PISA – Nell’anno in cui ricorrono i 450 anni della nascita di Claudio Monteverdi, c’era da aspettarsi che Sir John Eliot Gardiner – uno dei musicisti che più ha consacrato la propria attività alla valorizzazione dell’opera del compositore cremonese – omaggiasse questa straordinaria figura del primo Barocco. Nessuna sorpresa, quindi, nel leggere come titolo conclusivo dell’odierno cartellone della rassegna Anima Mundi il monumentale Vespro della Beata Vergine, eseguita nel Duomo di Pisa venerdì 6 ottobre.
Il Vespro di Monteverdi è sicuramente uno dei cavalli di battaglia del Maestro britannico, pertanto è superfluo dire che si trattava di un’esecuzione molto attesa, soprattutto se si considera che il M° Gardiner era affiancato dai “suoi” English Baroque Soloists e Monteverdi Choir. E il giudizio non può che essere uno e unanime: Sir Eliot Gardiner si è superato.
Ogni appassionato di Monteverdi conosce a menadito l’incisione (a cura dei medesimi esecutori) del 1994 della DECCA e se lo si considera un lavoro superlativo non si fa altro che affermare il vero; tuttavia l’esecuzione è molto maturata da allora e non poteva essere altrimenti: il M° Gardiner, anima vivace e curiosa, ristudia ciò che ha già studiato, lo metabolizza, prova a individuare nuove chiavi interpretative. Così è stato per il Vespro della Beata Vergine, di cui il M° Gardiner ha fornito una lettura assolutamente nuova e affascinante: ha valorizzato al massimo l’importanza del testo, evidenziando quindi il legame saldissimo e indissolubile tra musica e parola in Monteverdi grazie a uno studio approfondito e intelligente delle dinamiche in relazione al testo scritto, ha accentuato come mai prima d’ora i ricchissimi contrasti ritmici e dinamici, addirittura i contrasti tra gruppi sillabici o singole consonanti (ad esempio, nel meraviglioso Dixit Dominus nella cui parte iniziale le varie «xit» si susseguono in modo serrato, quasi a voler suggerire l’idea di sussurri e bisgigli).
Inoltre bisogna sottolineare che la prassi esecutiva barocca è stata rispettata in modo impeccabile non solo nell’aspetto tecnico musicale ma anche nella predilezione per un’esibizione “scenicamente” coinvolgente; difatti il M° Gardiner non si è limitato ad occupare lo spazio antistante l’altar maggiore, ma ha trasformato l’intero Duomo in una cassa armonica da sfruttare per valorizzare le esigenze della musica. È il caso del Duo Seraphim, momento in cui due tenori hanno cantato nascosti alla vista del pubblico nel ballatoio al primo piano della Cattedrale, uno a destra e uno a sinistra della navata, in modo da rendere materialmente il passaggio del testo che recita: «Duo Seraphim clamabant alter ad alterum», creando un effetto di impalpabile bellezza dovuto proprio alla distanza prospettica sia reciprocamente tra i due esecutori sia tra questi e il pubblico
L’acme di questo effetto è stato raggiunto nell’inno Ave Maris Stella, dove la “tridimensionalità” mutava al mutare di verso e di ritornello: ora si sentivano in lontananza gli ottoni, ora le voci bianche (lo strepitoso Coro Infantil de l’Orfeó Català), ora i solisti del coro. Visivamente molto efficace anche l’imponente Sicut erat che chiude il conclusivo Gloria in excelsis del Magnificat. Può sembrare un dettaglio privo di importanza, ma sottolinea una volta di più – se fosse ancora necessario – la cura del M° Gardiner nell’affrontare una partitura, sotto qualsiasi punto di vista: dato che la prassi esecutiva dell’epoca prevedeva soluzioni di questo tipo (difatti, nel caso delle voci, in momenti particolari Monteverdi sulla partitura annota la dicitura «echo»), anche questa peculiarità viene rispettata e impiegata per creare particolari effetti prospettici, per enfatizzare passaggi dalla misteriosa grazia alata.
Quella fornita dal M° Gardiner è un’interpretazione non solo che si impone all’attenzione degli studiosi e degli esecutori di Monteverdi, ma che si segnala anche per l’estrema chiarezza di intenti, volta a rendere l’ascolto di questo straordinario autore interessante e “semplice” anche per i semplici appassionati e a diffondere sempre più la musica di uno dei più grandi autori della scuola italiana.
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