C’è ancora spazio per il sacro?

Gottlieb-Jews_Praying_in_the_Synagogue_on_Yom_KippurEsiste ancora qualcosa di sacro? E che cosa significa, questa parola? Ha ancora un senso per l’orecchio dell’uomo moderno? E’ in grado di definire un ambito dell’esperienza, un luogo, un valore? In quali opere e in che forme è ancora rintracciabile qualcosa che sia definibile sacro? Ce lo siamo chiesti questo mese, con l’approssimarsi delle feste, qua a TuttoMondo. Non è stata una ricerca facile. La sacralità, ci siamo resi conto, non è sinonimo di religione, sebbene le due cose siano strettamente correlate. Più che un insieme di codici o rituali il sacro sembra essere il presupposto di ogni credenza e più che un sistema di valori, norme, riti o convenzioni, somiglia a una dimensione dell’umano sentire: qualcosa che si pone a metà fra il mistero e la ragione, la logica e la follia. Sembra essere anche qualcosa che ha molto a che spartire con la bellezza e l’amore; ma anche con il terrore e l’angoscia del vuoto. Il sacro è lo spazio dove galleggiano le cose antiche, dove gli opposti si confondo e operare distinzioni non è possibile. Da questo involucro nutrono linfa vitale le opere artistiche, le espressioni più felici dell’umanità e le religioni. E’ il terreno fertile che nutre la pianta della vita. In questo numero abbiamo indagato la presenza del sacro nelle opere di artisti come Pasolini, Eliot, Cesar Brie, Dickens e altri ancora. Lasciamo a te trarre le conclusioni. Come al solito, non pretendiamo di portare a compimento un lavoro esaustivo, ma di fornire spunti di riflessione. E ci auguriamo che il tempo che abbiamo sacrificato a scrivere questi articoli possa esserti utile.

La Redazione

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