“Penelope arrivo! Butta la pasta…”. La gustosa e nobile pisanità al Teatro Verdi

«Il crocchista vagabondo è ormai noto in tutto in tutto il mondo prima d’incominciare si fa sentimentale trallera allà…»

Sono cresciuta con l’esplosione delle note di Bimbe di Pisa nelle orecchie sin dai tempi in cui il mio babbo, con noi piccole o appena ragazzine, la intonava battendo le mani a teatro come in qualsiasi altro luogo in cui, per occasione o per caso, la storica “gioventù” universitaria pisana doc si trovasse a radunarsi. E già so che per l’utilizzo di queste virgolette a cornice della parola gioventù dovrò fare ammenda al cospetto della meglio gioventù che nel weekend del 10-12 marzo ha riempito palco e poltrone del nostro Teatro Verdi con Penelope arrivo! Butta la pasta….
In mia difesa mi avvarrò, però, della facoltà di invocare l’appartenenza alla generazione dei figli di quella meglio gioventù, nonché di farmi scudo dietro l’affetto familiare e cittadino che ad essa mi lega.

La meglio pisana gioventù della compagnia teatrale nata dai lombi dell’associazione culturale Il Retone è andata in scena per tre giorni nell’arco di tutto il weekend del 10-12 marzo e per tre giorni ha registrato il tutto esaurito (o quasi), devolvendo, come da sempre fa, il ricavato netto dell’intera vendita ad una causa benefica, individuata quest’anno nei progetti di AGBALT e di Casa Ilaria. L’opera buffa in vernacolo pisano nata dalla penna sapiente e poliedrica di Michele Barbieri e dall’autentica vocazione alla comicità di Miriano Vannozzi (che ne ha anche curato i testi dei brani del coro) ha fatto provare alla nostra città vibrazioni come quelle tipiche del tutto esaurito degli Stones nelle date stagionali in Hyde Park a Londra. Oppure, per cercare di non perdere il contatto local, quell’affluenza tipica e schietta che il Gioco del Ponte richiamava ai tempi che furono: i tempi in cui, per intenderci, il mio nonno Elio, radicatissimo abitante del quartiere di Porta a Mare e fedelissimo tifoso del Sant’Antonio, mi telefonava dopo “la bella” per scommettere su quale delle due fazioni cittadine (Mezzogiorno e Tramontana) sarebbe rimasta al buio per penitenza dopo la dura sconfitta sul carro in Ponte di Mezzo. Ebbene, io stessa, che non vivo più stanziale a Pisa da qualche anno e mi barcameno in un non meglio organizzato nomadismo, ho assistito nell’arco di due settimane ad uno scambio convulso di biglietti, informazioni, contrattazioni tra chi aveva la poltrona per il venerdì e lottava per un palchetto al matinée della domenica, grandi organizzazioni di trasferte, cene, abiti a festa, coinvolgimento di colleghi, famiglie, amici, professionisti del mestiere. Insomma, la riscrittura dell’Odissea di un Ulisse schiavo del volere di una cricca di divinità niente male, sostenuto dai suoi tre immancabili (immancabili per Ulisse e insostituibili per l’opera!) marinai, partito alla volta della ricerca del frutto proibito pisano per eccezione (le cee!) ha coinvolto la città (o gran parte di essa) in una festa del teatro e della pisanità che mi ha fatto ricordare perché il pisano emigrante/to se tenuto lontano da Borgo Stretto e Corso Italia possa via via sentir persa la propria identità. E a dirlo, si badi bene, è si una pisana doc, ma di quelle tremende: fortemente critica,  potentemente ironica nei confronti di questo senso di appartenenza che, nel bel mezzo del terzo millennio, del mondo globale e delle città cosmopolite, può sempre facilmente suscitare una risata. Lasciatemi però dire che la partenza di Ulisse alla volta delle cee mi ha completamente restituito alla magia identitaria pisana che puntualmente torna a farmi sentire a casa.

Teatro Verdi di Pisa

 

L’attività della compagnia Il Retone prosegue da circa due anni nel solco tracciato storicamente dall’esperienza dell’Accademia degli Stravaganti, ricostituita agli inizi degli anni 2000 da Paolo Bellatalla, autore, figura di spicco e di riferimento per il culto del teatro in vernacolo nel nostro territorio: l’Accademia ha presentato nel corso del primo decennio degli anni duemila un buon numero di squisite opere/operette chiave per la scena teatrale pisana, alla quale la figura di Paolo Bellatalla, pisano doc, cultore autorevole e appassionato del nostro territorio e delle sue radici storiche, resta indelebilmente agganciata. La compagnia de Il Retone che, sebbene con aggiustamenti e fisiologici ricambi nella composizione del cast, come dei musicisti e degli operatori di quinta, da circa un paio d’anni veleggia sulla cresta dell’onda del teatro in vernacolo pisano, vanta all’attivo due opere scritte, sceneggiate e realizzate da maestri del mestiere che, si badi bene, di mestiere fanno (anche) tutt’altro. Medici, avvocati, professionisti, dipendenti statali, professori universitari, funzionari, commercianti, genitori e nonni in carriera, musicisti, insegnanti e chi più ne ha più ne metta si dedicano da tempo con cadenza biennale alla regia, alla scrittura, allo studio, all’arrangiamento in musica e alla mise en scène di spettacoli spumeggianti e autentici che celebrano,  grazie alle formidabili armi della caricatura in vernacolo, le grandi storie ed opere del passato senza per questo mancare di sottigliezza e accuratezza nella riproposizione di dettagli e profili tutt’altro che approssimativi.

Come tutt’altro che approssimativi sono apparsi trucco e  parrucco, costumi, allestimento scenico, direzione di palcoscenico, gestione dei cambi scena e tutto l’insieme di quegli aspetti apparentemente impercettibili ma che trasformano una messa in scena in uno spettacolo vero e proprio: la cura di tutto ciò è stata affidata alla scelta vincente di professionisti del settore, giovani e meno giovani, che ha contribuito a riempire gli occhi degli spettatori per tre giorni di repliche.

La cornice musicale, affidata alla professionalità esplosiva e colorata della maestra Cecilia Zaccagnini, che ha curato la direzione e gli arrangiamenti corali, nonché al ruolo centrale e irrinunciabile dell’Orchestra Sinfonica Città di Grosseto diretta dal maestro Riccardo Cavalieri, ha arricchito ulteriormente l’anima dello show, rendendolo un’opera completa e unica sulla scena teatrale pisana.

I profili caratteristici dei numerosissimi personaggi, resi autentici dall’incredibile lavoro degli interpreti, hanno dato impareggiabili ritmo e sfumature all’opera. Senza correre il rischio di essere ingenerosi nei confronti dell’intero cast, pensiamo, per esempio, a Giove (Michele Barbieri), padre pisanissimo della cricca degli dei e “regista” della vita degli uomini, il quale porta sulla scena l’autorevolezza  del boss e  la simpatia schietta ed includente del capo famiglia; a Mercurio (Paolo Oliva), spumeggiante messaggero degli dei, collante di Cielo e Terra, che fa da insostituibile cerniera tra i protagonisti dei due mondi ed i loro capricci; ad Ulisse (Antonio Boldrini), protagonista assoluto dell’Odissea delle cee, che interagisce alla perfezione con i suoi compagni/compagne di viaggio e si muove sulla scena da eroe cantato consapevole e sicuro di sé; a Penelope (Cecilia Zaccagnini), la sposa che attende impaziente, ci regala un’icona femminile completa e bella potente, resa ancora più “rock” dall’esibizione duettata con Ulisse (e perfettamente incorniciata dall’esibizione del coro), in musica e in danza sirtaki (geniale!), della canzone E vai; ai tre mitici marinai di Ulisse, Cirillo (Miriano Vannozzi), Atticos (Savino Sardella) ed Eleuterio (Michele Serraglini), che ben lungi dall’essere personaggi di mero contorno, riempiono la scena al punto da far percepire la loro mancanza ogni qual volta non compaiano al fianco di Ulisse; a Polifemo (Massimo Buzzo), presenza imponente, caratterizzato alla perfezione ed interpretato alla grande, tanto da suscitare nello spettatore la sensazione di essere al cospetto di un Polifemo pisanissimo ma autentico. Strabilianti anche le aperture e gli intermezzi di Teodoro (Leonardo Ferri), Ippolito (Giovanni Menconi) e Procopio (Stefano Massetani), il trittico degli indovini, la mirabolante cricca degli dei, le elegantissime e mirabolanti esibizioni delle sovrane e delle signore conquistate da Ulisse durante il viaggio (tra queste, un eccezionale presidente del Teatro Verdi, Giuseppe Toscano, nei panni di un’eccentrica Maga Circe), la rappresentazione non convenzionale e geniale del giovane Telemaco, la simpatia verace dei pescatori di cee, il ritmo e la presenza convincente, necessaria e brillante dei personaggi minori, nonché le esibizioni magistrali, come già detto, dell’orchestra, del coro e del corpo di ballo, tutti per motivi diversi ed ognuno in ossequio al suo ruolo, cornici fondamentali e straordinarie.

Il tutto orchestrato e diretto dall’attenta, abile e consolidata regia di Giorgio Di Presa, che ha conferito un volto ancor più professionale alla realizzazione di questa grandiosa “operettona”.

Il canto finale Di canti di gioia, ovvero l’Inno degli studenti pisani per la battaglia di Curtatone e Montanara contro gli Austriaci del 29 Maggio 1848, ha fatto scattare in piedi tre quarti degli spettatori (compreso il babbo di cui in apertura), concludendo così al massimo della ritualità pisanissima e schietta una serata di festa e di gioia.

Elena Borsacchi

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2 comments to ““Penelope arrivo! Butta la pasta…”. La gustosa e nobile pisanità al Teatro Verdi”
  1. Non me ne voglia Elena Borsacchi ma desidero fare una rettifica alla sua recensione sulla commedia “Penelope arrivo!….butta la pastapasta….”, recentemente rappresentata con successo al Teatro Verdi di Pisa, articolo peraltro caratterizzato da ” pisanita’ autentica” e redatto con estrema professionalità. Soltanto le due ultime commedie in vernacolo sono state presentate dall’ Associazione ” Il Retone ” costituitasi nel 2015. Le precedenti del 2003 ( Robin Hood e la maglia di lana), del 2008 ( Alla corte di Luigi XIII) e del 2011 ( Vesto matrimonio ‘un da da fa’) scritte da mio marito Paolo Bellatalla, sia pure con parte dello stesso eccezionale cast, sono state presentate dall’Accademia degli stravaganti da lui ricostituita agli inizi degli anni duemila. Cordiali saluti e complimenti! M.Patrizia Lorenzoni Bellatalla

    • Grazie sia per il commento che per aver letto e apprezzato l’articolo. Correggeremo senz’altro. A presto!

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