Senza vincitori né vinti

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Buio. Una serie di lapidi sullo sfondo fiocamente illuminato. Poi la figura pallida di un vecchio, al centro della scena, disvelata da un faro. Il vecchio stringe un bastone di legno massiccio. Nell’altra mano tiene un libro. Comincia a leggere e inizia così Senza vincitori né vinti, spettacolo firmato dalla regia di Alessio Pizzech, incentrato sulle tragiche vicende della prima guerra mondiale. Paolo Bonacelli e Giuseppe Nitti l’hanno inscenato a Buti, mercoledì 11 febbraio, sul palco del teatro Francesco di Bartolo. Ad assistere c’erano gli studenti dell’Itis G. Marconi di Pontedera, con insegnanti e familiari al seguito: platea e spalti affollati, silenzio totale per più di un’ora senza interruzioni, orecchie rapite da un racconto-lettura basato sui testi di Mario Rigoni Stern, autore fra i più prolifici nel narrare quel primo, devastante conflitto mondiale.

Spettacolo per nulla facile da inscenare, Senza vincitori né vinti è il frutto di sei mesi di studi, interviste e approfondimenti affidati al drammaturgo Francesco Niccolini. La storia, tratta da un romanzo di Rigoni Stern, è quella del vecchio pastore Tӧnle Bintarn, del suo amore per la terra natia e gli animali, le montagne e le vallate che si scorgono dall’altopiano di Asiago; e del suo rapporto d’affettuosa amicizia con un giovane barbiere del luogo, presto chiamato alle armi. La guerra sconvolge le vite di entrambi, mettendo a repentaglio quei valori tanto importanti quanto vulnerabili di fronte alla ferocia del conflitto. Scenografia ridotta all’osso, solo una sedia per Paolo Bonacelli, che interpreta il vecchio Tonle, e un paio di casse di legno per Giuseppe Nitti. Gli attori restano al centro della scena per tutto il tempo, le lapidi sullo sfondo, effettuando spostamenti minimi, giostrando un dialogo intessuto di monologhi, e solo a momenti di scambi, quasi mai fissandosi direttamente, come a rimarcare la separazione e la solitudine inferte dal cataclisma della guerra. 

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Uno spettacolo difficile, si diceva, per la qualità dei temi trattati e perché ideato a cavallo fra lettura e recitazione, nonché privo di cambi di scena. Nelle voci di Nitti e Bonacelli risiede dunque l’efficacia del racconto, che gli attori orchestrano con abile maestria. Il primo incarna le immagini della trincea, il logorio dei giorni e della morte quotidiana. Sempre con sguardo trasognato, passa dalla febbrile enumerazione degli orrori – topi, cadaveri marcescenti, pidocchi e sangue – alla disperata presa di coscienza che la giovinezza è ormai irrimediabilmente perduta. Bonacelli, nei panni di Tӧnle, ci offre una visione indiretta, filtrata dalla prospettiva del civile che vede andare in pezzi un mondo amato. Nelle sue parole si mischiano gli elementi naturali e le persecuzioni militari: tradito del suo attaccamento alla terra, Tӧnle viene fatto prigioniero e confinato nel campo di Katzenau. Libero, incontrerà per l’ultima volta il giovane amico. Lo spettacolo si chiude con una toccante invocazione alla Terra, cantata nell’antitetica accezione di madre protettrice e obiettivo da strappare al nemico.

Senza vincitori né vinti è una ferma condanna degli eventi storici narrati: a partire dalla scelta del titolo, rifugge ogni celebrazione retorica per rimarcare un profondo disgusto, allo scopo di tenere acceso il ricordo. Al tal fine il regista Alessio Pizzech, confrontandosi con gli studenti del liceo, ha espresso l’intenzione di portare gli attori sui luoghi della memoria: «Lo spettacolo è nato in un cimitero di Carrara dedicato ai caduti. Mi piacerebbe coprire altri luoghi significativi come quello». La difficoltà consisteva nell’estrapolare una storia per far vivere il testo nella recitazione: «Ma una volta fatto – spiega Pizzech – il racconto moltiplica la sua efficacia, incarnato dagli attori stessi».

Oggi mi sembra che tutto questo è stato semplicemente l’impossibile che accade, una guerra smisurata dove milioni di uomini senza nome, senza voce, senza diritti furono trasformati in carne da macello, costretti a una morte privi di dignità, senza alcuna forma di riservatezza e compianto. Priva di senso, lutto e sacralità.

[dal testo dello spettacolo]

285634_4032932391029_344287144_nFilippo Bernardeschi

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