PISA – Quella di ieri 25 ottobre, nella sala grande del Teatro Verdi, è senza dubbio una delle esecuzioni più straordinarie cui abbia mai assistito. Le Variazioni Goldberg BWV 988 di Johann Sebastian Bach sono un banco di prova estremamente arduo, per qualsiasi musicista, e quando una pianista giovane come Beatrice Rana raggiunge un risultato qualitativamente elevato come nel secondo appuntamento dei Concerti della Normale, non si può restare che meravigliati e affascinati.
Il controllo tecnico, la purezza cristallina del tocco, la pulizia esecutiva, lo studio profondo e intelligente della partitura, lo splendido gusto musicale, questo ha permeato ogni pagina, ogni frase, ogni nota delle Variazioni Godberg. Molto intelligente e soprattutto azzeccata l’idea di trovare un fil rouge nell’espressione musicale, così da far trasparire in modo ancor più limpido la coesa architettura di quest’Aria con trenta variazioni, che in questo caso si è concretizzata in una grazia alata, una delicata e umbratile serenità, contesa ora tra l’iridescenza coloristica e una tersa ed estatica cantabilità, ora tra una limpida esuberanza e il più puro tecnicismo pianistico.
Molto apprezzata anche la scelta di eseguire sì tutti i ritornelli ma apportando piccole varianti alle ripetizioni, aggiungendo cioè qualche espressività in più o alcuni abbellimenti non presenti in partitura, fatto che non solo ha decisamente alleggerito l’esecuzione, privandola del greve tedio del ritornello tale e quale, ma che è anche filologicamente corretto, in quanto fino all’avvento di Beethoven era comune prassi che l’esecutore modificasse la partitura nella ripetizione del ritornello con varianti, ornamentazioni o addirittura improvvisazioni. Naturalmente queste varianti sono sempre avvenute nel pieno rispetto di un testo quasi “sacro” per pianisti e compositori, come lo sono le composizioni di Bach in generale e le Variazioni Goldberg in particolare, e soprattutto sono state guidate sempre dall’intelligenza e da un eccellente senso musicale.
Se ci si volesse limitare alla mera critica, vergata magari con eccessivo puntiglio, si potrebbe osservare che in effetti il focus è stato in alcuni casi puntato sulla tecnica a scapito della musicalità, ma si sta parlando di una giovanissima pianista che si rapporta per la prima volta con uno dei brani tastieristici che hanno fatto la Storia della musica e che necessita di anni e anni di interiorizzazione e “sedimentazione”; lo stesso Glenn Gould – che probabilmente siede sul trono dell’Olimpo delle esecuzioni bachiane – ha fornito due interpretazioni delle Variazioni Goldberg completamente diverse e a distanza di quasi tre decadi l’una dall’altra, una nel 1955 e una nel 1981. Tutto questo per dire che il risultato conseguito da Beatrice Rana non solo è molto pregevole, ma è qualitativamente altissimo. Non so quanti pianisti alla sua età (ma anche di età più avanzata) riuscirebbero anche solo ad accostarsi a un simile grado di perfezione artistica; il che mi fa domandare: se a ventitré anni ha eseguito le Variazioni Goldberg in questo modo, fino a che livello riuscirà a portarle tra vent’anni? Onestamente non sono in grado di dare una risposta, ma consiglio più che caldamente di continuare a seguire questa eccezionale pianista, sarà in grado di darci qualcosa che non abbiamo mai udito prima.
Luca Fialdini
lfmusica@yahoo.com
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un altro giovane pianista ,Giovanni Mazzocchin, ha inciso le Goldberg a 17 anni ed ora esce una nuova registrazione x on classical cinque anni dopo…
già la prima era buonissima…quest’ultima da ascoltare obbligatoriamente…su spotify la trovate…ne sentiremo parlare—
Buonasera, la ringraziamo per il commento e – naturalmente – per la segnalazione, che di certo non ci lasceremo scappare!