La Suora Anarchica di Antonio Rabinad: una recensione

La Suora Anarchica 

Il 1936 è l’anno nel quale, durante le varie vicissitudini della Repubblica spagnola, il Fronte popolare vince le elezioni e il Generale Francisco Franco, partendo dai territori dell’Africa spagnola, si solleva contro il legittimo governo. Il tentativo di un colpo di stato diventa presto una guerra civile che preparerà l’Europa ad ulteriori cruenti e drammatici eventi. Proviamo a rileggere questi avvenimenti, in occasione dell’ottantesimo anniversario, attraverso il romanzo La suora anarchica di Antonio Rabinad, pubblicato in Spagna nel 1981 con il titolo La monja libertaria, oggi reperibile sul mercato del libro italiano nella versione tradotta e ripubblicata nel 2006 da Edizioni Spartaco. Romanzo che, nella metà degli novanta del  secolo passato, ha ispirato anche il film Libertarias del regista Vicente Aranda, con sceneggiatura dello stesso Rabinad.

suora-anarchicaLa storia è ambientata nel luglio del 1936, quando il vento e gli effetti della Repubblica spagnola, a seguito appunto della vittoria elettorale del Fronte popolare, arrivano a Vic, una cittadina situata tra Barcellona e la frontiera francese. Il racconto di una diciassettenne suora di clausura, Juana, si intreccia con gli eventi della Storia. I rivoluzionari si impossessano delle chiese e dei beni ecclesiastici, alcuni edifici vengono dati alle fiamme, altri requisiti e utilizzati per scopi sociali. Juana trova – per poche ore – casuale protezione in un bordello, fino a quando un gruppo di donne anarchiche, appartenenti all’organizzazione Mujeres Libres, vi farà irruzione. Il bordello viene immediatamente chiuso e le ragazze, compresa Juana, si ritrovano per le strade drappeggiate di bandiere rosse e nere, di parole e di acronimi a loro sconosciuti come CNT, FAI, UGT, POUM… La giovane suora decide di seguire una miliziana, prima a Barcellona, poi sul fronte di Aragona, in un percorso sul quale passo dopo passo aleggia il mito e si manifesta la presenza del Comandante Buenaventura Durruti.

Un libro che ben romanza un importante evento, che ha la dote di incuriosire anche il lettore non ancora introdotto negli eventi storici in narrazione. Un romanzo che ruota intorno alla figura e al ruolo della donna, evidenziando tutte le difficoltà che, anche all’interno di un processo rivoluzionario, ricadono sul genere femminile. L’autore, infatti, dà particolare risalto all’associazione Mujeres Libres, il gruppo che nel romanzo libera il bordello: si tratta di donne che durante il periodo della Repubblica si batterono per l’indipendenza economica del genere femminile e per rapporti di coppia basati su unioni libere; per l’istituzione di mense e asili al fine di alleviare gli impegni domestici femminili e per cambiare il ruolo della donna nella società, partendo dalla critica del potere maschile all’interno della famiglia. Temi che mantengono, in questi giorni, una tragica attualità. Troppe scarpe rosse denunciano, sulle nostre strade, la quotidiana violenza sul corpo delle donne. Violenze di padri, di mariti e fidanzati. Violenze che uniscono la civiltà del burka e quella del topless. Una incultura millenaria, quella della violenza maschile, che fatica a morire anche durante i processi rivoluzionari.

Questo romanzo ci riporta indietro negli anni e stimola anche un’altra riflessione. La Repubblica e la libertà espressa con quella scelta dai cittadini spagnoli, diviene presto motivo di reazione e violenza fascista. La risposta del Generale Franco è sorretta dai poteri forti, dalla destra tradizionalista, dalla chiesa, da Hitler e da Mussolini. Armi e potere economico in poco tempo chiusero le speranze repubblicane di libertà. Una repubblica abbandonata troppo presto dalle democrazie occidentali e dilaniata da scontri interni che, spesso, dal dibattito passano alla pratica con conflitti a fuoco e omicidi. Le analisi sulla vittoria del fascismo in Spagna sono state  ampiamente discusse dalla politica di quegli anni e, successivamente,  dagli storici. A noi rimane però un grande esempio, quello dei miliziani volontari, dei volontari che hanno combattuto e sono caduti in Spagna in difesa della Repubblica. Il pensiero corre subito alle parole con le quali Dolores Ibarruri, la Pasionaria, salutava le brigate internazionali nell’ottobre del 1938: «Siete la storia, siete la leggenda, siete l’esempio eroico»; così come alle struggenti immagini di Terra e libertà, il bellissimo film del regista irlandese Kean Loach; oppure al sogno della Colonna Ascaso fondata da Carlo Rosselli e Camillo Berneri alla quale parteciparono principalmente il movimento Giustizia e Libertà e molti anarchici. Un esempio, che oggi vediamo lontano (e, forse, persino incomprensibile) dal senso comune della nostra società. Al motto “Prima gli italiani” dei giorni nostri, i miliziani, nostri connazionali, che hanno combattuto per la Repubblica Spagnola ci rispondono con parole più solidali: «Oggi in Spagna, domani in Italia», anteponendo il diritto universale della giustizia e della libertà ai diritti costruiti e immaginati intorno alla nazione di nascita. Questo è quanto rimane dell’esempio lasciato da uomini e donne che si mobilitarono per difendere un’idea e si sacrificarono per una terra ed un popolo sconosciuto e lontano. Con l’ottantesimo anniversario della Guerra civile spagnola ricordiamo, attraverso quanto narrato nel romanzo La suora anarchica, anche i quarantamila volontari (di cinquanta nazionalità diverse) arrivati in Spagna; tra questi 47 sono censiti come provenienti da Pisa e provincia.

A volte la storia è crudele e spietata, altre volte – come in questo caso – ci ricorda che il benessere, la libertà e la giustizia sociale non sono valori ai quali dare priorità nazionale, ma principi che non hanno confini.

Massimiliano Bacchiet

Per un approfondimento sul tema dei volontari antifascisti nella Guerra di Spagna si veda Volontari antifascisti toscani nella guerra civile spagnola, una pubblicazione a cura di Ilaria Cansella e Francesco Cecchetti che raccoglie vari saggi che, in modo puntuale e ben narrato, raccontano il lungo periodo dell’impegno dei volontari toscani, tra militanza antifascista in patria e partecipazione alla guerra. Il volume – edito nel 2012 da Edizioni Effigi di Arcidosso – contiene, in formato digitale, le schede biografiche dei volontari antifascisti toscani.

Condividi l'articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.