1977. Speranze e sgomento

Riavvolgere il nastro della memoria per tornare all’adolescenza a volte non è semplice. Quando mi hanno chiesto di scrivere questo editoriale, soprattutto per questioni anagrafiche visto che io c’ero nel 1977, ho avuto un attimo di smarrimento. Mi sembrava di non ricordare niente, tutto era così lontano, e io non avevo fatto la rivoluzione. Poi ho capito che non era vero che non ricordavo, non volevo ricordare, e piano piano sono stata travolta da immagini, frasi, ricordi, paure. Come se dei fantasmi mi venissero a trovare, bussando alla porta della mente: i fantasmi delle rivoluzioni e delle speranze passate (per parafrasare Dickens).

 1977

Il 1977 è una data simbolica. Tutti gli anni di quel decennio furono un turbinio di cambiamenti e crolli di certezze. Fu come se un grande terremoto avesse percorso l’Italia, scrollando con forza inaudita certezze sociali, morali e politiche, e dopo ogni grande sconvolgimento non si torna più quelli di prima, nel bene o nel male.

Bene ne è venuto, ma anche dolore profondo.

Bene è stato il vento di libertà che si è intrufolato in ogni ambiente, con l’abbandono di chiusure mentali e rituali borghesi. La sessualità è stata rivoluzionata, ed è cambiato il concetto stesso di femminilità. Se noi donne oggi possiamo aspirare a qualsiasi cosa, per diventare ciò che veramente desideriamo, è merito di quegli anni, di quelle lotte e di quelle donne che si ribellarono, perché prima di allora per le donne c’era quasi sempre un solo orizzonte, quello del matrimonio e della maternità.

Le ragazze si sentirono forti, persino migliori degli uomini, e parteciparono a occupazioni, discussioni e volantinaggi, dormendo fuori, amando chi volevano e lottando per nuovi diritti. Nel 1975 Feltrinelli pubblicò “Noi e il nostro corpo”, un libro scritto da un collettivo femminista americano che divenne una sorta di bibbia della sessualità. Intanto l’anno prima era stata definitivamente confermata la legge sul divorzio, con un referendum dal risultato assolutamente non scontato in un paese all’epoca fortemente cattolico, e nel 1978 venne approvata la legge sull’aborto (a sua volta confermata da un referendum nel 1981).

Così il personale divenne politico, la sessualità s’intrufolò nella vita quotidiana e spezzò tabù e vergogne. Date un’occhiata alle foto del festival di Re Nudo, al Parco Lambro a Milano nell’estate del 1976, e capirete di cosa parlo.

 1977Questa sorta di forza dionisiaca produsse una grande euforia in ogni campo, ovunque si pensava che fosse venuto il tempo di una rivoluzione sociale e culturale. Il modo di vestire cambiò completamente, via i tailleur dai toni sobri e i mezzi tacchi borghesi, in quegli anni solo gonne colorate, jeans, eskimo, colore e creatività al potere!  Nel 1976 nacquero le radio libere, che invasero l’etere con la musica, i dibattiti e la controinformazione.

Persino l’arredamento cambiò. Se sfogliate la mitica rivista Abitare, nei numeri del 1977 e degli anni immediatamente precedenti, troverete mobili colorati dalle forme semplici o avvolgenti, e soluzioni abitative gioiose, che rispecchiavano la voglia totale di rinnovamento di chi viveva una nuova vita, credendo che fosse finalmente nato un mondo nuovo. Un mondo più umano, più giusto, più equo, più solidale e più attento ai bisogni di ogni membro della società: è del 1977 la legge che sancisce il diritto dei portatori di handicap alla frequentazione scolastica. Prima di allora le persone con handicap erano considerate una vergogna, da confinare fra le mura di casa.

Anche la consapevolezza ambientale nacque e crebbe in quegli anni, già dai primissimi anni ’70 l’ecologia divenne un movimento e una forza sempre più grande, e l’amore per il pianeta fu considerato un bene da coltivare.

Per tutto questo dobbiamo essere grati a quegli anni.

Ma spesso una forza dirompente non è controllabile, e l’altro lato della medaglia fu la violenza inaudita che, a partire da Piazza Fontana, attraversò tutto il decennio, sconfinando in quello successivo. L’elenco delle stragi, dei rapiti, dei gambizzati, delle vittime del terrorismo e della violenza politica durante manifestazioni e cortei è sconvolgente. Non c’era pietà, da nessuna parte.

Ogni fazione politica combatteva contro l’altra, spesso fisicamente, con aggressioni e pestaggi, e nascevano continuamente nuovi movimenti, sempre più a sinistra o sempre più a destra, ma comunque sempre più estremi. Si arrivò a contare fino a settantasette sigle diverse, che rivendicavano ideologie e azioni.

Le strade erano piene di cortei e lacrimogeni, e le cariche di polizia erano all’ordine del giorno: il sistema Stato andava cambiato con la violenza. Le foto di quegli anni sono agghiaccianti: strade deserte avvolte dal fumo, poliziotti in assetto di guerra, pistole che spuntano fra loden ed eskimo, scie di sangue sull’asfalto, bandiere e striscioni che miseramente coprono corpi martoriati, volti colmi di angoscia, incredulità e orrore. I notiziari sembravano un bollettino di guerra, e la guerra non arrivò da sola, strisciando subdolamente fra le pieghe del movimento dilagò l’eroina, che distrusse menti e corpi di una generazione che credeva di ribellarsi al mondo.

Non era facile vivere in quegli anni.

Claudia Menichini
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