“Una somma di piccole cose”: live report di Niccolò Fabi a La Spezia

LA SPEZIA – Un sabato sera decisamente speciale quello che Niccolò Fabi ha regalato al pubblico del Teatro Civico di La Spezia. La data del 4 febbraio si inserisce tra le tappe del tour che il cantante romano ha scelto di sviluppare in palchi diversi da quelli delle grandi città considerate un must per ogni artista e che già più volte lo hanno visto esibirsi con album, scalette, arrangiamenti e atmosfere sempre diverse ma sempre ugualmente coinvolgenti ed emozionanti. L’album da cui nasce il tour 2016/2017 è Una somma di piccole cose, nove poesie musicate con lo stile inconfondibile e raffinato di un artista che ama cercare melodie e sound adatti ad amplificare la carica emotiva dei testi già profondamente forti e riempiti di energia dalla sua voce pungente e dall’interpretazione emozionata ed emozionante.

Il concerto si apre con le prime tre canzoni del nuovo album (Una somma di piccole cose, Ha perso la città, Facciamo finta) accompagnate da studiati e specifici giochi di luci e colori che permettono al pubblico di lasciare andare via lentamente i pensieri, le sensazioni e le ansie precedenti per calarsi nella nuova e dirompente dimensione voluta dall’artista. È infatti questo il desiderio che Fabi esprime quando al termine della prima carrellata di canzoni si rivolge a noi spettatori chiedendoci come stiamo e di mettere da parte i nostri diversi vissuti e stati d’animo per sentirci tutti insieme e godere dell’esperienza comune che stiamo vivendo. Subito smorza la tensione del pubblico fingendo di fare un’eccezione nel continuare a suonare per noi; di solito dopo il discorso agli spettatori il concerto finisce! E parte il bis: Evaporare.

Da questo momento ogni canzone è seguita da applausi e da un entusiasmo generale che l’artista accoglie con felicità. Instaura un dialogo simpatico e denso con i suoi fan, li rende parte attiva del concerto con degli spazi lasciati alla ripetizione dei suoi motivetti e al completamento dei versi da lui cominciati. Emblematico il caso di Vento d’estate in perfetto medley con Io, che il cantante ci propone in versione reggae. Il ritornello del pezzo alterna un «forse mi perdo» con un «mi sono perso». È confusione tra il pubblico quando il cantautore gli lascia la parola: si crea un mix più o meno equilibrato delle due versioni al quale lui risponde sottolineando la psicologia intrinseca alla scelta di ognuno di noi. Del resto è proprio vero quanto dice nella sua Solo un uomo, manifesto della sua arte. È solo un uomo quello di cui parla, è facile quindi ritrovarsi nelle sue parole e percepire che quell’universo a forma di persona è lo stesso di cui siamo fatti noi. Scatta qui un po’ lo stesso meccanismo di cui parlava Orwell riferendosi alla letteratura: «I libri migliori sono proprio quelli che dicono quello che già sappiamo».

E questa magia avviene grazie all’abilità e alla sensibilità dell’autore, che ingloba nei suoi pezzi temi di rilevanza sociale e sentimenti inerenti alla sfera dell’amore; è il caso di Non vale più o ancora di È non è, espressione della profonda complessità e ambivalenza della nostra intimità e di ciò che ci circonda. Non dobbiamo però commettere l’errore di cadere nella frustrazione o rinchiuderci in noi stessi, ma ricordarci che «costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione» e continuare a cantare dentro di noi «mi basterebbe essere padre di una buona idea». Sono davvero tanti gli spunti presenti nei suoi testi, come è tanta la forza che investe chi assiste dal vivo alla loro esecuzione. 

In conclusione Niccolò, come usa fare in quasi tutti i suoi concerti, ci spinge ad alzarci e a cantare tutti sulle note di Oriente e di Lasciarsi un giorno a Roma. Entrambi i brani si addicono perfettamente a un pubblico caldo e ormai totalmente immerso nella musica e, pur rappresentando due emozioni diametralmente opposte, creano una sensazione di pacificazione.

 

È sul finale strumentale dell’ultimo pezzo che presenta e ringrazia nuovamente i suoi compagni d’avventura: musicisti, tecnici e personale di supporto. Ma a questo finale devono seguire degli encore, tra i quali si riserva sempre Vince chi molla, pezzo tanto breve ed essenziale quanto intenso e forte. Proprio per questo il nostro cantautore non vuole che sia l’ultimo perché «non è così che vi vorrei far andare via, con questo stato d’animo riflessivo e un po’ triste». Segue allora «Filo d’erba», scritta ed eseguita da Bianco, cantautore che dall’inizio del tour accompagna, e a volte apre, i concerti di Fabi.

Per concludere, ecco Lontano da me, pezzo al quale l’autore è molto affezionato e che suona per il suo pubblico felice di cantare che «alla giusta distanza la vista migliora, allontanarsi è conoscersi». Dulcis in fundo: quando sembra che il brano sia alle sue note finali, parte in medley Take me home country roads di John Denver e con il suo ritmo a metà tra il nostalgico e lo spensierato finisce questa bellissima altalena di emozioni.

Qui, infine, la scaletta completa del concerto.

Laura Messina
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