Quando Lucca ritrova l’anima della “Tosca”

LUCCA – Nella conferenza stampa antecedente all’apertura della Stagione lirica 2019/2020, Aldo Tarabella – direttore artistico del Teatro del Giglio di Lucca – ha ribadito la volontà di rendere il teatro cittadino un ancor più solido feudo pucciniano, volontà manifestata chiaramente con il primo titolo del nuovo cartellone: Tosca. Andata in scena venerdì 18 ottobre, l’opera è stata presentata in un nuovo allestimento firmato dal Teatro del Giglio in coproduzione con il Teatro Verdi di Pisa e il Teatro Goldoni di Livorno. 

Inutile dire che quest’anno il teatro sente molto “l’ansia da prestazione” per la prima: gli eventi più recenti, primo fra tutti il cambio di timoniere avvenuto alle porte dell’estate, hanno costituito una prova da non sottovalutare per il teatro di Lucca. Ma il Giglio finalmente sta alzando la testa, ponendosi come realtà al passo con i tempi e – soprattutto – solida, in virtù anche delle nuove collaborazioni d’alto livello (nazionali e internazionali) strette negli ultimissimi anni. Dà una certa soddisfazione constatare come Tosca vada a inserirsi in questo solco.

Il Te Deum

Il primo elemento che cattura immediatamente lo spettatore all’aprirsi del sipario è senza dubbio la meravigliosa scenografia disegnata da Ivan Stefanutti, che qui ricopre il triplice ruolo di regista, costumista e scenografo. Le colonne di marmo nero, le stoffe pesanti, le coltri d’incenso, il tenue splendore dorato, le vesti color sangue: Puccini nella partitura di Tosca ha reso il più efficace ritratto della Roma papalina nella sua grave opulenza e Stefanutti ha saputo rendere in modo eccellente l’intenzione del compositore. L’allestimento è gloriosamente tradizionale, nel senso più elevato del termine, e il suo ferreo tradizionalismo celebra – in modo superbo – la splendida drammaturgia dell’opera. Meritoria la buona aderenza al libretto: gli addetti ai lavori sanno perfettamente che il libretto di Tosca rappresenta un incubo per i registi, semplicemente perché pone dei limiti particolarmente forti alla libertà interpretativa; Stefanutti è riuscito a trovare un buon compromesso, tanto semplice quanto elegante, tra i rigidi binari del libretto e possibilità di interpretazione. Unico aspetto debole dell’allestimento il visual design di Ezio Antonelli: non è fuori luogo (anzi, contestualizza molto bene l’azione nei suoi luoghi-simbolo), ma manca di finezza e spesso tende al kitsch. Davvero intelligente e ben realizzato il disegno luci di Marco Minghetti, in perfetta armonia colle scene.

Enrique Ferrer (Mario Cavaradossi)

Il cast è complessivamente più che all’altezza della rappresentazione, a partire dai comprimari: convincenti le prove di Lorenzo Nincheri (Carcerierie) e Marco Innamorati (Sciarrone) e il breve ma intenso Cesare Angelotti di Matteo D’Apolito. Sopra a questi stanno – staccandoli di misura – Donato Di Gioia, interprete del fugace ruolo del Sagrestano, che tuttavia riesce a caratterizzare in modo impeccabile anche in virtù dell’ottima vocalità, e Saverio Pugliese, che qui veste i panni di Spoletta: agile, sardonico, spregiudicato e decisamente a suo agio nei meravigliosi panni realizzati da Ivan Stefanutti, Pugliese ha fornito una prova attoriale (e vocale) di alto livello.
Enrique Ferrer (Cavaradossi) non appare al massimo della forma: non ha le sue armi migliori nella vocalità (abbastanza legnosa, specialmente nell’Atto I), bensì nella presenza scenica. Appassionato e sanguigno, attorialmente riesce a evocare un Cavaradossi di spessore.
Ci si aspettavano grandi cose da Daria Masiero, interprete della protagonista eponima. Purtroppo le aspettative non sono state del tutto attese: scenicamente ha senz’altro il suo rilievo, specialmente nei momenti più drammatici, ma il canto è piuttosto sforzato e la dizione davvero poco chiara.
La vera sorpresa è nientemeno che l’antagonista. Il baritono coreano Leo An è uno Scarpia formidabile, sotto ogni punto di vista: carismatico, minaccioso, dotato di vocalità possente, An ha saputo rendersi effettivo protagonista della rappresentazione. È sufficiente l’ingresso in scena per catalizzare su di sé l’attenzione dell’intero pubblico. 

Leo An (Scarpia) e Daria Masiero (Floria Tosca)

Notevole la performance dell’Orchestra della Toscana diretta da Marco Guidarini: precisione, pulizia di suono e compattezza, queste le parole d’ordine. La direzione di Guidarini è energica ma sempre attenta al canto e, cosa più importante, alla drammaturgia dell’opera; ogni scelta del direttore è volta a valorizzare la partitura pucciniana e l’orchestra segue mirabilmente le sue indicazioni. Di grande effetto il posizionamento di campane sul palcoscenico, seguendo quanto indicato da Puccini, per simulare in teatro una distanza prospettica, evocando la sensazione dei campanili romani che battono l’ora al mattino. Il Coro Ars Lyrica diretto da Marco Bargagna si conferma ancora una volta come una delle migliori realtà corali della regione, superbo nella celeberrima scena del Te Deum; parlando di cori, una nota di pregio è rappresentata dall’ottimo Coro Voci Bianche Teatro del Giglio e Cappella Santa Cecilia, diretto da Sara Matteucci. Ultimo ma non ultimo, merita una menzione speciale l’ensemble degli strumenti in palcoscenico, costituito da allievi dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “Luigi Boccherini” di Lucca, una delle più importanti istituzioni cittadine con cui il Teatro del Giglio rafforza ulteriormente i rapporti.

Questa Tosca è senza dubbio una delle migliori produzioni che abbiano visto il Giglio capofila in recenti anni ed è – finalmente! – un allestimento pucciniano degno del Teatro di Lucca e della città di Puccini: una città che ama i propri (molti) compositori e il proprio teatro, ma talvolta dimentica come debbano essere onorati. Non è importante la sola sfarzosità dell’allestimento, non serve a nulla fossilizzarsi su certe pignolerie belcantistiche, l’essenziale è cogliere e restituire al pubblico l’anima di un’opera. Con questa produzione teatro e città hanno senza dubbio imboccato la strada giusta e c’è da augurarsi che questo sia solo il primo di una nuova e lunga serie di allestimenti che possano condurre il Teatro del Giglio a un brillante futuro.

Photocredit: Andrea Simi

lfmusica@yahoo.com

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