Salvador Dalì e Philippe Halsman: una fotografia atomica

Salvador Dalì conosce il fotografo Philippe Halsman nel 1941. Quest’incontro porta la fotografia a contatto diretto con il Surrealismo.

Uno dei lavori più celebri della coppia è sicuramente Dalì atomicus del 1948. Il titolo fa riferimento alla tela di Salvador Dalì che emerge a destra della foto:  Leda atomica.

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Dalì Atomicus, 1948

Questo dipinto appartiene alla fase di misticismo atomico che Salvador Dalì attraversa successivamente alla terribile esplosione nucleare che ha colpito il Giappone nel 1945. Ciò che interessa al pittore catalano è soprattutto la sospensione degli oggetti, il rapporto di attrazione e repulsione tra protoni e elettroni durante l’esplosione atomica. In questa fase Dalì coniuga gli interessi scientifici al classicismo e allo spiritualismo.

Grazie al suo rapporto con Halsman, l’interesse per la levitazione irrompe anche nella fotografia. Gatti che volano, secchiate d’acqua travolgono l’atelier di  Dalì e anche quest’ultimo, colto durante la lavorazione di una tela.

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Dalì e Halsman: Voluptas mors

Interessante e divertente indagare dietro le quinte del lavoro fotografico. Philippe Halsman ha utilizzato una reflex biottica con negativi su lastre 4×5. Per costruire questa fotografia sono state impiegate ben sei ore di lavoro e più di venti tentativi servendosi di una equipe addetta al lancio dell’acqua e dei felini. Il cavalletto del pittore e il quadro sono risultati sospesi grazie all’utilizzo di corde trasparenti. Per rappresentare la levitazione Salvador Dalì ha eseguito un salto, dopo il lancio di acqua e gatti,  rispondendo attento al segnale di Halsman.  L’unico effetto in post produzione è stata la modificazione del taglio fotografico.  Il fotografo ha infatti eliminato la mano di sua moglie, complice di sorreggere una delle gambe della sedia. Per tranquillizzare gli animalisti ha poi raccontato che l’esperienza è stata molto faticosa per l’equipe, che ha dovuto sopportare a lungo gli schizzi d’acqua e la fatica, mentre gli unici che sembravano incolumi all’esperienza sono stati propri i mici.

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I lavori fotografici di questi due artisti  hanno dimostrato  quanto la fotografia possa dialogare e trattare gli stessi temi della pittura. Salvador Dalì ha contribuito con il suo lavoro artistico a rendere più elastici i confini dell’universo delle arti visive,  applicando il suo metodo paranoico-critico a cinema, fotografia e pittura. Sembra quasi un destino  bizzarro che Voluptas mors del 1941, anch’essa nata dalla collaborazione tra Halsman e Dalì, abbia ispirato la locandina di Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme.

Francesca Lampredi

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