Consigli di lettura – Maggio

L’appuntamento mensile con i libri

Consigli di lettura: Ogni mese vengono proposti dieci titoli eterogenei. Diversi gli autori, le nazionalità, i generi letterari e spesso molto diversi possono essere gli anni in cui i romanzi proposti sono stati pubblicati (la data scritta è l’ultima data di pubblicazione). Ciò che li accomuna è il piacere di leggere. Ci auguriamo che ogni mese i nostri lettori possano trovare almeno un libro da leggere. Il nostro appuntamento è curato dal collettivo di operatrici culturali “Tessera” formato da: Paola Bernardini, Giulia Silvestri, Anna Giannessi e Valentina Gori che ringraziamo calorosamente



Takiji Kobayashi
Il peschereccio dei granchi

Tirrenia Stampatori
Or.: 日本語

2016

Il peschereccio di granchi racconta la vita dura e disumana dei lavoratori a bordo di una nave industriale giapponese impegnata nella pesca e lavorazione dei granchi al largo delle coste della Kamčatka. I protagonisti sono un gruppo di pescatori e operai costretti a lavorare in condizioni estreme, sotto il comando di un capitano crudele e di sorveglianti violenti. I marinai sono sottoposti a turni massacranti, paghe misere e punizioni brutali se osano ribellarsi. La nave stessa diventa una prigione galleggiante, simbolo dello sfruttamento capitalista e dell’ingiustizia sociale.
Man mano che la sofferenza cresce, tra i lavoratori inizia a diffondersi l’idea della resistenza e della lotta collettiva. Nonostante la paura della repressione, alcuni operai cercano di organizzarsi per difendere i loro diritti, sognando una rivolta contro i loro oppressori. 
Kobayashi Takiji (1903-1933) è stato uno scrittore e attivista giapponese noto per le sue opere di denuncia sociale e per il suo impegno nel movimento proletario. Nato nella prefettura di Akita, Takiji crebbe in una famiglia modesta e sviluppò presto una sensibilità verso le condizioni di vita dei lavoratori. Dopo aver studiato economia all’Università Commerciale di Ōtaru, iniziò a lavorare in una banca, esperienza che influenzò profondamente la sua visione politica e letteraria.
Takiji si unì al Partito Comunista Giapponese e, a causa delle sue idee politiche, fu perseguitato dal governo. Nel 1933 venne arrestato dalla polizia segreta e morì lo stesso giorno a causa delle torture subite durante l’interrogatorio. Nonostante la sua morte prematura, Kobayashi Takiji rimane una figura centrale nella letteratura giapponese di impegno sociale e il suo lavoro continua a essere studiato e apprezzato ancora oggi.

Valeria Luiselli
La storia dei miei denti

La Nuova frontiera Editore
Or.: Español (México)

2016

Gustavo Sánchez Sánchez, soprannominato con affetto “Autostrada”, è un tipo discreto ma dalle straordinarie qualità: dopo un paio di rum e cola sa imitare Janis Joplin, riesce a far stare un uovo dritto su un tavolo come Cristoforo Colombo, sa contare fino a otto in giapponese, interpretare i biscotti cinesi della fortuna e fare il morto a galla. Ma è soprattutto il migliore banditore d’aste del mondo. Nella sua folgorante carriera ha inventato la rivoluzionaria “asta allegorica” durante la quale non sono gli oggetti a essere messi in vendita, quanto le storie che gli danno valore e significato. In questo libro c’è la sua vita e il suo trattato sui pezzi da collezione, sui nomi propri e sul riciclaggio radicale. Tutto il resto è solo letteratura.
La terza opera della scrittrice messicana nasce su commissione dei curatori di una mostra che si sarebbe tenuta nella Galleria Jumex di Ecatepec, che custodisce un’importante collezione d’arte contemporanea grazie al finanziamento della omonima fabbrica di succhi di frutta. Al posto del tradizionale catalogo artistico, Luiselli inizia a scrivere una sorta di romanzo a puntate per gli operai della fabbrica, che organizzano un gruppo di lettura per discuterne e raccontarsi. Il risultato di quelle riunioni settimanali diventa materiale che consente all’autrice di costruire le puntate successive della storia fino a giungere al romanzo completo La storia dei miei denti traendo ispirazione dagli aneddoti e dai commenti degli operai, senza mai perdere di vista l’idea alla base della mostra: la presenza – o l’assenza – di ponti tra la vita della galleria e il contesto popolare in cui è incastrata.

Tillie Lerner Olsen
Fammi un indovinello

Marietti1820 Editore
Or.: English

2024

Tillie Lerner Olsen (1912-2007) è figlia di ebrei russi di militanza socialista, immigrati negli Stati Uniti agli inizi del Novecento. A vent’anni, già membro della Lega dei giovani comunisti, ha la prima figlia, che chiama Karla in onore di Karl Marx, da un uomo che l’abbandona subito dopo. È costretta, quindi, a lavorare senza sosta per il sostentamento della famiglia. Fa la cameriera, la lavandaia, l’operaia, la saldatrice. Partecipa al nascente movimento sindacale nella San Francisco degli anni Trenta, dove incontra il suo futuro marito, Jack Olsen, con cui ha altre tre figlie. Sono gli anni di un intenso attivismo che le costa, nel periodo maccartista, due arresti e la sorveglianza da parte dell’FBI. Solo nel 1955, grazie a una borsa di studio e con le figlie ormai cresciute, può dedicarsi alla scrittura.
Nel 1961 esce Tell Me a Riddle che la consacra al successo. Con una produzione attenta ai temi del lavoro, della condizione femminile e della militanza politico-sociale, Tillie Olsen diventa una voce libera, potente e pluripremiata della letteratura nordamericana del XX secolo. I racconti contenuti in Fammi un indovinello esplorano temi vicini alle donne della classe lavoratrice, problemi comuni fin lì mai detti o rimasti inascoltati: la maternità delle madri single, il legame madre-figlia, il rapporto coniugale nella vecchiaia, cogliendo senza indulgenza tutta la desolazione della realtà contemporanea, l’oppressione, la miseria, ma anche la forza positiva del ricordo, della ricerca del sé e della sua realizzazione. Tillie Olsen tratteggia con implacabile compassione e profonda pietà storie di uomini e donne, vecchi e bambini, bianchi e neri; sono storie di solitudine, pregiudizi, violenza, frustrazioni, ma anche amicizia, cura e solidarietà.

Tsumura Kikuko
Un lavoro perfetto

Marsilio Editore
Or.: 日本語

2021

Nel suo ruolo di consulente del lavoro, la signora Masakado è abituata a incontrare le persone più stravaganti, ad accogliere le richieste più insolite, e in genere è in grado di accontentare tutti. Così, quando una giovane donna si presenta presso la sua agenzia, è sicura di avere l’offerta adatta a lei. Dopo essersi licenziata in seguito a un esaurimento nervoso, la donna sembra infatti avere le idee molto chiare su ciò che vuole: oltre a essere vicino a casa, il nuovo impiego dovrà prevedere solo mansioni semplici e non offrire prospettive di carriera; dovrà essere, insomma, del tutto privo di sostanza, al limite tra il gioco e l’attività seria. Nelle singolari occupazioni che si prende in carico – dal sorvegliare uno scrittore sospettato di attività di contrabbando a inventare consigli che impreziosiscono la confezione di una marca di cracker di riso -, la neoassunta cerca soprattutto di non lasciarsi coinvolgere troppo. Ma nel suo saltare da un posto all’altro, nel suo acquisire regolarmente più responsabilità di quelle desiderate e ruoli più complicati del previsto, le diventa sempre più chiaro che non solo il lavoro perfetto non esiste, ma che quello che sta veramente cercando è qualcosa di molto più profondo. Ogni cambiamento comincia così a rappresentare una nuova fase di crescita interiore, fino alla consapevolezza che in tutto ciò che si fa c’è qualcosa di magico, di unico e di appagante, e che dobbiamo solo trovare (o non perdere) l’energia per riconoscerne la bellezza.

Françoise Ega
Lettere a una nera

Fandango Libri
Or.: Français

2024

Lettere a una nera di Françoise Ega, pubblicato postumo nel 1978, rappresenta un’inquietante testimonianza del nostro tempo. Nata in Martinica, Ega si trasferì a Marsiglia negli anni Cinquanta. Nel 1962, il desiderio di scrivere la colse quando, leggendo Paris Match, scoprì il destino di Carolina Maria de Jesus, una scrittrice brasiliana proveniente da una favela. È a questa “sorella” sconosciuta che si rivolge scrivendo il suo diario dal 1962 al 1964, e il resoconto intimo si trasforma in uno struggente manifesto contro la schiavitù moderna. È il diario di una donna che decide di farsi assumere come domestica per testimoniare i rapporti di potere che si instaurano, nel privato di una casa, tra una donna borghese bianca e la “sua” domestica nera.
Le lettere di Ega provano da un lato un’esperienza vissuta in prima persona che distrugge il corpo, i muscoli, le mani, la schiena annientando l’identità di una donna. Dall’altro, come scrive Elsa Dorlin nella sua prefazione, mostrano come queste dinamiche di dominio siano il risultato di un sistema più grande di oppressione, generato dalle politiche francesi di quegli anni. Le umiliazioni erano innumerevoli, i compiti ardui, e quando nuove ragazze sostituivano le altre, dovevano portare il nome della persona che veniva rimpiazzata.
Nelle sue lettere Ega racconta la sua storia con un realismo impressionante, pieno di rabbia, ma anche di ironia. Il suo “rifiuto dell’alienazione” ci apre gli occhi su ciò che ancora oggi può accadere. Un documento raro, vero racconto di una tratta di schiavi contemporanea e testimonianza di una coscienza libera.

Diamela Eltit
Manodopera

Alessandro Polidoro Editore
Or.: Español (Chile)

2020

Cilena di origine palestinese, nata nel 1949, con una forte coscienza politica, Diamela Eltit parla in questo romanzo del sistema di produzione neoliberale e delle sue perversioni. Il libro è diviso in due parti. Nella prima c’è il delirante monologo dell’anonimo dipendente di un supermercato che racconta le sue giornate tra i corridoi e gli scaffali, descrive il feticismo delle merci, il controllo sui corpi, gli effetti inesorabili di un mondo dove tutto si vende e si compra. Nella seconda c’è il coro spersonalizzante di Isabel, Gloria, Enrique, Gabriel, Sonia, Andrés, Pedro: tutti lavoratori del supermercato, conviventi forzati per motivi economici in uno spazio che non può dirsi casa, dove l’empatia della condivisione è soppiantata dalle logiche ciniche della sopravvivenza, dove ciò che conta è la tirannia del contratto, l’oscenità del turno, il licenziamento di massa, l’occhio implacabile del supervisore. E così l’autrice, attraverso strategie narrative sorprendenti e innovative, tesse un discorso sul potere e i suoi effetti sul corpo, l’identità e le relazioni, mostra le conseguenze dell’individualismo e del consumismo più sfrenati, denuncia lo svuotamento di ogni coscienza di classe.

Dario Salvetti / Gea Scancarello
Questo lavoro non è vita

Fuoriscena Editore
Or.: Italiano

2024

Il 9 luglio 2021, i 422 dipendenti della Gkn di Campi Bisenzio (Firenze), fabbrica che produce semiassi per l’industria automobilistica, ricevono una email con la quale viene comunicato l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività. Lavoratrici e lavoratori non restano immobili nella rassegnazione, reagiscono immediatamente, raggiungono i cancelli dell’azienda, presidiati da guardie private, e riescono a entrare. Non lo fanno per rabbia, ma per difendere un diritto e per proteggere il proprio territorio dalla delocalizzazione e dall’impoverimento. Comincia così la lotta operaia più lunga e più strutturata degli ultimi decenni. Una lotta allo stesso tempo potente e fragilissima, che va conosciuta e sostenuta perché ci riguarda tutti. La mobilitazione, da un lato, vuole opporsi a un abuso e, dall’altro, avvia un corpo a corpo con il capitale di straordinaria forza e intensità. Un corpo a corpo non isolato ma in convergenza con movimenti e lotte che attraversano tutto il Paese, seppur spesso sottotraccia.
Mentre questo libro va in stampa, lavoratrici e lavoratori sono ancora lì, hanno costituito un Collettivo di fabbrica, hanno allestito un loro piano industriale credibile e hanno avviato la procedura di azionariato popolare per sostenerlo, che si è chiusa con oltre un milione di euro di sottoscrizioni. In questi ultimi anni sono stati pubblicati molti libri che hanno raccontato la crisi e le falle del modello capitalistico di produzione e sviluppo, mancava però ancora un libro sul lavoro, che raccontasse la lotta di classe nel XXI secolo.
Questo libro non è solo la storia di una singola battaglia, ma un manifesto che parla a ciascuno di noi, trasversalmente al proprio mestiere. Perché il lavoro è vita. Ma questo lavoro, sfruttato, sottopagato, che ammala il corpo e la mente, in cui puoi essere licenziato in tronco con una email, non lo è più. È necessario gridarlo con consapevolezza, e farlo collettivamente.

George Orwell
La strada di Wigar Pie

Edizioni Clandestine
Or.: English

2021

Nel 1936 l’editore Victor Gollancz propone a George Orwell di realizzare un’inchiesta sulle condizioni del proletariato inglese. Orwell accetta l’incarico animato dal proposito di fare i conti con quella classe operaia che non conosceva se non per averla incontrata sui libri di Dickens e London. Parte con pochi bagagli e parecchi stereotipi. Alcuni riuscirà a distruggerli, altri saranno confermati.
Viaggia a nord, appoggiandosi a uno scrittore operaio e ad alcuni militanti socialisti. Si infila negli slum, dorme nelle tripperie, scende nelle miniere. Legge statistiche, si fa ospitare nelle case dei minatori, chiede informazioni ai sindacalisti. A volte inciampa in errori madornali, altre volte ha intuizioni brillanti. Con la penna fotografa la neve nera dei quartieri dei lavoratori, le donne che vivono in stanze di pochi metri quadrati piene di pentole e bambini, la birra che ripulisce la bocca dei minatori dalla polvere di carbone. Ovunque vada lo accolgono con una stretta di mano. Ma ogni volta che incontra gli operai le sue origini di piccolo borghese si mettono in mezzo.
È il problema della distinzione di classe: come il vetro di un acquario che divide due mondi anche se non si vede. Così, dopo i primi capitoli sulla classe operaia, comincia a scrivere della propria stessa classe e il reportage si trasforma in pamphlet. Il libro viene scritto in tempi rapidi e dato alle stampe nel 1937: diventerà un caso editoriale e alimenterà polemiche sul ruolo degli intellettuali liberal, sulle possibilità di una piccola borghesia radicale, sul rapporto tra classe lavoratrice e sinistra.
Ma sarà soprattutto una pietra miliare della saggistica sulla working class inglese e porrà l’opera di Orwell al fianco di capisaldi come La situazione della classe operaia in Inghilterra di Engels e Il popolo dell’abisso di London. Una denuncia attuale più che mai in un momento storico in cui la sinistra istituzionale e i media mainstream considerano morta la classe operaia, quando invece a morire numerosi sono ancora i lavoratori e le lavoratrici. 

Juno Mac, Molly Smith
Prostitute in rivolta.

Tamu Edizioni
Or.: English

2022

Prostitute in rivolta libera la prostituzione da quelle parole cui di solito è legata – intimità, perdita di sé, depravazione morale – per ancorarla a una tesi tanto semplice quanto corretta: il lavoro sessuale esiste in un mondo in cui le risorse non sono equamente accessibili. Come ogni altro lavoro, non è né buono né cattivo in sé, ma la vita di chi lo pratica può cambiare a seconda della possibilità di rivendicare dei diritti. Per capirlo basta adottare la prospettiva delle dirette interessate, come le autrici Juno Mac e Molly Smith, sex worker e attiviste femministe.
Il libro spinge a porsi importanti quesiti sui significati attribuiti a parole come «sesso», «lavoro», «sfruttamento», «libera scelta», e mette chi legge davanti agli effetti materiali che le frontiere, il carcere e le politiche su decoro, casa e salute hanno sulla parte più marginale della società. Questo volume colma un importante spazio vuoto della riflessione critica in Italia su violenza di genere, migrazioni, lavoro e discriminazioni, con un respiro globale (guardando a realtà diverse, tra nord e sud del mondo) e una potente solidità argomentativa.  

Vitaliano Trevisan
Works

Einaudi Editore
Or.: Italiano

2022

Con una scrittura originale come un classico pezzo di jazz in questo romanzo autobiografico Vitaliano Trevisan racconta il lavoro nel luogo in cui è una religione, il Nordest, dagli anni Settanta fino agli anni Zero. E attraverso questa lente scandaglia, con sguardo acuto e disincantato, non solo le mutazioni del nostro Paese, ma la sua stessa vita: il fallimento dell’amore, i meccanismi di potere nascosti in qualunque relazione, la storia della propria e di ogni famiglia, che è sempre «una storia di soldi».
Racconta gli anni Settanta schiacciati tra politica e eroina, cui sembra essere sopravvissuto quasi per caso, le contraddizioni del mondo della cultura – dove per ironia della sorte la frase più ripetuta è «non ci sono soldi», la stessa che gli propinava il padre – e la sofferenza psichica, il percorso pieno di deragliamenti di un ragazzo destinato a fare lo scrittore. Prima di diventarlo però Trevisan ha fatto innumerevoli lavori: dall’impiego nella fabbrica di gabbie per uccelli per comprare la bicicletta che il padre non gli aveva mai voluto regalare a manovale, da lattoniere a geometra, da disegnatore in un’azienda di arredamento a gelataio in Germania, da spacciatore di acidi a ladro di giacche, da responsabile di reparto in un’azienda di cuscinetti a sfera fino ai cosiddetti “lavori socialmente utili”, da magazziniere in una ditta di materie plastiche a collaboratore presso un’associazione per il recupero di ex tossicodipendenti e alcolizzati, fino a portiere di notte in un albergo. Attraverso queste esperienze Trevisan non solo racconta la sua vita prima di riuscire a scrivere, ma traccia anche un ritratto economico e sociale della provincia vicentina, tra imprese artigianali, piccole industrie e si fa testimone degli incidenti sul lavoro, del lavoro nero, dei rapporti tra colleghi.
Works assume dopo la tragica scomparsa del suo autore il valore di vero e proprio testamento letterario di uno dei più grandi narratori contemporanei e del contemporaneo.

consigli di lettura

Buona lettura.

Vi aspettiamo a Giugno

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Consigli di lettura di Aprile

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