volontà degli “angeli del fango”. 

 

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